Febbraio 11, 2025 morenomaugliani

L’arte della memoria: come ho riscoperto il potere di ricordare

Mind Palace

È bello accorgersi di crescere quando ti scopri sempre a guardare al passato come fonte di saggezza e perfezione.

L’ultimo periodo è stato denso di accadimenti: la nascita di nostra figlia, il trasloco nella nostra nuova splendida casa. Tante cose che non hanno intaccato minimamente la mia disciplina e il mio interesse nel mantenere una routine di studi e di scrittura. Al contrario anzi, mantenere la mia routine di studi in una fase di cambiamento mi ha aiutato a rimanere centrato.

Ma ogni novità smuove l’equilibrio creato, creandone uno nuovo.

Guardare al passato mi ha sempre dato risposte. È stato così con la lettura, la scrittura, e più di recente con qualcosa che non avrei mai pensato di rivalutare: la Memoria.

Memoria: da abilità inutile a strumento di trasformazione

Ho passato tanti anni a disprezzare o meglio sottovalutare la memoria. Come se fosse una cosa da vecchi, inutile. Eppure dovrei saperlo che la crescita e l’evoluzione seguono traiettorie molto larghe. Ti illudi di essere su una strada dritta, mentre stai facendo una curva impercettibile. Di colpo ti ritroverai in un punto diverso da quanto ti aspettavi e crederai che sia stato un caso che tu ci sia arrivato.

Vivere all’estero per tanti anni mi ha sbattuto in faccia la dura realtà del non praticare più sistematicamente la mia lingua madre. Intendiamoci, parlo ogni giorno con la mia famiglia, ma per il resto della giornata e della vita sono impegnato con un altro idioma. Il risultato è che troppo spesso le parole in italiano mi sfuggono, penso in olandese (a volte in inglese) e spesso mi sorprendo ad utilizzare una sintassi olandese quando parlo italiano.

Per uno appassionato della lingua e del potere delle parole come me, questo è difficile da accettare. Ho sempre creduto che il livello di ciò che pensiamo e produciamo sia direttamente proporzionale alla qualità di ciò che consumiamo. Per questo ho eliminato il superfluo e ho alzato il livello degli input: letture migliori, musica migliore, conversazioni migliori. E quale miglior modo per tornare in contatto con la mia lingua, se non memorizzandone i capolavori?

Ma ho scoperto molto di più.

Il mind palace: la mia prima esperienza con l’arte della memoria

Ho iniziato cercando materiale online per saperne di più e muovere i primi passi. Più veloce di quanto mi aspettassi mi sono ritrovato a leggere diversi libri sull’argomento.

Il primo punto di contatto con l’Arte della Memorizzazione è stato il concetto di Mind Palace.

Il mind palace è una pratica molto antica, la cui creazione è attribuita a Simonide di Ceo, nel V secolo a.C. Si narra che, durante un pranzo presso la villa di un nobile si trovasse per caso fuori dalla casa, quando questa crollò uccidendo tutti sul colpo. Simonide fu l’unico in grado di identificare i corpi potendo ricostruire chi fossero in base a dove fossero seduti. Questo lo portò ad una realizzazione tanto semplice quanto potente: la memoria lavora benissimo quando si combinano luoghi fisici con immagini mentali.

Il “Metodo dei Loci” era appena stato formulato.

Ricerche scientifiche successive hanno spiegato l’infallibilità di questo approccio tramite la cooperazione della memoria spaziale – molto cara ai mammiferi – e il potere evocativo delle immagini mentali. Questo era più che sufficiente per me per convincermi a provare.

Come ho costruito il mio primo palazzo mentale

Ho costruito il primo palazzo mentale seguendo questi suggerimenti:

  • Scegli un posto che conosci molto bene. Può essere una casa, ma anche uno spazio aperto. Non deve esserci nessuna difficoltà o frizione nel percorrerlo mentalmente.
  • Identifica delle “stazioni”, dei punti di interesse cioè, che utilizzerai come ancore. Le possibilità sono moltissime e diverse. Secondo un approccio, puoi concentrarti su una stanza. Immagina una stanza quadrata. Hai già 4 angoli + 4 pareti + 1 centro = 9 stazioni in una stanza sola.

