Maggio 12, 2022 morenomaugliani

Mesotelioma pleurico – Primo contatto

La nostra storia

Il 5 maggio del 2022 nostra madre Giovanna di Giuseppe si è arresa al Mesotelioma pleurico. In questo articolo racconterò l’inizio delle cure. Abbiamo deciso di condividere tutto ciò che ci è successo. Le emozioni, paure, illusioni, ansie, speranze.  La speranza è di aiutare chi come noi si trova o purtroppo si troverà a convivere con una realta dura come il tumore. Se non trasformassimo il nostro Dolore in Amore, avremmo sofferto per niente. Questa è la nostra Storia. Aiutaci a condividerla.

Ci sono notizie che ribaltano la vita. Non chiedono permesso. Una promozione, un nuovo lavoro, una gravidanza desiderata. La felicità ci inonda, il petto si gonfia di orgoglio, un sorriso si stampa nel cuore e di riflesso sulla faccia. Il mondo è bello, la vita è meravigliosa e nessuno può essere più felice.

Primo contatto

Poi ci sono le altre notizie. Quelle che non combaciano con una giornata serena di sole, perché di solare non hanno assolutamente nulla. La prima volta che ho saputo cosa stava succedendo con mia madre, mi trovavo sull’auto in direzione Arnhem per lavoro. Di li a 40 minuti avrei dovuto fare lezione ad una scuola elementare. Il tempo era uggioso, come spesso succede nei Paesi Bassi. Il sole si nascondeva dietro la foschia della mattina. Mamma lamentava da qualche settimana dolori al petto e soprattutto affanno. Non riusciva a prendere abbastanza fiato e soprattutto non poteva assolutamente dormire sdraiata. Dopo tante insistenze, si è finalmente decisa ad andare al Pronto Soccorso. “Ha una bella polmonite signora. Perché ha preso questi medicinali?” – “Me li ha prescritti il medico di famiglia” – risponde mamma. “Eh ecco come nascono le polmoniti nascoste. Va beh, non si preoccupi, facciamo degli accertamenti giusto per essere sicuri e in un paio di giorni la mandiamo a casa”. ‘Perfetto’ pensa mamma e pensiamo tutti. I dottori ritornano.
“Abbiamo i risultati della lastra signora. La causa del suo affanno e del non riuscire a sdraiarsi è un versamento. Dobbiamo aspirarlo. Dalla lastra si vedono delle cicatrici, probabilmente sono una conseguenza della tosse che ha e ha avuto. Per prassi procediamo con una TAC e biopsia. Alla sua età – (mamma ha 60 anni) – non succede molto spesso. Vogliamo vederci chiaro.”

Questo era l’ultimo aggiornamento che avevo ricevuto da mia madre, mentre guidavo nei pressi di Apeldoorn. L’inverno olandese è molto rigido e io volevo comprare dei guanti adatti per andare in bici. Mi sentivo preoccupato, ma fiducioso. Nel ventaglio delle possibilità che vedevo, mentre vivevo felicemente la regolarità della mia vita, questa era una sfortunata combinazione di eventi, che comunque si sarebbero risolti nel futuro prossimo. Era novembre, mi ero appena candidato per un nuovo lavoro e la mia scuola di batteria stava iniziando a prendere quota. Ero felice, fiducioso. I pensieri negativi – né tantomeno scenari negativi – semplicemente, non esistevano.
Torniamo a quel venerdì, in macchina verso Arnhem. Telefono a mamma per chiederle come sta. Vivo da 4 anni nei Paesi Bassi e il telefono è indispensabile per mantenere i contatti con i miei. Ci sentiamo spesso, almeno una o due volte al giorno. In quel periodo un po’ di più, visto che non si sentiva bene.

