Il journaling è parte della mia routine mattutina da anni. Ho iniziato nel 2018, semplicemente sedendomi a scrivere ciò che avevo vissuto quel giorno. Tutto qui: scrivere.
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Scrivere è pensare su carta. Farlo a mano ci obbliga a scegliere. In un mondo che ci sommerge di stimoli, il journaling diventa un esercizio di sottrazione: distinguere il suono dal rumore (Ciò che Sai È il Risultato di Ciò che Hai Scelto di Ignorare).
Quando riapro quei diari ritrovo dettagli che altrimenti sarebbero svaniti. Ed è proprio in quei dettagli che riconosco la forma di me stesso.
Insieme a Raymond Carver, Ernest Hemingway è uno dei miei scrittori moderni preferiti. Sono dipendente dal loro minimalismo quasi brutale. Le parole sono scelte con cura e parsimonia. Non spiegano: evocano. Come un odore, un suono, un’immagine improvvisa.
Quel modo di setacciare l’animo umano mi ha insegnato a dare un nome a tutto ciò che sento.
Da qui nascono i cinque consigli che ho tratto dalla routine di Hemingway, per chi vuole usare il journaling come pratica di consapevolezza.
1. Crea una routine definita
“When I am working on a book or a story, I write every morning as soon after first light as possible. There is no one to disturb you, and it is cool or cold, and you come to your work and you warm as you write.”
Ernest Hemingway
Hemingway mantenne questa routine per tutta la vita. Il journaling funziona davvero solo se diventa un’abitudine. Scrivere ogni giorno alla stessa ora lo trasforma da “una cosa da fare se riesco” a parte integrante della giornata. Come diceva William Faulkner:
“Io scrivo solo quando sono ispirato. Per fortuna, l’ispirazione mi colpisce ogni mattina alle nove.”
2. Inizia con una frase vera
A volte, all’inizio, trovare il flusso è difficile. Anch’io mi sentivo frustrato dopo alcune sessioni: avevo la sensazione di non aver scritto nulla di autentico.
Col tempo ho capito che era perché avevo mentito a me stesso. Scrivevo ciò che pensavo di dover scrivere, non ciò che avevo davvero dentro.
Hemingway consigliava di iniziare con una frase vera. Chiediti: “Cosa sto davvero pensando? Cosa mi preoccupa? Cosa desidero? Come mi sento, davvero?” Poi lascia che il cuore guidi la mano. All’inizio può essere scomodo, ma con la pratica la verità diventa naturale.
3. Scrivi senza giudicare
Trovata la frase vera, bisogna scrivere senza giudicare. Un grande scrittore — diceva Hemingway — sa osservare senza condannare. Solo così può entrare in un’altra realtà.
Quando giudichiamo ciò che scriviamo, lo forziamo nei limiti della nostra sensibilità. Il journaling serve a osservare, non a correggere.
Cercare dentro di noi significa incontrare pensieri che spaventano o feriscono.
Di solito li ignoriamo. Scriverli, invece, li rende visibili. E ciò che prende forma smette di infestare.
4. Descrivi i tuoi demoni
Scrivere senza giudizio porta in superficie ciò che nascondiamo, anche a noi stessi: dinamiche, ferite, paure che ci tengono in ostaggio.
A volte ci fanno credere di essere sbagliati.
Seneca scrive a Lucilio:
“Le cose che ci atterriscono sono più di quelle che in realtà ci affliggono.”
Dietro ogni malessere c’è un demone. Dargli un nome significa disarmarlo. Solo allora capiamo di essere noi al comando.
5. Fermati quando sai cosa scrivere
Hemingway si fermava quando sapeva già cosa avrebbe scritto il giorno dopo. Questo crea un ponte invisibile verso la sessione successiva.
Quando ti fermi, la mente continua. L’inconscio lavora sull’idea rimasta sospesa, la riempie di dettagli che la concentrazione non avrebbe mai visto. Non è romanticismo, si chiama Default Mode Network.
Conclusione
Il journaling non è un rituale di autoanalisi. È un esercizio di verità, di attenzione, di libertà. Scrivere ogni giorno significa imparare a vedersi con chiarezza — e a vivere con un po’ più di onestà verso se stessi.
“Se cerchi la verità, alla fine potrai trovare conforto; se cerchi conforto, non avrai né conforto né verità, bensì soltanto illusioni lusinghiere e fantasie consolatrici all’inizio, e disperazione alla fine.”
C.S. LewisLeggi anche: Dal Journaling Guidato al Secondo Cervello: Scrivere per Pensare Meglio
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