Giugno 7, 2022 morenomaugliani

Cosa si pensa davanti a una madre morente?

La nostra Storia - Cronaca degli ultimi giorni.

Cosa si pensa davanti a una madre morente? Perso nel dolore di quei momenti, mi sono posto tante volte questa domanda.

Quello che leggerai saranno delle riflessioni fatte e annotate nei 3 giorni passati accanto a mamma, nei suoi ultimi momenti. Ho scelto espressamente di non editare nulla. Leggerai il mio flusso di coscienza.

Il 5 maggio 2022 nostra madre Giovanna Di Giuseppe si è arresa al Mesotelioma pleurico. Abbiamo deciso di condividere tutto ciò che ci è successo. Le emozioni, paure, illusioni, ansie, speranze. In questo articolo trovi il racconto del primo contatto con questa malattia. La speranza è di aiutare chi come noi si trova o purtroppo si troverà a convivere con una realtà dura come il tumore. Se non trasformassimo il nostro Dolore in Amore, avremmo sofferto per niente. Questa è la nostra Storia. Aiutaci a condividerla.

Quello che leggerai saranno delle riflessioni fatte e annotate nei 3 giorni passati accanto a mamma, nei suoi ultimi momenti. Ho scelto espressamente di non editare nulla. Leggerai il mio flusso di coscienza.

Bisogna parlare, imparare a comunicare e condividere. Anche e soprattutto di argomenti che ci spaventano.

2 maggio 2022

 

Che dolore. Un dolore inimmaginabile. Sordo, profondo. Non mi aggredisce sempre frontalmente. Spesso mi prende dalle gambe, me le svuota completamente di tutta la forza. Poi passa alle braccia. Sono così deboli che mi costa fatica anche tenerle attaccate alle spalle.

Che brutto mamma. Pensarti e realizzare che te ne stai andando. Il tuo corpo è arrivato al limite. La malattia ha fatto il suo corso ignorando con puro disinteresse le nostre speranze e azioni. Stamattina non rispondevi al telefono dopo un po’ sia io che Giada abbiamo chiamato al reparto. Ci hanno inoltrato ai dottori che erano con te. Ti avevano portato via per farti una tac. Stamattina hai avuto un crollo repentino, eri in stato confusionale. Ce ne eravamo accorti già da qualche giorno. Ogni tanto non ricordavi cosa avessi mangiato o cosa ti avessero detto. Credevamo – e speravamo – che fosse legato al ricovero. Si sente spesso di pazienti che perdono consapevolezza dei ritmi diurni e notturni.

Giada è riuscita nella mattinata a parlare con il primario. Le ha detto che la confusione era passata ma che comunque avevano anticipato la tac per capire a cosa fosse dovuto quel cambiamento delle tue condizioni. Inutile provare a descrivere il nostro stato d’animo in quelle ore di attesa. Io ero in campagna con papà. Siamo tornati a casa e papà ha fatto una pasta con guanciale e pancetta con degli asparagi raccolti in campagna. L’avresti trovata deliziosa.

Nel primo pomeriggio il primario ha richiamato zio. Gli ha detto che lo stato confusionale era tornato e che era saggio venire a trovarti. Abbiamo provato di nuovo ad ignorare il messaggio tra le righe. Inconsapevolmente ne portavamo già il peso nel cuore.

Abbiamo fatto un tampone in farmacia e siamo partiti. Appena arrivati abbiamo visto che ti avevano spostato in un’altra stanza. Il peso si faceva sentire ancora di più. Le dottoresse ti stavano dando dei medicinali e abbiamo dovuto aspettare prima di entrare.

Quando siamo entrati ti abbiamo trovata semisveglia. Eri di nuovo in uno stato confusionale. Ti abbiamo chiamata e provavi ad aprire gli occhi. Per guardarci. Ci hai detto “io me ne devo andare da qua” e facevi per toglierti il respiratore e il misuratore dei valori dal dito. “E dove vuoi andare allora? Perché? Ti hanno trattata male?” – “Ma che ne so Morè, dai su!” – mi hai detto con la tua aria scocciata.

Ci siamo subito resi conto che la situazione era molto grave. Giada è andata a cercare la dottoressa. Dopo averla trovata ci ha chiamati. Da questo momento è iniziato il film. Sul serio, questa scena si è svolta esattamente come visto nei film.

