Quando vidi le foto che mi mandò mio fratello, provai ad immaginare il momento della distruzione. Ho pensato agli autori dei libri nella mia biblioteca. Si sono accorti del pericolo? Hanno avuto paura? Hanno provato a scappare?
Ho provato a immaginare i personaggi che provano a mettersi in salvo mentre la biblioteca crolla.
Sono morti ora. E io siedo qui e soffro per la loro perdita.
La biblioteca si trovava in un appartamento in un palazzo che non era stato ancora bombardato. I soldati israeliani lo utilizzavano come avamposto, vista la sua posizione strategica. Quando l’hanno abbandonato, lo hanno anche bombardato.
Atef Abu Saif – scrittore, politologo ed ex ministro della Cultura dell’ANP – aveva messo su una biblioteca di circa 1000 volumi. Aveva iniziato intorno ai 15 anni. Racconta di come avesse sempre avuto questo amore profondo per i libri. Il momento più bello era per lui quando aveva messo abbastanza da parte dalla paghetta, per andare in libreria e comprare un pila di libri. Poi tornava a casa, si sedeva al centro della sua cameretta, prendeva i libri uno ad uno e iniziava a toccarli, ad annusarli. “Ricordo l’odore di ogni libro”, dice. “Questo rituale era parte integrante del mio rapporto con i libri e le storie in essi contenute”.
Ha visto bombardare e distruggere la casa dove è nato e cresciuto. Eppure non gli ha fatto così male come quando suo fratello gli ha mandato le foto su whatsapp delle macerie del palazzo dove c’era la biblioteca. L’avamposto non era più necessario. Il palazzo è stato bombardato. “Questi erano gli appartamenti dove speravo di poter riprendere la mia vita dopo la fine della guerra.” Sorrido amaramente e allo stesso tempo ammirato nel vedere la forza della Speranza.
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“Certo, potrei ricomprare i libri,” spiega Saif “ma ci sono 3 tesori che ho perduto per sempre.”
I libri ereditati dal padre. Quando era piccolo e ha capito che la lettura e la scrittura erano la sua passione, ha letto e riletto i pochi libri nell’unico scaffale della libreria di suo padre. Erano classici della cultura araba. Libri che ha divorato da ogni possibile angolazione. Lo hanno aiutato a imparare a leggere, ad esprimersi, a scrivere (anche tecnicamente). Ricorda ancora il giorno in cui ha chiesto al padre se poteva portare quei libri a casa sua, quando andò a vivere da solo.
Poi ci sono 4 volumi del dizionario Al-Qãmus al-Muhīt, un classico della cultura araba del XIV secolo. Racconta quando sua madre scese dal taxi proveniente dai confini con la Giordania, lo guardò e gli disse: “Vieni a prenderti il tuo regalo” indicando il bagagliaio della macchina. Non riusciva a credere ai suoi occhi. Quegli scatoloni pesanti erano leggerissimi per lui. Ogni giorno ne apriva una pagina a caso leggeva. Oltre alle definizioni delle parole, c’erano le regole grammaticali relative e i riferimenti ai classici della letteratura araba. Una miniera d’oro.
Poi ci sono i manoscritti dei suoi primi 4 romanzi. “Inizio sempre la prima bozza a mano. Solo dopo averla finita passo al computer.”
“I miei personaggi sono fortunati.” dice. “Mentre scrivo i miei romanzi li vedo vivere e passeggiare intorno a me. Ma quando li termino metto il manoscritto su una mensola della biblioteca e loro continuano a vivere lì. È il loro posto sicuro. Non sono costretti a vedere la distruzione. A camminare per strade della loro gioventù e faticare a riconoscerle.”
C’erano anche 7 storie brevi che aveva scritto durante la prigionia nel 1992, quando venne arrestato e detenuto in Israele per aver preso parte alla prima Intifada. “Le ho ‘pubblicate’ appendendole al muro della cella. I primi e unici lettori erano i miei compagni di cella. Quando sono stato rilasciato le ho portate con me. Non le ho mai pubblicate e proprio ultimamente ne parlavo al mio editore arabo.”
Quando sono in visita sbircio sempre nelle librerie delle persone. È un modo infallibile per completarne il ritratto. Cosa leggono spiega cosa sentono, quali bisogni provano a soddisfare. E non devono essere per forza libri non fiction. Anche la scelta di generi e romanzi può dire molto. È sia una ricerca interiore – se guardo alla mia pratica – sia un racconto “fisico” del viaggio di una persona. Interessi che cambiano, sogni, delusioni.
Non si tratta della perdita di qualcosa che, per quanto difficilmente, possa essere ricostruito. Si tratta di qualcosa che racchiude la storia di una persona.
È come derubarlo del suo passato e ancora peggio, del suo futuro.
Questo articolo è stato ispirato da un articolo scritto da Saif per De Groene Amsterdammer (149/24).

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