La notte in cui sei nata
C’era una luna bellissima quando sei nata, amore mio. Come se fosse un messaggio, un memento, l’abbiamo ammirata al ritorno a casa. Era così grande, così maestosa che mi sono sentito piccolo, ma grande d’amore e gratitudine. Non potevo toglierle gli occhi di dosso.
Sei arrivata il 25 ottobre alle 22:03 nella stanza 8 dell’ospedale di Deventer. Una notte serena, rigida ma non ancora fredda come ci aspettavamo.
I primi segnali
Tutto è iniziato nel pomeriggio, intorno alle 18. Mamma ha cominciato a dire che sentiva dei movimenti diversi. Sensazioni che non riconosceva rispetto alle ultime settimane. Io mi sono messo subito sull’attenti, visto come è andata con tuo fratello Alexander.
Stavamo cenando e abbiamo subito iniziato a pensare cosa sarebbe stato meglio fare con tuo fratello. Abbiamo chiamato Marlijn per discuterne. Lei si era offerta di aiutarci tenendo Alexander quando saresti arrivata. Visto l’approcciare della sera, volevamo capire cosa fosse meglio fare, visto che i dolori di mamma non davano cenno di fermarsi.
Abbiamo chiamato anche l’ostetrica per chiedere consiglio. Ci ha detto di provare a cronometrare quelle che a tutti gli effetti stavano diventando contrazioni. Avremmo dovuto ricontattarla quando sarebbero arrivate ogni 5 minuti. Non ci è voluto molto prima che succedesse.
Per evitare levatacce per Marlijn, Lucas e Alexander, abbiamo deciso di portare tuo fratello direttamente a casa loro per la notte. Alle 19:30 l’ho preparato per la notte e invece di salire le scale sono uscito fuori con lui in braccio. Avresti dovuto vedere la sua espressione di stupore nel non capire, cosa stesse succedendo. Lucas ci ha ricevuti e siamo andati direttamente nella camera da letto che avevano preparato per lui.
Dopo un po’ di coccole l’ho messo giù e sono andato via. Non volevo rimanere troppo lontano da tua madre. Sono andato via che piangeva un po’, ma avevo piena fiducia in Lucas, sapevo che l’avrebbe gestita al meglio e così è stato. Dopo essere rientrato ho ricevuto un suo messaggio, Alex si era addormentato.
Nel frattempo mamma aveva sentito l’ostetrica che era in arrivo. Le contrazioni erano aumentate molto velocemente di intensità e volume. Quando è arrivata è andata a visitare mamma. Io ho preso le nostre valigie e le ho caricate in macchina. Poi sono rientrato per portare fuori Truus. Non sapevo quanto saremmo stati via. Ho chiesto permesso all’ostetrica e sono andato. Si stava facendo sera, io camminavo con la nostra bassottina perso nella confusione di quei momenti.
Da lì a poco ti avremmo conosciuto. Saresti arrivata, dopo 9 mesi di attesa. 40 settimane e 4 giorni per l’esattezza.
Il giro è stato molto veloce. Al ritorno l’ostetrica ci ha chiesto di prepararci ad andare all’ospedale. Se il desiderio era farti nascere in acqua, dovevamo arrivare in tempo per poter preparare tutto. L’ostetrica aveva già riservato la stanza e la piscina. Come sempre in quei momenti, sono stato preso da una lucidità impeccabile. La macchina era già pronta con i bagagli. Sono andata a prenderla e ho parcheggiato davanti alla porta di casa con lo sportello del passeggero aperto pronto per accogliere mamma.
In viaggio verso l’ospedale
Si era fatto buio nel frattempo. Durante il viaggio verso l’ospedale quando è arrivato tuo fratello io chiamai tuo nonno. Questa volta tua madre ha chiamato tua zia Anita. È stato un bene che l’abbia fatto. Non ci sono mai stati così tanti semafori rossi negli ultimi mesi. Si è potuta distrarre anche se a volte dovevo parlare io al suo posto, vista l’intensità delle contrazioni.
Arrivati all’ospedale ho parcheggiato davanti alla porta girevole e sono corso a prendere una sedia a rotelle. Erano le 21:20. L’ostetrica che guidava davanti a noi si è offerta di portare mamma in reparto, mentre io prendevo le valigie. Sono stato così veloce che sono arrivato in reparto a piedi mentre loro uscivano dall’ascensore.
Siamo andati in stanza. Era calda e accogliente. Un groppo in gola mi ha fatto visita pensando che quello sarebbe stato il luogo in cui ti avremmo conosciuta. Ma non c’era tempo da perdere. Bisognava riempire la piscina e organizzare il resto.
Ho aiutato tua madre a mettersi comoda mentre l’ostetrica con mani esperte azionava il meccanismo per pompare l’acqua nella piscina alla giusta temperatura.
Le contrazioni aumentavano ancora. Ogni ondata era più forte della precedente. Mamma è entrata quando la piscina era mezza piena. Erano le 21:38. Come se avessero avuto il via libera, le contrazioni sono aumentate ancora. Io ho preso qualcosa che somigliava a un tavolinetto e l’ho spostato dietro la piscina, così da poter abbracciare tua madre e darle sostegno.
Il momento della tua nascita
Mi sono sentito così piccolo, così profondamente grato per poter vivere quel momento di magia. Si perché è di questo che si è trattato, Maxime. Ho visto il corpo di tua madre cambiare e prepararsi a farti arrivare. Ho visto per la seconda volta la forza della Natura, il miracolo che solo la Donna può fare.
Mentre la baciavo e le asciugavo la fronte, ho sentito nel mio cuore che le sarei stato grato per sempre per avermi reso padre per due volte. Non può esserci legame più forte di quanto ho percepito in quel momento. Ho ripensato a come ci siamo conosciuti.