La dottoressa ci fa entrare nello studio. Attende che tutti prendiamo posto. Percepisco il suo imbarazzo, o quantomeno il tempo che prende per cercare di impostare il discorso nella maniera migliore. “Vostra mamma ha avuto un crollo repentino. Da venerdì ad oggi le sue condizioni cliniche sono peggiorate notevolmente. I risultati della tac evidenziano una crescita della malattia, con un versamento al pericardio. Il primario dice che le condizioni cliniche e l’avanzamento della malattia non permettono un intervento chirurgico. L’unica cosa che possiamo applicare è una cura palliativa. È per questo che vi abbiamo convocati qui. La respirazione è cambiata, vostra madre inspira molto brevemente e velocemente ed espira con forza e molto a lungo. Ciò vuol dire che il diaframma si è affaticato e non svolge bene il suo lavoro. Allo stato attuale delle cose, vostra madre è arrivata a fine corsa.” – “Di quanto tempo parliamo?” – ho chiesto. “Un giorno, forse due. Non penso che supererà la settimana. Prendetevi del tempo per stare con lei. La nostra proposta è fare un infuso calmante per farla riposare. Questo non avrà nessun effetto sulla sua condizione. Le darà solo sollievo fino a che il suo cuore si fermerà”.

Lo sai bene Ma, sono sempre stato molto creativo. Questa immagine però non riesco proprio a visualizzarla. Il Tuo cuore che si ferma. Un’immagine così dura e fredda. Ecco cosa sento quando ci penso: freddo. Tutto ciò che ho intorno si riveste di un manto freddo. Non gelato o ghiacciato. Freddo. Grigio e freddo.

Sei sdraiata e dormi. La respirazione è difficile. Io e Giada ti parliamo. Ti abbiamo detto un sacco di cose. Abbiamo anche cantato e ascoltato musica. Ti ho detto che sarai sempre benedetta, da tutte e tutti. Sempre e per sempre. Chi ti conosce e chi non ti ha conosciuto. Il tuo corpo sta cedendo alla malattia. Ma appunto, è solo un corpo. Tu sei molto di più di questo. Sei tutto l’amore che ci hai donato, dal primo momento che siamo entrati nella tua vita. Siamo cresciuti insieme, giorno dopo giorno. Tu non eri mai stata mamma, noi non eravamo mai stati figli o padri.

Seduti al tuo fianco è difficile non cedere ai trucchi della mente. Tutti i flashback che ci assaliranno.

Ho scelto di documentare questi giorni. Il cancro distrugge la vita del malato e cambia per sempre quelle dei famigliari. Le emozioni, gli stati d’animo, le paure e le speranze che abbiamo avuto devono essere condivise. Spero che chi leggerà queste mie parole si senta meno solo e meno “strano”.

Bisogna avere la forza di parlare e condividere. Mamma è una combattente nata, ora non è da meno. Potrei scrivere tutto ciò che mi ha insegnato, ma lo tengo per me.

Le ho detto che tutto ciò che lei ha fatto, tutto ciò che mi ha donato resterà a indelebile in me. Lo custodirò e lo passerò con orgoglio ai miei figli.

L’importanza delle cose piccole, quelle che mattoncino dopo mattoncino formano la vita delle persone. Ecco la prima cosa che mi viene in mente quando ti penso. Penso a quanto mi hai coinvolto nella tua quotidianità, quando eri giovane e da poco mamma. Sei sempre stata curiosa della nostra creatività e hai sempre stimolato la nostra curiosità. Hai sempre fatto di tutto per aiutarmi a coltivare i miei sogni e i miei interessi. Sempre e comunque dalla nostra parte. Che forza che ci hai donato, per arrivare fino a dove con orgoglio anche vostro siamo arrivati.

Cosa si pensa davanti a una madre morente?

La prima cosa è senza dubbio quella di rifiutare l’idea di usare la parola morente associata a tua madre. La seconda è una sensazione di incredulità. Ho letto da qualche parte che è un meccanismo protettivo del cervello. Ho 36 anni e ho avuto a che fare con la morte, come tutti. L’idea di sedere di fianco a tua madre e realizzare che da lì a qualche giorno non potrai più vederla pare non essere concepibile. Eppure, con sprazzi di lucidità registro questo avvenimento. Questa malattia l’ha fatta soffrire molto. Fisicamente e mentalmente. Ricordo la depressione e lo shock dopo la diagnosi. La ritrosia nel dircelo. La tosse, quegli attacchi infernali che mi stritolavano lo stomaco.

