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I percorsi della memoria nell'era moderna

La memoria, da tecnica retorica a gesto spirituale

Viviamo in un tempo in cui ricordare è opzionale. Ogni sapere, ogni data, ogni riferimento è esternalizzato, accessibile in pochi secondi. In apparenza, abbiamo delegato la memoria alla tecnologia per concentrarci su altro. Ma c’è un prezzo che stiamo pagando, più sottile e profondo: la perdita di un rapporto interiore con il passato, e quindi con noi stessi.

La memoria, storicamente, non è mai stata solo uno strumento per trattenere dati. È stata, prima ancora, una pratica spirituale, un esercizio dell’anima, un metodo per riconoscersi.

La memoria come contatto con l’interiorità

Già nell’antichità greca, la memoria era molto più di una funzione mentale. Per Platone, ricordare era l’atto con cui l’anima tornava in contatto con le verità già conosciute prima di incarnarsi. L’apprendimento era quindi un ricordo, un ritorno alla fonte.

Sant’Agostino, secoli dopo, descriveva la memoria come uno spazio dell’anima in cui Dio stesso risiedeva. In un passaggio delle Confessioni, scrive che la memoria contiene immagini, emozioni, ma anche verità più alte: un luogo misterioso dove l’uomo può incontrare Dio.

Questa idea è presente anche nella tradizione ebraica: nel Talmud si legge che la tensione dell’anima è il desiderio di tornare alla luce da cui proviene. Una definizione straordinaria che rende la memoria qualcosa di più che mentale: la esprime come movimento esistenziale.

Questo sguardo interiore sulla memoria è anche ciò che cerco di recuperare attraverso pratiche quotidiane come la scrittura libera e l’interstitial journaling, che permette di osservare il flusso mentale come un percorso e non come una reazione automatica.

L’arte della memoria come forma di disciplina

Nel mondo romano, la memoria era una competenza da coltivare: Cicerone ne faceva una tecnica per l’oratoria, ma Quintiliano la considerava parte della formazione morale. Ricordare non era solo utile: era uno strumento per affinare il carattere.

Nel Medioevo, con la centralità della parola sacra, la memoria assume un ruolo ancora più profondo. I monaci imparavano a memoria interi testi non per possederli, ma per meditarli e interiorizzarli. Memorizzare significava trasformare le parole in strumenti di trasformazione interiore.

Con il Rinascimento, la memoria diventa tecnica raffinata: il “palazzo della memoria” è una costruzione mentale dove ogni spazio contiene un’immagine, un concetto. Per pensatori come Giordano Bruno, questa pratica non era solo mnemonica, ma filosofica: una via per ordinare il mondo e accedere a livelli superiori di consapevolezza.

A questa ricca tradizione ho dedicato un approfondimento specifico nell’articolo L’arte della memoria, dove esploro come le tecniche mnemoniche abbiano attraversato secoli senza perdere la loro forza trasformativa.

Oggi: accesso senza connessione

Con la stampa, e più tardi con la rivoluzione digitale, è cambiato l’approccio: non più trattenere, ma accedere. Un cambiamento di paradigma potente, che ha reso la conoscenza più democratica, ma ha anche indebolito il legame personale con ciò che sappiamo.

Oggi ricordare sembra inutile, o addirittura inefficiente. Ma proprio questa apparente obsolescenza della memoria interiore ci segnala la sua necessità. Ricordare è scegliere cosa trattenere, cosa nutrire, cosa lasciare sedimentare. In questo senso, è un gesto spirituale, un atto selettivo che definisce chi siamo.

Nell’articolo Come ho smesso di perdere tempo online ho riflettuto su come la nostra attenzione, e quindi la nostra memoria, venga costantemente erosa da stimoli che non lasciano traccia. Recuperare uno spazio di silenzio e di sedimentazione è oggi una forma di resistenza.

Conclusione

Non è nostalgia. Non si tratta di opporsi al progresso. Si tratta piuttosto di riconoscere che il rapporto con la memoria è anche il rapporto con la propria direzione interiore.

Non possiamo delegare tutto. Non tutto ci può essere ricordato da altri. Alcune cose devono restare dentro. Alcune parole devono risuonare nel silenzio della coscienza, non solo nel feed.