Secondo l’altro approccio (che è quello che ho seguito io) puoi isolare le diverse stazioni in un percorso attraverso più stanze. Il mio percorso l’ho tracciato nel primo piano di casa, dalla porta d’ingresso alla cucina, passando per il salone. Queste erano le stazioni:

  1. Porta d’ingresso;
  2. Bagno degli ospiti;
  3. Scale al piano di sopra;
  4. Ripostiglio;
  5. Porta del soggiorno;
  6. Camino;
  7. Frigorifero;
  8. Isola;
  9. Fornelli;
  10. Tavolo;
  • Il passo successivo da fare è quello di associare le cose da memorizzare ad ognuno di questi luoghi. Ricorda Simonide: questo metodo funziona perfettamente se associamo delle immagini forti ed evocative alle parole o ai concetti.

Per provare ho generato 10 parole random, senza legame tra loro. Le ho associate in ordine ad ognuna delle dieci stazioni. Per ogni stazione ho generato delle immagini evocative, paradossali. Qualsiasi cosa in grado di colpire la mia fantasia. La prima parola era “Sole”. Ho immaginato un sole caldissimo che batte sulla porta d’ingresso. La seconda era “bicicletta”. Ho visualizzato una bicicletta grandissima che non entra nel bagno degli ospiti. La terza era “orologio”. Ho visualizzato un orologio grandissimo appeso alla parete delle scale. Nel ripostiglio c’era un “libro” antico aperto, mentre sulla porta del soggiorno c’era una miniatura del “Ponte” di Brooklyn. E così via.

Ho passato pochi minuti a riflettere su queste immagini e inventare collegamenti strani. Poco dopo ero in grado di ripeterle senza sforzo, anche in ordine inverso o sparso. Ne ho aggiunte altre 10. Poi altre 10.

Sono fatto così.

Il sole della prima stazione è diventato lo sfondo di una sequenza in cui un drago vola verso la porta di casa cavalcato da una sirena. Sull’isola della cucina c’è un “elefante” cavalcato ad un “pirata” che mangia una “caramella”.

Ok, rileggendo queste parole, capisco perché mia moglie mi abbia chiesto se mi sentissi bene.

Il secondo passo è stato memorizzare 10 date storiche importanti. Ho ripetuto lo stesso processo e ancora oggi posso recitare tutte le 10 date senza sforzo con tanto di 2 o 3 dettagli ulteriori.

L’errore del principiante

Fomentato dal successo che la pratica stava avendo, ho fatto l’errore che tutti gli appassionati fanno quando trovano qualcosa che gli piace e funziona: ho provato ad ampliarla, arrivando a ingolfarla tanto da dover fare marcia indietro.

I segnali erano chiari: la frustrazione di “dover” fare qualcosa di faticoso come imparare delle cose a memoria. Il fastidio di non riuscirci. L’indisposizione a continuare.

Finché mi sono reso conto che la memoria non è accumulo, è selezione.

Ho potuto correggere il tiro, tornando ad una pratica utile e sana.

Oggi mi dedico quotidianamente alla memorizzazione di poesie (con analisi del significato e figure retoriche, anche queste aiutano a memorizzarle!) oltre che a esercizi random di memorizzazione di serie di parole.

Perché lo faccio?

Ci sono due risposte, una per il mondo materiale, una per quello spirituale.

La prima è semplice: la memoria seleziona. Se qualcosa merita di essere ricordato, allora merita anche il mio tempo, il mio sforzo. Questo mi ha reso più lucido, più attento, più consapevole di ciò che lascio entrare nella mia mente. Non voglio più accumulare. Voglio integrare.

In fondo c’è differenza tra il poter citare un reel di Instagram (per quanto possa essere divertente) o un verso di Leopardi, o Hemingway. Quando sono da solo preferisco riflettere sulle parole di Tolstoj. Quando guardo una scena di vita quotidiana voglio rileggere nella mia mente le parole di Carver.

Non sono io a dovermi sentire in imbarazzo.

Ma poi c’è un altro livello, più profondo. Memorizzare non è solo un atto mentale. È un atto di riconoscimento. Ogni parola che imprimo nella mia memoria è un tassello che ritrovo dentro di me, come se fosse sempre stato lì.

Forse Platone e Sant’Agostino avevano ragione: ricordare non è un atto passivo, ma un atto di ritorno all’essenza.

E se il vero scopo della memoria fosse proprio questo? Non trattenere, ma ritrovare?


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