Ho sempre temuto questo momento. Mi sono spesso torturato pensando a quanto ne sarei stato spaventato. La paura ha sempre infestato le nostre vite, con i suoi tentacoli appiccicosi e le radici lunghe. Ora io, al fianco di mia madre morente, mi arrendo. Ebbene sì, paura, hai vinto. Ho imparato ciò che dovevo. In tutti questi anni ci hai chiesto più e più volte di lasciarti andare, di guardarti per ciò che eri veramente. Mamma ed io non l’abbiamo mai fatto, perché spaventati dalla tua aria decisa, sublime e potente. Fino ad oggi ti ho chiamato Paura, ma in realtà eri semplicemente Vita. Ho capito e sento che lo ha capito anche mamma. Mamma ora lo Sa.

Voglio che questo passaggio di mamma avvenga con gli occhi di una bambina che scosta il portone di una casa ritenuta infestata. Voglio che il terrore iniziale ceda il posto alla beatitudine nel trovarsi in una realtà totalmente diversa da quella temuta. Il sollievo nel trovarsi beata tra i beati. Gioisco nell’immaginare mamma prendere per mano la bambina spaventata che era dentro di lei, mostrandole che finalmente si può calmare.

Sento che mamma sta lasciando andare tutte le preoccupazioni terrene, non per pigrizia o disinteresse, ma perché finalmente le ha viste nella loro infondatezza e futilità.

“I valori sono ancora buoni” dice l’infermiera. È mezzanotte e mezza. In maniera naturale sgorgano dalle profondità della mia anima tutti pensieri di infinita gratitudine. Mi hai messo letteralmente al mondo. Già solo questo basterebbe per esserti infinitamente grato. Se poi ripenso a tutto ciò che sono (diventato) capisco perché questi pensieri sgorgano autonomamente dalla mia anima.

3 maggio 2022

 

Ho passato la notte con te, seduto su una sedia a rotelle con una coperta e una sedia dove poggiare i piedi. Il mal di testa mi ha impedito di riposare. Non sono mai riuscito a trovare una posizione. Ti guardavo e ascoltavo ogni piccolo cambiamento del tuo respiro. Abbiamo parlato tanto. Ti ho detto di rilassarti, ti ho detto che ti amo da morire. Ti ho fatto le “coccolette” come le chiami tu.

Stamattina verso le 5:30 ti sei svegliata (che leonessa con 4 fiale di morfina!). Eri agitata ed ho chiamato l’infermiere e Giada. Alzavi il braccio destro provando ad arrivare dietro l’orecchio destro. Poi lo muovevi veloce come a dire che avevi caldo, o che non riuscivi a respirare bene. Ho provato a chiederti cosa volessi, ma non l’ho capito. Ho alzato il letto. Dopo un po’ ti sei calmata. Giada e papà sono entrati e io sono andato nel camper. Avevo bisogno di sdraiarmi un po’ meglio e recuperare energie. Sentivo di star perdendo contatto con la realtà. Sono crollato quasi subito, sono riuscito a dormire due orette.

Al risveglio la botta forte, la realizzazione della situazione a mente fresca. Di nuovo quella sensazione di freddo, vuoto e terrore. Sono rimasto un po’ sdraiato, poi papà mi ha chiesto di portare un po’ di pizza a lui e a Giada. L’ho fatto subito e sono venuto da te. Appena mi sono seduto, tutti i pensieri mi hanno assalito come se mi aspettassero al varco. Una vera tempesta organizzata dove ogni pensiero pare sapesse benissimo come entrare per farmi più male possibile. Ho avuto di tutto, dalla paura dell’ignoto, al terrore che soffrissi, alla malinconia per le piccole cose che non potrò più condividere con te. Ho pianto tantissimo, quasi f

ino ad aver di nuovo mal di testa.

Gli amici sono passati a trovarmi. Ero nel cortile con mio zio. La falla che si era aperta ha ceduto definitivamente travolgendomi in un pianto spossante. Mi sono voltato e li ho visti arrivare. Mi sono sentito così vulnerabile, solo e tremendamente dispiaciuto. I singhiozzi e le lacrime mi hanno scosso fino a farmi tornare il mal di testa e farmi temere di sentirmi poco bene.

Gli ho raccontato tutti gli sviluppi.

Spero con tutto il cuore che tu non stia soffrendo mamma. Sono le 15:54, il tuo respiro è sempre pesante. Ti sei rilassata un po’, ma da qualche ora non vuoi più essere toccata. O almeno questo pensiamo noi. Ogni volta che ti accarezziamo ti agiti e questo ci fa preoccupare. Papà ti parla, tutti ti parlano. Sono scene molto dure da vedere. Non sarò più lo stesso dopo queste esperienze. Fa parte della vita lo so. Mi ritrovo con una sensazione mista a pensare all’eutanasia. Mi auguro con tutto me stesso che ora tu non stia soffrendo. A vederti non si direbbe, ma i dottori dicono che non senti assolutamente niente. Bisogna aspettare. Allora mi domando cosa sia più umano.