Qualcosa non mi torna, inizio a fare domande più mirate. Mamma prova a rispondere a tutte le mie domande, ma certi elementi si contraddicono e iniziano a dipingere uno scenario più preoccupante. Di indole tendo a preoccuparmi molto. È una caratteristica che ho sempre avuto. Inizio a torturarmi dipingendo scenari molto spaventevoli, creando ed interpretando collegamenti tra le informazioni ricevute dai miei.
Quel venerdì mattina scelgo di fare il salto e cercare di esorcizzare quegli scenari immaginati una volta per tutte. Dico a mamma: “Ma, io capisco che tu vuoi proteggerci, ma io ho 36 anni. Sono sposato. Sto iniziando una famiglia. Tendo a preoccuparmi molto e se non so la verità, tendo ad interpretare i fatti e questo finisce spesso per torturarmi senza motivo. Per favore, dimmi la verità.” – “Questo è ciò che so anche io Moré. Mi hanno chiesto se fumavo e se sono mai stata a contatto con l’amianto.”
Questa è stata la prima volta che ho sentito questa parola associata alla salute di mia madre. Ho sentito uno strano senso di calma, dovuto al fatto che almeno ora sapevo quale fosse il problema. Ricordo di essermi meravigliato di quella sensazione, perché mi sembrava fuori luogo e inappropriata. Come potevo essere calmo valutando l’ipotesi di una malattia legata all’amianto? Eppure ricordo chiaramente la calma che avevo. Come se finalmente sapessi chi fosse il nostro nemico e potessi lasciare cadere tutti gli scenari che mi infestavano il cervello.

 

Come mi sono sentito

Qui ha avuto principio una sorta di sdoppiamento nella mia vita. Da una parte – quella luminosa – c’erano tutti gli avvenimenti accaduti fino a quel momento: il recente matrimonio (1 luglio 2022), la mia scuola di batteria recentemente aperta, la carriera lavorativa che prendeva il volo. Tutte cose che rendevano onore agli innumerevoli sacrifici fatti fino a quel momento. Dall’altra quella ‘parallela’, come ho iniziato a descriverla. Nei momenti più disparati, avevo l’impressione di essere colpito così forte da qualcosa, tanto da venire spostato in una realtà parallela, dove la mia vita fluisce secondo il ritmo di sempre. Io però la guardo senza essere visto. In questa realtà parallela percepisco una sorta di urlo di sottofondo. Un suono a volte gutturale, a volte alto in frequenza che circonda come ovatta tutti gli avvenimenti in tempo reale.
Qualche giorno dopo quel venerdì, passeggiavo con il mio cagnolino. Era un pomeriggio. Chiedo a mamma se avesse novità riguardo la situazione. Al momento era ricoverata presso l’ospedale di Tor Vergata. Dopo un po’ di insistenza, mi viene detto che la malattia che ha è effettivamente legata all’amianto. “Sono andata da un altro medico. Inizierò un trattamento per l’esposizione all’amianto.”
Di nuovo quella sensazione di calma. ‘Bene, ora so di preciso di cosa si tratta’, penso.

Diagnosi e scelte

All’ospedale di Tor Vergata viene proposto un approccio invasivo. Il primario dice a mamma che in questi casi si procede alla rimozione della pleura e del polmone. Nell’ascoltare queste parole, mamma fatica a realizzare. Dice al dottore “Deve avere pazienza, sono entrata qui per una polmonite ed ora mi trovo ad ascoltare queste parole”. Il primario le chiede di rifletterci e prendere una decisione. Difficile stabilire un grado di empatia, anche irrilevante. Forse.

Mio padre e mio zio decidono in accordo con mamma di affidarsi ad un altro professore, specializzato in questa malattia. Ci spostiamo all’ospedale San Camillo Forlanini di Roma, presso il dottor Giuseppe Cardillo. L’approccio che loro propongono è più aggiornato: il paziente viene aiutato da una sinergia di esperti in diversi campi. Nello specifico, verrà seguita da un’oncologa (dottoressa Lombardi) e da un medico chirurgo (dottor Cardillo). Lo scopo di questo approccio è quello di ridurre la massa tumorale il più possibile, per poi rimuoverla insieme alla pleura. Seppur comunque duro, lo scenario appare più “umano” e sostenibile.