La memoria, in questo senso, non è un archivio. È una scelta continua su cosa vale la pena trattenere per restare umani. E forse è proprio attraverso la memoria che possiamo costruire un secondo cervello che non sia solo un deposito efficiente, ma un ecosistema coerente con i nostri valori più profondi.

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notitieboek om te beschrijven wat je net hebt gedaan en wat je nu gaat doen.

Interstitial Journaling, una strategia per aumentare focus e produttività

Ogni giorno ci troviamo a passare da un’attività all’altra: chiudere un progetto e iniziarne uno nuovo, terminare una chiamata e aprire un’email, completare un compito e prepararsi al prossimo. In questi momenti di transizione, spesso ci portiamo dietro il “peso mentale” di ciò che abbiamo appena fatto, rendendo difficile concentrarsi su ciò che dobbiamo fare dopo.

Ed è proprio qui che entra in gioco l’Interstitial Journaling: una pratica semplice ma potente che mi ha aiutato a ottimizzare la mia produttività e a mantenere il focus nelle transizioni quotidiane. In questo articolo ti racconto come utilizzo questa tecnica, integrandola nel mio journaling su Obsidian, per svuotare la mente, migliorare la consapevolezza e ridurre la procrastinazione.

Cos’è l’Interstitial Journaling?

Proposto inizialmente da Tony Stubblebine e ripreso da Ness Labs, l’Interstitial Journaling è un approccio che prevede di annotare pensieri e riflessioni ogni volta che si passa da un’attività a un’altra. La pratica consiste nel rispondere a domande semplici come:

• Cosa ho appena fatto?

• Come mi sento riguardo al risultato?

• Cosa sto per fare?

• Quali sono le mie aspettative?

Questo processo svuota letteralmente la mente, permettendo di chiudere mentalmente l’attività precedente e prepararsi con chiarezza e intenzione alla successiva.

Perché Praticare l’Interstitial Journaling?

1. Svuotare la mente

Ogni attività che svolgiamo lascia un “residuo cognitivo”, che può interferire con il nostro focus sul compito successivo. Annotare ciò che abbiamo appena fatto riduce questo peso mentale.

2. Ridurre la procrastinazione

Tenendo traccia di ciò che facciamo e di come ci sentiamo, diventiamo più consapevoli delle frizioni o dei blocchi che possono portare a procrastinare. È più facile affrontare le difficoltà se sono chiaramente identificate.

3. Migliorare la produttività

Passare consapevolmente da un’attività all’altra significa ridurre i tempi di transizione e aumentare l’efficacia. Non solo fai di più, ma lo fai meglio.

4. Coltivare la consapevolezza

Riflettere su ciò che hai fatto e su ciò che farai ti permette di vivere le tue giornate con maggiore intenzionalità, evitando di agire in modalità “pilota automatico.”

Come Integro l’Interstitial Journaling nella Mia Routine

Ho integrato questa pratica nel mio journaling quotidiano su Obsidian, adattandola al mio flusso di lavoro. Ecco come faccio:

1. Uso di un Template

Ho creato un template dedicato, che posso caricare facilmente nelle Daily Notes di Obsidian. Questo template include domande strutturate per guidarmi nella pratica:

[Ora]: Quale attività ho appena terminato?

[Risultato]: Come mi sento riguardo a ciò che ho fatto?

[Prossima attività]: Cosa sto per fare e quali sono le mie aspettative?

Il template rende il processo rapido e replicabile, eliminando qualsiasi frizione.

2. Annotazioni Dettagliate

Ogni volta che termino un’attività, prendo nota:

• Cosa ho fatto: Un breve riepilogo del compito completato.

• Come mi sento: Un commento sul risultato o su eventuali difficoltà.

• Prossimi passi: Scrivo una lista puntata con ciò che devo fare, trasformando le azioni concrete in checkbox (usando Markdown).

3. Monitoraggio delle Pause

Un elemento fondamentale dell’Interstitial Journaling è annotare anche quando ti fermi e perché. Questo può sembrare banale, ma tenere traccia delle pause aiuta a capire se sono necessarie o dettate dalla procrastinazione.

Esempio:

• Ora: 15:30

• Attività precedente: Brainstorming per articolo.

• Motivo della pausa: Stanchezza mentale, pausa caffè di 15 minuti.