Mia moglie è in viaggio, ha prenotato il biglietto appena saputo com’era la situazione. Io lo so che vuoi aspettarla.

Guardo papà che ti parla e ti coccola. Guardo i suoi occhi e mi perdo nell’immaginare cosa possa voler dire vedere la donna della tua vita in queste condizioni. Siete stati insieme 48 anni e avete formato una famiglia splendida.

Quante riflessioni, quanti pensieri mi bombardano. Spero che provare a descriverli mentre li vivo possa aiutare me e anche altre persone che si trovano o si troveranno in queste situazioni.

Oggi è il secondo giorno dopo l’infusione degli antidolorifici. Non sei più cosciente, comunichiamo cercando di interpretare le tue reazioni a stimoli esterni. Ieri e oggi abbiamo ascoltato un po’ di musica insieme. I Pooh, il tuo gruppo preferito. Abbiamo immediatamente rivisto le domeniche mattina, la custodia del cd sullo stereo e la musica alta. Ovviamente le parole dei testi vengono da sé, salvate in cassaforte e pronte al primo richiamo.

Quando ascoltavamo quella musica ero piccolo e non sapevo che sarei diventato un batterista. Eppure, ricordo che riuscivo a decifrare e visualizzare la parti di batteria senza neanche sapere di cosa si trattasse.

Mi vengono in mente tantissimi ricordi. Ne parliamo con Giada, a volte ridendo, a volte commovendoci.

Abbiamo realizzato come tu ci abbia sempre spinto ad uscire dalla nostra comfort zone. Niente e nessuno doveva mai mettersi tra noi è ciò che volevamo. Realizzo ora che ho una costante del mio carattere viene da te e papà. Riguardando indietro con la sensibilità e maturità di adesso, vedo cristallina la tua grande curiosità per le cose della vita. Per le nuove esperienze, per i nuovi approcci. A causa delle tue esperienze passate, hai sempre guardato a queste cose con lo sguardo spaventato ma curioso di una bambina. Una bambina che sa che il fuoco può bruciare. Glielo hanno detto in tanti e in tanti modi, tanto che lei crede fermamente di essersi bruciata senza averlo neanche mai visto il fuoco. Allo stesso tempo però, segretamente, questa bambina ammira e guarda con interesse il fuoco e le persone che con esso convivono. In fondo, lei voleva avvicinarsi e conoscerlo quel fuoco. Perché il fuoco brucia è vero, ma può anche scaldare. Il tuo interesse magari non era quello di avvicinarti per scaldarti, ma semplicemente avvicinarti pe

rché…si può. A volte la domanda non è perché, ma perché no? Questo l’ho capito anni dopo, apparentemente in maniera autonoma. Ora realizzo come questo sia una semplice conseguenza del metabolizzare i tuoi comportamenti e farli miei, come succede spesso nel processo di crescita.

Con Giada e mia moglie parliamo di te. Appena ho nominato quali fossero i tuoi piani per i nipotini ci siamo commossi. Di colpo ti sei svegliata anche tu, sembrava stessi piangendo con noi.

4 maggio 2022

Ciò che sto comprendendo, è che sicuramente c’è una netta differenza tra la biologia e la spiritualità. La nostra coscienza, forse espressione di un Tutto onnipresente, si annida in questo organismo biologico. Questo ha una curva ben definita e conosciuta. La tendenza, mi viene da pensare, è quella di provare a trovare un senso a questo organismo, identificandolo come l’unico contatto con la realtà. Ci dimentichiamo della scintilla che invece abita questo organismo e lo sfrutta per fare questa esperienza terrena. Qui sta l’errore di valutazione, mi viene da pensare mentre ti osserviamo e coccoliamo. Indirizziamo la nostra attenzione sulla cosa sbagliata. Sappiamo che il nostro corpo e la realtà tangibile sono soggetti finiti. Eppure, ci ostiniamo a crederli o aspettarci che possano essere infiniti.