 

 

Cos’è il Mesotelioma Pleurico

Tutti, me compreso, sconsigliano di rivolgersi a dottor Google per cercare informazioni su malattie. È facile dirlo quando riguarda gli altri. Quando in gioco ci sono i tuoi affetti più cari, ti senti perfettamente in grado di discernere le notizie attendibili da quelle fake. Di riuscire a filtrare le informazioni sulla base di competenze che credi di avere.

Digito ‘Tumore dell’amianto’. Sul SERP di google escono link che parlano di Mesotelioma Pleurico. Faccio una veloce selezione delle pagine più affidabili e leggo.
Il Mesotelioma pleurico è un tumore raro che colpisce circa 1800 persone l’anno in Italia. La maggior parte di queste sono uomini, che tendenzialmente svolgono lavori che li mettono a contatto prolungato con l’amianto. Tramite gli abiti da lavoro, tracce di questo minerale vengono portate a casa. Così gli altri membri della famiglia ci entrano in contatto.

Questa malattia nasce esclusivamente come conseguenza dell’esposizione a fibre di asbesto. Queste vengono inalate e assorbite da bronchi e polmoni, per fermarsi tra questi e la pleura. Questo articolo spiega bene come funziona questa malattia.

 

Convivere con la diagnosi

Ciò che spesso viene sottovalutato o non preso in considerazione, è che un tumore non cambia soltanto la vita del paziente, ma di tutte le persone che gli sono intorno. Mia sorella Giada ha descritto questa dinamica molto bene in una sua riflessione:

«Il viaggio col tumore inizia quando scopri il suo nome, che di solito ti sembra impronunciabile e difficilissimo, ma poi diventa un nome comune come un altro. I primi giorni sono durissimi, lo shock emotivo, la negazione, la disperazione ti assalgono e ti travolgono in una centrifuga emotiva molto potente. L’istinto ti spinge a fare ricerche, a voler sapere dati, statistiche, tipologie della cura.
Ti crolla il mondo addosso.
Ti senti in una battaglia imparai perché senza armi. Inizi a pensare che non è giusto, che la vita non dovrebbe contemplare esperienze simili. Soprattutto se riguardano la persona che la vita te l’ha data.»

In quei momenti non avevo tempo per pensieri tipo ‘Ma perché di tante persone proprio lei? Se è così raro nelle donne, perché proprio a lei?’. Ero in una sorta di modalità sopravvivenza, dove dovevo selezionare le informazioni sulle quali investire energia. Quelle domande, figlie della paura, in quel momento non avrebbero portato nessun valore aggiunto. In quel momento, non volevo neanche sapere come e quando mamma fosse stata in contatto con l’asbesto. Che importanza aveva? Lo scopo era quello di inquadrare il problema il meglio possibile e stabilire la strategia necessaria.
Quelle domande troveranno una risposta.
Quello che in quel momento interessava, era che mia madre avrebbe dovuto iniziare un percorso molto duro.

 

Clicca qui per leggere com’è stato l’inizio delle cure.

 

 


 

Aiutaci ad aiutare

Nel corso della malattia di nostra madre, abbiamo realizzato quanto sia importante aiutare. Il dolore e la sofferenza che proviamo sarebbero inutili se non facessimo qualcosa per trasformarli.

Abbiamo preso contatti con il professor Filippo Lococo, dell’ospedale gemelli di Roma, per avviare una raccolta fondi. Il suo team svolge ricerca attiva con risultati molto promettenti (leggi questo articolo per saperne di più).

Qui sotto trovi il link per aiutarci ad aiutare. Con pochi semplici click puoi fare una donazione (non c’è un minimo e può essere anonima!).

 

 

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