Benefici Che Ho Notato

Dopo alcune settimane di pratica costante, ho notato diversi miglioramenti:

• Meno dispersione mentale: Scrivere ciò che ho fatto mi aiuta a chiudere mentalmente le attività e a rimanere concentrato.

• Maggiore produttività: La transizione tra attività è diventata più rapida e fluida.

• Consapevolezza delle abitudini: Monitorare le pause mi ha fatto notare schemi di comportamento che non avevo considerato, come il bisogno di pause più frequenti nelle ore pomeridiane.

Consigli per Iniziare

  1. Inizia con semplicità: Prova questa pratica per una settimana, annotando solo i passaggi principali. Non è necessario farlo digitalmente. L’idea funziona benissimo anche su carta!
  2. Personalizza il processo: Adatta le domande e il template alle tue esigenze specifiche.
  3. Sii costante: Come ogni abitudine, l’Interstitial Journaling richiede tempo per consolidarsi. Fai in modo che diventi parte del tuo flusso quotidiano.

Leggi anche: Scrivere per Ricordare: Il Potere di un Commonplace Book nell’Era dell’AI

Conclusione: Una Pratica Piccola con Grandi Benefici

L’Interstitial Journaling può sembrare un’attività banale, ma ha un impatto sorprendente sulla produttività e sulla consapevolezza. È una pratica che non solo ottimizza la gestione del tempo, ma trasforma il modo in cui ti approcci alle tue giornate.

Se vuoi sapere di più su come integrare queste tecniche nel tuo journaling, puoi leggere il mio articolo su Journaling per Principianti.

Passare da Spotify a Qobuz

Ho lasciato Spotify. Ecco perché.

Certe scelte non arrivano da un giorno all’altro. Sono la somma di piccoli segnali, domande che ti porti dietro per mesi senza trovare il tempo di ascoltarle. Fino a quando succede qualcosa che ti costringe a guardare in faccia il problema. Nel mio caso, è iniziato con i libri.

La doccia fredda del DRM

Un giorno, Amazon mi ha inviato una mail: dal 26 febbraio non potrai più scaricare i tuoi libri. Erano libri che avevo comprato, non noleggiato. Eppure, venivo informato che sarebbero rimasti disponibili solo sulla loro piattaforma. A quel punto ho scoperto una verità che molti ignorano: quando compri un ebook su Amazon, non acquisti il libro. Acquisti una licenza d’uso. Non puoi copiarlo, non puoi prestarlo, non puoi nemmeno garantirti che rimanga uguale nel tempo. Amazon potrebbe rimuoverlo, modificarlo, censurarlo, e tu non potresti farci nulla.

Quella scoperta mi ha lasciato stordito. Non mi stavano togliendo un oggetto, ma il diritto di possedere cultura. Quei libri erano parte di me. Rappresentavano il mio percorso, la mia evoluzione. E ora mi accorgevo che non erano mai stati davvero miei.

La musica e l’illusione del possesso

È lì che ho fatto un salto mentale: se questo succede con i libri, cosa succede con la musica?

Da musicista, l’idea di affidare tutta la mia esperienza d’ascolto a una piattaforma come Spotify ha iniziato a farmi paura. E se domani decidessero di alzare i prezzi? O di cancellare certi brani o album? Io cosa avrei davvero?

Mi sono visto per quello che ero: un consumatore passivo. Qualcuno che aveva delegato a un algoritmo la scelta di cosa ascoltare. Non c’era più scoperta, più attenzione, più amore. Solo frammenti, playlist infinite, musica di sottofondo.

Spotify mi aveva insegnato a saltare da un brano all’altro. Avevo perso la capacità di ascoltare un album per intero, di lasciarmi portare da una narrazione sonora. Esattamente come era successo con i libri e l’infodieta, anche qui avevo bisogno di una svolta.

Qobuz: un’alternativa possibile (e necessaria)

L’ho trovata in Qobuz. Un nome strano, che a molti suonerà nuovo. Ma per me è diventata una scelta di campo.

Qobuz offre musica in qualità CD e hi-res (fino a 24-bit, 192 kHz). E la cosa più importante: ti permette di acquistare gli album DRM-free. Questo vuol dire che una volta comprati, sono davvero tuoi. Puoi tenerli, archiviarli, copiarli. Nessuno può toccarli o decidere cosa succede ai tuoi file. È una forma di libertà culturale che avevo dimenticato.