Pensateci bene, sui libri di storia non leggiamo come era fatto il naso di Carlo Magno, o se Voltaire fosse sovrappeso. Leggiamo delle cose che hanno fatto. Delle emozioni che le hanno propiziate. Non bisognerebbe mai sottovalutare la grandezza del vuoto che lasceremmo nella vita di chi resta. Quel vuoto non sarà fatto di capelli pettinati o forma fisica perfetta. Sarà fatto dell’Amore che nelle diverse forme possibili ci siamo scambiati con quella persona. Questo Amore lo vedo come un’espressione diretta del Tutto, da cui proviene la scintilla che ci anima. Nel Tutto c’è la Virtù. Quella dobbiamo riconoscere e perseguire in questa esperienza che abbiamo la possibilità di fare.

È passata l’oncologa. Parlandole le ho chiesto cosa potessimo fare per aiutare la ricerca. Si è commossa. Io lo sento veramente mamma. Mi è venuto da dirle “se non facciamo qualcosa per aiutare gli altri, tutta questa sofferenza e dolore saranno stati inutili”. Io non voglio questo. C’è bisogno di persone che pensino agli altri senza interesse. Per addolcire un po’ questo destino comune. Voglio fare qualcosa, le ho chiesto di farmi sapere come e cosa posso fare.

Spesso si sente “se sono diventato ciò che sono diventato, è sicuramente grazie a te.” Suona come una frase fatta dirlo a te, ma più rifletto sul passato è più vedo ad ogni punto cruciale della mia vita la tua ombra benevola. Quanto mi hai donato senza parole!

 

Sono le 19:33 del 4 maggio. Stamattina abbiamo chiamato il dottore perché hai avuto un paio di apnee che mi hanno fatto spaventare. Il dottore ci ha spiegato che questo è purtroppo l’evoluzione della situazione e che non possono fare nulla di più di ciò che fanno. Ci ha garantito che non stai soffrendo. La cosa dura è che praticamente dovremo aspettare che tu faccia un respiro per poi non riprenderne più. Che poi a rifletterci, l’istinto mi direbbe di aiutarti e fare qualcosa, quando in realtà la cosa giusta da fare sarebbe quella di aiutarti e facilitarti questo passaggio con tutte le nostre benedizioni. Ci siamo spaventati un paio di volte, tanto che ho avuto la sensazione che stesse per succedere. Abbiamo pregato con Giada e papà. Ci siamo tenuti le mani mentre recitavamo delle preghiere. Tutto pur di renderti questo passaggio il più lieve possibile.

Qui fuori ci sono tutti i nostri famigliari, hanno sfidato gli infermieri qui pur di venirti a salutare. Questo è solo un assaggio di cosa vuol dire seminare amore. Tutti ti amano, tutti ti benedicono.

Ho scritto un post su Facebook dove spiego la situazione attuale. Tantissime persone hanno chiamato o scritto per farti sentire la loro vicinanza. Che bella che sei, quanto amore ricevi!

Mi torna in mente il significato della parola sacrificio. Viene dalle parole sacrum e facere, cioè rendere sacro. Con il tuo passaggio stai rendendo sacre le nostre vite, rinnovandoci la promessa di renderle onore negli atti e nelle parole.

5 maggio 2022

Ogni mattina al risveglio veniamo presi a pugni dalla realtà. È come se di default la percezione della realtà si azzerasse a quella che era la normalità: mamma e papà in salute a casa, noi impegnati con le nostre vite. Dormiamo nel camper qui sotto al parcheggio e ci diamo il cambio con papà. Lui ha fatto due notti di seguito. Dice che vuole starti in ogni caso vicino fino alla fine. Ieri sera prima di andare ti abbiamo salutato bene, perché temevamo che potesse succedere stanotte. Invece da grande leonessa quale sei, hai resistito ancora. La notte dormo di un sonno strano, profondo ma allo stesso tempo leggerissimo. Ogni tanto sveglio per controllare il cellulare. Riaddormentarsi riesce solo perché le giornate sono emotivamente e fisicamente così intense che il corpo ha semplicemente bisogno di riprendersi.

Con Giada pensiamo se sia il caso di riportarti a casa. I dottori sono stupiti dalla tua resistenza. Mica potevano saperlo che sei una leonessa di razza. Ripenso alle tue parole quando siamo arrivati lunedì “Io me ne devo andare da qui”. Non ci siamo presi il rischio perché la dottoressa disse che poteva succedere in qualunque momento, la sera stessa, il giorno dopo. Chiaramente darti la fatica del viaggio ci è sembrato inopportuno. Parliamo con Giada, siamo d’accordo che se stai aspettando, è perché dobbiamo ancora capire qualcosa. Abbiamo realizzato e compreso così tanto in questi giorni. La maggior parte delle realizzazioni le ho appuntate qui. Scrivere mi permette da una porta di elaborare e iniziare a metabolizzare il dolore, dall’altra di registrare gli eventi il più accuratamente possibile. Voglio farlo per condividere tutto ciò che stiamo vivendo.