Ho rivisto momenti della nostra storia insieme. Non i momenti romantici che ti aspetteresti. Ho ripensato ad una sera d’autunno di qualche anno fa, quando siamo usciti alle 19 e siamo andati a comprarci un iPad. I negozi chiudevano alle 20. Abbiamo passato il resto della serata felici come due bambini il giorno di Natale. L’ho rivista a Colonia, quando ha guidato per due ore e mezza con la nostra bassotta per venirmi a prendere al ritorno dall’Italia.
Momenti qualunque Maxime. Momenti di Vita, quella vera, che da 8 anni ho il privilegio di condividere con tua madre.
Alle 21:55 sono iniziate le contrazioni finali. Tua madre ha gestito la cosa come un lottatore esperto. Dopo aver incassato le contrazioni con forza esemplare, ha semplicemente deciso che era abbastanza, era ora di farti venire al mondo. Di nuovo quello sguardo nei suoi occhi, di nuovo quel cambio repentino di energia. La stanza si è riempita di magia, potevo quasi vederla.
Tua madre si è preparata, ha stretto le maniglie della piscina, io l’ho stretta a me. Erano le 22:02. “Ottimo lavoro, Carolien” dice l’ostetrica, “continua così”. E tua madre lo fa.
Ancora una spinta e ti vedo arrivare.
“Accompagnala” dice l’ostetrica avvicinandosi. Tua madre ti accoglie, si rilassa e ti poggia sul suo ventre. Sono le 22:03. Tu con i tuoi occhioni neri ti guardi intorno, sorpresa ma non troppo. Hai pianto brevemente poi ti messa a guardarti intorno, come a cercare di capire cosa fosse successo.
Ho stretto tua madre e l’ho baciata commosso. Il mio cuore stava per esplodere.
Ci siamo presi del tempo per goderci quel momento. Come imparerai, è proprio il retrogusto amaro dell’unicità del tempo che passa a renderlo magico. Quando ti trovi davanti ad una felicità così grande sei pronto ad abbracciare anche l’idea che tutto finirà un giorno. Ti abbiamo aspettata tanto e quel momento era appena arrivato e scappato via. Non ci restava che rallentare il tempo, chiedergli di aspettare un po’.
A te non dispiaceva affatto. Mamma ti faceva nuotare un po’. Per mantenerti al caldo l’ostetrica ha bagnato un asciugamano e te l’ha poggiato addosso.
I nostri primi momenti insieme
Alle 22:47 ti ho presa in braccio per la prima volta. Mamma doveva uscire dalla piscina e tu dovevi essere asciugata e visitata dall’ostetrica. Mi sono seduto sulla poltrona senza maglietta. Ti avrei presa in braccio e tenuta sul mio petto per riscaldarti.
Amore mio, sapessi trovare le parole per rafforzare questa metafora del mio amore per te, lo farei.
Appena poggiata sul mio petto ti sei calmata e ti ho sentita rilassare. Ti sei rannicchiata tutta, mentre io, così come feci con tuo fratello, ho iniziato subito a sussurrarti parole segrete all’orecchio. Ve le ho stampate sul cuore, le troverete un giorno, ne sono sicuro.
Che emozione particolare è stata quella di stringerti, di sentirti su di me. Fino a poco fa potevamo solo immaginarti. Ora ti vedevo rannicchiata guardarti intorno con i tuoi occhi grandi.
Mentre l’ostetrica aiutava mamma e io ero perso nei tuoi occhi grandi, siamo entrambi stati distratti da due puntini neri che sembravano avvicinarsi ogni volta che gli rivolgevamo lo sguardo. Sono arrivati fino a sopra il letto di mamma. Erano…due coccinelle. Prima che lo realizzassi la mia gola si è chiusa e gli occhi si sono gonfiati di lacrime. “Figurati se le nonne si sarebbero perse questo momento” ho pensato.
L’ostetrica ti ha visitata e misurata. 3036gr e 50 cm di lunghezza.
Tu lo scoprirai crescendo, ma te lo anticipo io: tua madre è una Forza della Natura. Due ore e mezza dopo il parto era già in piedi. Le infermiere d’accordo con l’ostetrica hanno detto che potevamo andare a casa, era tutto perfetto. Ha mangiato un panino, si è fatta una doccia ed ha iniziato a prepararsi per lasciare l’ospedale.
Io ho fatto un paio di volte avanti e indietro per prendere il seggiolino e portare via le valigie.
E così, alle 01:30 guidavamo nella notte verso casa. Io, te e tua madre.
È stato allora che abbiamo visto quella luna splendida. Se ne stava là, in mezzo al cielo e noi non potevamo fare a meno di guardarla.
Il 25 ottobre è stato il primo giorno della Luna Cinerea. In questa fase, una falce della luna è direttamente visibile. Anche il resto del disco è visibile, ma è di un colore grigio chiaro, che richiama la cenere. Per questo si chiama così. Ciò è possibile grazie al riflesso della luce del sole sulla Terra.
Mi piace immaginare così la nostra vita insieme: tu Luna crescente, all’inizio avrai bisogno del nostro supporto per essere completa. Noi non faremo altro che rifletterti la luce dell’amore che a nostra volta abbiamo ricevuto e riceviamo.
Tu crescerai, fino a diventare Luna Piena. Noi ci ritireremo per lasciarti splendere, per tornare poi a completarti nella tua vita da adulta, in qualsiasi forma possibile.
Chissà, forse allora sarai in grado di leggere le parole che ti ho scritto sul cuore quando ti ho accolta sul mio petto.
Benvenuta tra noi Amore mio.
Con amore,
Papà