Ma c’è di più. Qobuz non è solo una piattaforma di streaming. È un ecosistema per chi ama davvero la musica:

•Magazine editoriali curati da critici, giornalisti e musicisti.

•Playlist tematiche costruite con criterio umano, non da un algoritmo.

•Libretti digitali da sfogliare, recensioni, contesto storico.

•Sezioni come “discografie essenziali”, novità consigliate, approfondimenti per genere.

Ieri, ad esempio, ho ascoltato una playlist con i brani pubblicati dai Beatles dopo lo scioglimento della band, il 10 aprile 1970. Ogni canzone era contestualizzata, spiegata. Era un’esperienza. Non un sottofondo.

Rallentare per sentire di più

Ho rispolverato le mie Beyerdynamic DT990 Pro, le stesse cuffie che usavo per mixare e fare mastering. Ho ascoltato di nuovo alcuni brani che pensavo di conoscere. E sono rimasto senza parole. Era come se non li avessi mai sentiti prima.

Mi sono chiesto: perché mi ero abituato a meno?

Perché avevo barattato la profondità con la comodità?

Da allora ho cambiato abitudine. Ascolto un album alla volta. Lo tengo in alta rotazione per giorni. A casa uso le cuffie aperte, in giro porto le Momentum 4. E quando trovo un album che voglio davvero tenere con me, lo compro con lo sconto per gli abbonati annuali. Sto iniziando una collezione personale, fatta di musica vera, possessa, scelta, curata.

Tornare ad essere il curatore della propria cultura

Ho capito che non voglio essere un consumatore casuale. Voglio essere un curatore consapevole.

Voglio ascoltare, non saltare. Voglio imparare, non solo sentire. Voglio nutrirmi, non solo distrarmi.

E forse la cosa più bella è che questo passaggio a Qobuz non è solo un cambio di piattaforma. È l’ennesimo passo nel mio percorso di consapevolezza. È la prosecuzione di ciò che ho iniziato con la dieta informativa, con la costruzione del secondo cervello, con la meditazione e il journaling.

È un modo per tornare a scegliere.

Oggi so che non possedere cultura è pericoloso. Che non scegliere cosa entra nella mia mente è una forma di rinuncia. E che un altro modo di vivere la musica – e la vita – è possibile.

Io ho scelto il mio.

Per continuare il viaggio

Questa non è solo la storia di un abbonamento. È un frammento di un percorso più ampio, che riguarda la consapevolezza, la cultura e la libertà interiore.

Se ti interessa esplorare gli altri passaggi di questo cammino, forse ti piaceranno anche questi articoli:

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Come costruisco il mio secondo cervello

Un sistema vivo, personale e creativo per trasformare ciò che leggo in ciò che sono.

Gedachten van analogisch tot digitaal

Dal Journaling Guidato al Secondo Cervello: Scrivere per Pensare Meglio

Il journaling è, senza dubbio, l’attività atelica più importante che ho integrato nella mia vita da quando mi sono trasferito nei Paesi Bassi. Ogni giorno, pagina dopo pagina, ho costruito una sorta di macchina del tempo su carta. Oggi mi basta sfogliare quei quaderni per ritrovare i pensieri, le emozioni e le sensazioni che hanno definito chi ero in quel momento.

Se vuoi davvero trasformare la tua pratica di journaling in uno strumento per la crescita personale, c’è una chiave semplice ma fondamentale: rileggere.

Scrivere senza aspettative, con l’unico scopo di svuotare la mente, è il primo passo. Ma è nella rilettura che avviene la vera trasformazione: ti permette di individuare pattern ricorrenti, scovare errori di valutazione, correggere approcci e, soprattutto, rivivere momenti che altrimenti andrebbero perduti.

In questo articolo ti spiegherò come ho unito journaling guidato su carta e organizzazione digitale delle idee in un sistema ibrido che mi permette di pensare meglio, riflettere in profondità e costruire un secondo cervello con Obsidian.

Scoprirai come funziona la mia routine quotidiana, come seleziono le riflessioni più importanti, come le collego tra loro e come questo processo abbia trasformato il mio modo di pensare e crescere.