Oggi il tuo respiro è ancora diverso. Ancora più profondo con apnee più lunghe. Ogni apnea ci prende allo stomaco stritolandolo fino a che non riprendi fiato. Una sensazione così straziante. A volte ho la sensazione che il mio cuore possa fermarsi insieme al tuo.

Sto cercando di sistemare il biglietto di ritorno. Sarei dovuto ripartire oggi. Non so quando potrò farlo di nuovo, quindi dovrò chiedere un voucher. Nel pomeriggio parlerò con la mia team leader della e spiegarle la situazione. Chiaramente rientrare la settimana prossima è molto inverosimile.

Ti guardo e ricordo perfettamente la sfumatura della luce sulla porta della cameretta nei pomeriggi d’estate, quando venivi a vedere se dormivo. Ricordo la tua voce dolce che mi augura buon riposo. Quasi senza preavviso ho degli attacchi di pianto, in cui tutto torna su così prepotente che non posso far altro che arrendermi e buttare fuori tutto il dolore che provo. Tentare di ignorarlo è semplicemente impossibile, provare ad elaborarlo assolutamente inutile. Adesso il dolore è troppo grande e forte e deve fare il suo corso. Fa parte di me e non voglio rinnegarlo. Al contrario, voglio accoglierlo e comprenderlo, per capire cosa vuole comunicarmi e insegnarmi. Gli attacchi di pianto sono forti, a volte vado quasi in iperventilazione. Quando il mio corpo ha esperito così quello che provo, sono di nuovo lucido, o quasi.

Realizzo una dualità di pensiero: mentre ti guardo e ascolto, spero che tu possa effettuare il passaggio nella maniera più serena possibile. Con Giada proviamo a controllare i nostri nervi e le reazioni per provare a rimanere calmi e aiutarti nel passaggio. Ti prendiamo le mani, ti coccoliamo e accarezziamo la testa proprio come si fa con una partoriente. Ti sussurriamo parole dolci e di incoraggiamento. Sapessi quanta energia ci costa, ma dobbiamo pur farlo. Deve essere stato lo stesso per te per il parto. Allo stesso tempo, c’è una parte di me che non vuole che tu vada via. Il pensiero di non poterti più toccare o vedere mi squarcia lo stomaco. Oscillo tra questi due pensieri, nel profondo consapevole che il primo è quello che deve prevalere. Te l’ho detto diverse volte: “lasciarti andare sarà difficilissimo, faremo del nostro meglio. Questa volta non posso chiedere aiuto a te, perché tu hai già un bel da fare. Siamo proprio noi invece che dobbiamo aiutare te”. Un altro insegnamento che ci dai con il tuo sacrificio.

IL PASSAGGIO

05 maggio 2022. 11:34. Giada è dentro con zia Tiziana e Giancarlo. Si accorge che qualcosa nel tuo sguardo e respiro è cambiato. Manda un sms a Carolien dicendole di farmi entrare. Allo stesso tempo arriva zia a chiamarmi. Entro diretto, lo sentivo (così come Carolien) che sarebbe potuto succedere a breve. Nel tragitto sentivo la lucidità impossessarsi di me. Una lucidità fondata sul rispetto del tuo momento, scevra dall’egoismo del dolore di un figlio per una madre morente. In quel momento dovevamo aiutarti nel passaggio, alleggerendo il più possibile la tua condizione umana. Ti abbiamo stretto la mano. Abbiamo pianto. Ti accarezzavo la testa mentre ti rassicuravo. “Stai tranquilla mamma, andrà tutto bene. Sei beata e benedetta, abbraccia la Luce”. Il battito è sceso da 78 a 61, poi a 57. Poi un salto a 33. Papà e zio ti hanno chiamata, di colpo il tuo cuore a 50 battiti. Poi abbiamo ricominciato a rassicurarti e a coccolarti. Non dimenticherò mai l’energia di quel momento. Un’energia strana, non saprei descriverla. Il dolore e le lacrime di papà e zio. Giada che piange benedicendoti. Io che ti tengo la mano insieme a papà mentre ti accarezzo la testa e ti benedico. Tu che hai preso tutto il coraggio che abbiamo provato a darti e hai fatto il grande passo. Sembrerà un cliché o una frase fatta. Qualcuno la identificherà come un meccanismo di autodifesa. Resta il fatto che qualche secondo prima di espirare hai fatto un sorriso bellissimo. Non era uno spasmo o un riflesso, era un vero e proprio sorriso. Quando l’ho visto ti ho ringraziata e ho sentito una specie di pace scendermi nel cuore. Eri a casa.

