Sono le 6 del mattino e cammino con Alexander appollaiato sul mio braccio destro. Faccio avanti e indietro tra la porta dell’ingresso e quella del giardino. Durante il tragitto passiamo dalla luce calda delle lampade sul tavolo a quella fredda del sole del mattino.
Assaporo ogni singolo passo con lentezza. Niente di questo semplice momento andrà perduto.
Camminando mi accorgo che devo cambiare più spesso posizione con il braccio. Alexander diventa più pesante. A pensarci bene, ho questa sensazione già da due giorni.
Sta crescendo.
Certo, ho dimenticato cosa voglia dire riposare la notte. Accumulo stanchezza e sopporto i pianti apparentemente senza speranza quando il biberon è in ritardo di 3 minuti. O perché non avevo previsto che questa volta la fame sarebbe arrivata 27 minuti prima delle 3 ore previste.
Poi penso che tra 10 anni la nostalgia richiamerà proprio questi momenti. Alexander non sarà mai più così piccolo.
Assaporo ogni singolo passo con lentezza.
Cambio la presa, lo sposto con la schiena sul mio braccio sinistro e ci guardiamo. Un bellissimo sorriso sdentato esplode senza preavviso. Io mi sento insieme piccolissimo e fortissimo.
E penso a mia madre.
La forza con cui mi torna in mente mi serra lo stomaco. Gli occhi si riempiono di un misto di tristezza e gratitudine. Rivedo il suo sorriso giovane e inesperto, mentre mi tiene in braccio da neonato.
La vedo guardarmi ora, mentre tengo in braccio mio figlio. La sento con tutto me stesso.
Senza preavviso vengo investito da una pioggia di ricordi in ordine sparso. Una sorta di flusso di coscienza, in cui rivedo diversi momenti della mia vita vissuti con mia madre.
Negli ultimi giorni sento la sua mancanza sempre di più. Proprio in virtù di questa mancanza devo onorare il tempo che posso passare con mio figlio. Niente deve essere sprecato.
Questi pensieri mi riportano al 5 maggio. Cammino con mio zio nel cortile dell’ospedale San Camillo di Roma.
“Quando sei nato tu, tua madre mi ha detto ‹‹Mamma mi manca ancora di più ora››”
Io non ho mai conosciuto mia nonna.
Ora, passando dalla luce calda delle lampade a quella fredda del sole del mattino, comprendo profondamente il significato di quella frase.
Ed è proprio per questo che assaporo ogni singolo passo con lentezza.
Perché so che è unico.