Perché Ho Scelto una Routine Ibrida di Journaling

La scrittura a mano su un diario è sempre stata parte integrante della mia vita. Mi permette di rallentare, riflettere e connettermi in modo più profondo con ciò che penso e provo. Tuttavia, con il passare del tempo, ho sentito il bisogno di un metodo per integrare queste riflessioni in un sistema più organizzato e accessibile.

Ed è qui che entra in gioco Obsidian. Questo strumento digitale non solo mi consente di archiviare le mie note in modo ordinato, ma mi dà anche la possibilità di creare collegamenti tra idee, costruendo un vero e proprio “secondo cervello.” L’ibridazione tra analogico e digitale è diventata la soluzione perfetta per un journaling più ricco e funzionale.

Leggi anche: Costruire un Secondo Cervello con Obsidian: il metodo per organizzare idee e conoscenza

La Mia Routine Giornaliera con il Diario Cartaceo

Ogni mattina inizio la giornata con il mio diario cartaceo. Scrivo senza filtri: pensieri, emozioni, eventi significativi o semplicemente idee che mi vengono in mente. Non ci sono regole rigide, ma un flusso libero che mi aiuta a liberare la mente e a entrare e rimanere in contatto con il presente.

Scrivere a mano mi offre qualcosa che il digitale non riesce a replicare: un senso di autenticità e intimità. Il flusso dei pensieri rallenta al passo della velocità di scrittura e diventa automaticamente più chiaro e limpido. È come avere una conversazione con me stesso, senza distrazioni.

Per esempio, il mio diario è il luogo in cui traccio i miei progressi, rifletto su decisioni importanti e talvolta esprimo gratitudine per le piccole cose. È stato anche importantissimo nell’elaborare la perdita di mia madre. Ogni giorno, anche e soprattutto negli ultimi giorni insieme, ho scritto tutto ciò che provavo. Tutte le sensazioni che erano troppo forti e potenti per pensare di poterle gestire. Eppure sentivo che doveva esserci un modo per usarle a nostro favore. Verbalizzarle avrebbe magari aiutato me e molti altri a comprenderle meglio.

Lees ook: Interstitial Journaling, una strategia per aumentare focus e produttività

Il Passaggio al Digitale: Sintesi con Obsidian

Alla fine di ogni settimana, di solito la domenica mattina, dedico un momento per rivedere ciò che ho scritto sul diario cartaceo. Scelgo le parti più significative e le trasferisco in Obsidian, organizzandole in una nota settimanale. Questo è il momento in cui le mie riflessioni diventano azioni.

Ecco come funziona:

1. Selezione: Rileggo le mie note cartacee e scelgo i pensieri o gli eventi che meritano di essere approfonditi o collegati ad altre idee. Li evidenzio secondo un mio codice. Per poi poterli ritrovare facilmente a fine revisione.

2. Organizzazione: Creo una nuova nota in Obsidian e inserisco i punti salienti, utilizzando 4 sezioni:

  • Riassunto della settimana. Qui scrivo brevemente cosa ho fatto durante i 7 giorni precedenti.
  • Lavoro. Qui riporto riflessioni, accadimenti, idee riguardanti esclusivamente il lavoro.
  • Riflessioni. Qui riporto idee, sensazioni, pensieri che meritano un approfondimento.
  • 3 Highlights. In questa sezione invece riporto in una frase tre accadimenti importanti della settimana.

3. Collegamenti: Aggiungo link ad altre note in Obsidian, costruendo connessioni tra idee. Ad esempio, un pensiero sulla gestione del tempo può collegarsi a una nota più ampia sul mio metodo di produttività, portandomi ad incrementare o modificare il modo di lavorare.

Questo processo non è solo utile, ma anche estremamente appagante. Mi permette di vedere come i pensieri di un giorno o di una settimana possano evolvere e intrecciarsi con altri, creando nuove intuizioni.

Come Obsidian Arricchisce la Mia Routine di Journaling

Obsidian è molto più di un semplice archivio digitale. È uno strumento che mi consente di dare nuova vita alle mie idee. Grazie alla funzione di link interni, posso connettere concetti diversi e scoprire pattern che non avevo notato prima.