Sei a casa.

 

Abbiamo chiamato l’infermiera che ha spento il monitor e ci ha lasciato un po’ di intimità. Poi ci ha chiesto di lasciare per un momento la stanza affinché potessero sistemarti.

 

È così che sei andata via mamma. La persona che il 6 dicembre del 1961 ha aperto gli occhi per la prima volta su questa terra. Che a 13 anni ha incontrato l’amore della sua vita. Che a 23 anni lo ha sposato. Colei che il 1 ottobre del 1985 era sdraiata su un letto di ospedale per portare me su questa terra. Colei che il 20 maggio del 1993 ha fatto lo stesso per Giada.

Così sei andata via. Con un sorriso di beatitudine che non avrei sperato né pensato di vederti.

Siamo usciti dalla stanza. Mi sento stranamente leggero, quasi sollevato. Io ho visto mamma. Ho visto com’è stato il tuo passaggio. È come se un velo si fosse squarciato e di colpo osservassi me stesso e il mondo intorno a me con occhi totalmente nuovi. Non sono più lo stesso. Non posso più essere lo stesso.

Usciamo dal reparto e andiamo dai famigliari che ti aspettano fuori. Il dolore fa il suo corso e io lo rispetto.

IL GIORNO DEL FUNERALE

07/05/2022

Aspettiamo fuori dalla camera mortuaria. Sento distintamente il rumore degli avvitatori che chiudono la cassa. Non riesco a starci, non voglio starci e so che non me lo chiederesti. Mi sento stranamente sereno, ma la respirazione negli ultimi minuti si fa più difficile. Quando è arrivato il carro funebre ho avuto una stretta al cuore. Qualcosa che somiglia ad un attacco di rabbia. Sapevo che quella macchina ti avrebbe portata via da me, da noi.

Partiamo da Roma per andare a Vicovaro. Facciamo un giro bellissimo per tutto il centro di Roma. Te lo sarai goduto. Arriviamo alle 14:50. Camminiamo verso la chiesa e veniamo già fermati da amici e conoscenti per le condoglianze.

Arriviamo all’entrata, poche volte ho visto tutta questa gente. L’attenzione si sposta solo su di te, percepisco il cordoglio di chi ci guarda con la tristezza nel cuore. Ti portiamo dentro a spalla, poi prendiamo posto nei banchi subito vicini. Il tempo sembra rarefatto mentre decine e decine di persone passano affrante a darci le condoglianze.  Spesso mi ritrovo a fare io le sincere condoglianze alle persone che vedo così addolorate. Perché in fondo è così, tutti abbiamo perso una persona speciale. Mi stupisco internamente della serenità che mi da questa forza.

La messa inizia e procede. A più riprese ci abbracciamo e ci stringiamo forte con papà e Giada. Chiediamo al parroco di intervenire. Questo è ciò che abbiamo voluto dirti, davanti a tutti. Ha iniziato Giada:

“Signore, perché?”

Me lo sono chiesta tante volte e ancora non trovo una risposta a questa domanda. Il dolore mi stringe il petto Mamma, mentre penso alla sofferenza di questi ultimi mesi. Penso a quanta forza hai tirato fuori amore mio, nelle tue notti insonni quanti pensieri ti avranno assalita, la paura di lasciarci soli e la rabbia per un destino così duro.

Non ho mai abbandonato la speranza che potessi guarire mamma, a costo di sembrare pazza, io ci ho creduto perché mai avrei pensato che saresti andata via così, e così presto. Momenti come questo ci mettono di fronte al mistero della Vita e la verità è che noi non possiamo controllare proprio nulla e che non ha così senso chiedersi il perché.

Se mi guardo indietro però, vedo e sento profondamente tutto l’Amore che hai saputo coltivare, donare, condividere con tutti noi. E lo sento da quello che stiamo ricevendo in questi giorni da chiunque ti abbia conosciuto. Come parti di frutti che tu hai seminato e che tornano indietro ancora più forti. Il tuo modo di abbracciarci da lontano. Questo è il grande regalo che tu ci hai fatto Mamma. Sì, perché è davvero impossibile non volerti bene! Sempre pronta e disponibile ad aiutare gli altri, sempre in prima fila per le cause di tutti. E non parlo solo della nostra famiglia, ma proprio di tutti. Chiunque ha incrociato il tuo cammino ha ricevuto qualcosa di buono da te, un sorriso, un abbraccio, una carezza. 

Tu mi hai insegnato a prendermi cura degli altri, mamma. Sei stata la mamma di tutti! La Mamma che tutti vorrebbero e che noi abbiamo avuto la fortuna di avere!

Tu e papà siete un esempio di Amore con la A maiuscola. Con noi figli la mamma chioccia ma allo stesso tempo severa e giusta, che ci ha reso un uomo e una donna forti.

Ci hai insegnato un sacco di cose e ti sei fidata di noi per imparare quelle che noi scoprivamo crescendo.

Il dolore ora è lancinante, il vuoto che lasci immenso. Mi mancherà veramente tutto di te. Ma è un vuoto fisico, io lo sento. La tua anima c’è e continuerà a proteggerci da dove sei ora.

La vita non ti ha risparmiato sofferenze e dolori, ma tu hai saputo trasformarli in Amore e questo è il compito che noi abbiamo d’ora in poi. Con ogni passo della mia vita, onorerò la tua, te lo prometto. Il senso della mia, l’ho capito e lo sto capendo mentre ti accarezzo i capelli, il viso, e ti sussurro che ti amo e ti amerò per sempre. 

 

La tua Princi

 

Ed ho continuato io:

 

L’etimologia della parola madre è da ricondursi al sanscrito; infatti, anche se alcuni collegano questo termine alla facilità di pronuncia della letteralmente m per i bambini, essa è riconducibile alla radice sanscrita ma- con il significato primario di misurare, ma anche di preparare, formare. Da questa radice deriva poi il termine matr, che diventerà mater in latino, colei che ordina e prepara, donando il suo corpo e sopportando il dolore, il frutto dell’amore, alla vita.  

La donna dei record: sei riuscita a far piangere 3 paesi contemporaneamente, l’Italia, l’Olanda e la Francia. Chiunque ti ha conosciuta porta una profonda tristezza nel cuore. Questo è perché in tutto il tuo tempo con noi hai sempre e solo donato Amore.

Questi giorni ci hanno insegnato tantissimo. Tu ci hai insegnato tantissimo.

Ad esempio, ci hai insegnato che c’è sempre una scelta. Soprattutto quando sembra che non ci sia una scelta.

Ad esempio: potrei piangere quando ti penserò ascoltando una canzone. Disperarmi quando ti riconoscerò in un passante. Addolorarmi quando ti rivedrò nei miei figli.

Oppure potrei celebrare la tua presenza. Gioire del tuo ricordo. Cercarti in ogni passo della mia vita e sfoggiarti con orgoglio in ogni lato del mio carattere e del mio essere.

Sarò triste, tristissimo. Ma oggi noi salutiamo il tuo corpo, non salutiamo nostra mamma. I presenti oggi porteranno un po’ di te nella loro quotidianità e nella loro vita.

Mamma, oggi tu ci insegni l’immortalità.

 

Al temine della funzione siamo stati di nuovo inondati dall’amore dei presenti. Ti hanno portata fuori e ho sentito esplodere un applauso lungo e fragoroso. Ricordo di aver sorriso, pensando al privilegio di averti avuto come madre.

Usciamo anche noi, ci mettiamo in cammino dietro al carro. Passiamo sotto le Poste. Li ci sono letteralmente cresciuto. I primi amori, le prime esperienze, gli amici di infanzia. Ricordo di aver visto diversi cortei funebri passare la sotto mentre ero impegnato a crescere. Oggi vedo e sento un gruppo di bambini che avranno più o meno la mia età allora. Anche qui un sorriso, nel constatare come tutto sia un cerchio, o forse un’ellisse. A cambiare sono solo i fuochi, ma il risultato è lo stesso.

Arriviamo al cortile del cimitero. Qui ti salutiamo prima del tuo viaggio a Roma. Lì verrai cremata, come tuo desiderio. Il carro si ferma e si apre. A turno ci prendiamo un momento per salutarci. Mi avvicino e tocco la cassa, poi mi porto le mani giunte al cuore, poi alla testa. Questo è il modo in cui saluto il tuo corpo, con la certezza che ormai sei indelebilmente presente nel mio essere.

 

Ti cercherò e ti sentirò in ogni giorno della mia vita. Ti ho promesso di onorarla facendo tante cose, che ti renderanno ancora più fiera di me e di ciò che hai lasciato in questo mondo. Lo farò fino a quando sarà il mio turno di lasciare tutti. Mi hai lasciato un ottimo esempio di una vita vissuta con amore. Non sarà difficile seguirlo.

 

Ti amo mamma.

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