Ad esempio, una nota settimanale può portarmi a creare un progetto più ampio, come un articolo o una nuova idea per il lavoro. Questo livello di flessibilità e dinamicità non sarebbe possibile con un semplice diario cartaceo.

Inoltre, con la pratica dell’Interstitial Journaling (presto ne scriverò), una strategia per aumentare focus e produttività, posso ottimizzare la produttività e mantenere la concentrazione nelle diverse attività, senza perdere la visione a lungo termine. Questa abitudine è diventata presto indispensabile nella mia The Polymath Quest.

I Benefici di una Routine Ibrida tra Carta e Digitale

Integrare carta e digitale nella mia routine di journaling ha portato enormi benefici. Ecco alcuni esempi concreti:

  • Profondità di riflessione: La scrittura a mano mi aiuta a connettermi con le emozioni, mentre Obsidian mi consente di trasformare quei pensieri in idee strutturate.
  • Organizzazione e accessibilità: Le note digitali sono facilmente consultabili e sempre a portata di mano.
  • Pensiero critico: Collegare idee diverse in Obsidian mi permette di sviluppare un approccio più analitico e creativo.
  • Eredità personale: Il diario cartaceo conserva il lato umano e intimo delle mie riflessioni, mentre il digitale garantisce che tutto sia preservato nel tempo.

Conclusione: Un Metodo di Journaling che Mi Fa Crescere Ogni Giorno

Questa routine di journaling ibrido ha trasformato il mio modo di riflettere, organizzare e crescere. Non si tratta solo di registrare pensieri o eventi, ma di costruire un sistema che evolve con me e che alimenta il mio pensiero critico.

Non so se questa pratica sia adatta a tutti, ma spero che la mia esperienza possa ispirarti a trovare il tuo equilibrio tra analogico e digitale. Se vuoi iniziare, dai un’occhiata al mio articolo sul Journaling per Principianti per scoprire come il journaling può arricchire la tua vita.

libri antichi di sapienza

Scrivere per Ricordare: Il Potere di un Commonplace Book nell’Era dell’AI

L’intelligenza artificiale può ricordare tutto, ma tu?

Il problema della memoria nell’era digitale

Viviamo in un’epoca in cui consumiamo contenuti in modo frenetico. Sempre più brevi, sempre più frammentati. Qualcuno pensa e struttura le informazioni per noi, e alla fine rischiamo di perdere l’abitudine – o forse il diritto – di elaborare il nostro pensiero in modo autonomo.

Le AI immagazzinano miliardi di dati, ma ricordare non significa solo archiviare informazioni. Significa elaborarle, metterle in relazione, trovare nessi con ciò che già sappiamo. Il problema non è che abbiamo troppa poca informazione, ma che non sappiamo più cosa farne.

Per questo ho scoperto che tenere un commonplace book è una via d’uscita da questa trappola. Non un passatempo nostalgico, ma un modo per fermarsi, selezionare ciò che conta e farlo proprio.

Leggi anche L’arte della memoria: come ho riscoperto il potere di ricordare

Cos’è un Commonplace Book e perché è sempre esistito

In sostanza, è un taccuino in cui si raccolgono pensieri, citazioni, concetti e osservazioni che risuonano con noi. Un archivio mentale su carta. Non è un’invenzione moderna: Aristotele parlava di topoi, luoghi comuni del pensiero, e nel Rinascimento lo zibaldone era già diffuso tra intellettuali e studiosi. John Locke sviluppò un metodo per organizzare le annotazioni, mentre pensatori come Marcus Aurelius, Virginia Woolf e Thomas Jefferson hanno lasciato testimonianze dei loro commonplace books.

Ma alla fine, il punto non è la storia o la tecnica, è il perché. Perché vale la pena tenere uno di questi taccuini?

Il Mio Metodo: Perché tengo tre taccuini

Non c’è un unico modo per farlo. Io, ad esempio, ne tengo tre:

  • Morning Pages – Ogni mattina scrivo tre pagine a mano, senza filtro. È un esercizio per liberare la mente, sciogliere i pensieri e iniziare la giornata con più chiarezza. (Ne ho parlato qui)
  • Taccuino di Tolstoj – Anoto citazioni da Pensieri per ogni giorno e ci rifletto su. Scrivere a mano mi costringe a rallentare, e questo mi aiuta a interiorizzare meglio i concetti. Col tempo ho scoperto che la scrittura mi permette di collegare idee tra loro, anche tra fonti diverse. 
  • Raccolta di Citazioni e Poesie – Qui raccolgo testi che voglio ricordare, parole che sento importanti. Rileggerli a distanza di tempo mi dà una prospettiva diversa e, a volte, mi aiuta a trovare risposte senza doverle cercare altrove. In più, è un’ottima alternativa al doom scrolling

3 commonplace books sul tavolo

Oltre la scrittura: il legame con il deep reading e il deep listening

Col tempo mi sono accorto che il mio commonplace book non riguarda solo la scrittura, ma anche il modo in cui leggo e ascolto.

  • Reading Journal su “Guerra e Pace” – Sto facendo un deep reading del romanzo, prendendo note, collegando idee, cercando riferimenti. Anziché leggere in modo passivo, mi sto prendendo il tempo di esplorare ogni sfumatura. (Ne ho parlato qui)
  • Listening Journal sulla musica classica – Lo stesso accade con la musica: quando ascolto, scrivo le mie impressioni, le connessioni con ciò che già conosco, l’effetto che ha su di me. (Leggi di più sul Deep Listening)

È un modo per rendere più consapevole la mia esperienza, per dare spessore a qualcosa che altrimenti scivolerebbe via.

Perché lo faccio

A prima vista, questo articolo potrebbe sembrare in contrasto con quello che ho scritto su come utilizzo l’AI per studiare e imparare meglio. In realtà, più studio e comprendo l’AI e il suo impatto sulla società, più mi rendo conto di quanto sia fondamentale avere basi solide: la scrittura a mano, il ragionamento critico, il pensiero profondo, la riflessione filosofica. Tutto ciò che i computer non potranno mai replicare della nostra umanità.

Questo equilibrio tra tecnologia e tradizione è quello che voglio coltivare. Non per essere più produttivo. Non per diventare un’enciclopedia vivente. Ma perché mi piace l’idea di costruire una mia enciclopedia personale, che nel tempo diventa una fotografia di ciò che penso, delle mie passioni, dei miei interessi. Un archivio della mia mente.

Tenersi lontani dal consumo passivo e selezionare ciò che merita spazio nella mia vita è diventato un piacere. Un piccolo rito quotidiano, fatto di carta, inchiostro e silenzio.

Come iniziare senza troppa teoria

Se qualcuno mi chiedesse come iniziare, direi semplicemente: prendi un taccuino e scrivi. Scrivi qualcosa che ti colpisce. Scrivi qualcosa che vuoi ricordare. Non serve un metodo perfetto, non serve un ordine preciso. Serve solo la voglia di dare spazio ai tuoi pensieri. Se poi il tempo lo trasforma in un archivio mentale ricco e stratificato, meglio così.

Conclusione: Scrivere è sempre stato un bisogno umano

Dagli ideogrammi sulle tavolette di argilla agli appunti digitali, l’uomo ha sempre cercato un modo per fissare il pensiero. Se valeva la pena farlo migliaia di anni fa, forse vale ancora oggi. Non perché sia utile in senso stretto, ma perché è nostro. Perché ci appartiene.

Viviamo in un’epoca in cui possiamo affidare la nostra memoria a dispositivi esterni, delegare l’organizzazione del sapere ad algoritmi e lasciare che siano altri a scegliere quali informazioni sono rilevanti. Eppure, proprio in questo contesto, il gesto di scrivere a mano, di selezionare e riflettere sulle parole, diventa ancora più potente. Non è solo un esercizio di stile o una nostalgia per il passato: è un atto di resistenza contro la superficialità, una dichiarazione di indipendenza dal flusso incontrollato di informazioni.

Quando prendiamo nota di qualcosa, non stiamo solo archiviando dati: stiamo costruendo significati. Ogni pagina di un commonplace book è un tassello del nostro pensiero, un segnale della nostra evoluzione intellettuale. Rileggere le proprie note dopo mesi o anni significa osservare il percorso della nostra mente, capire come siamo cambiati, quali idee hanno resistito e quali sono state abbandonate.

In un mondo in cui la conoscenza sembra sempre più automatizzata, scrivere per ricordare è un modo per riaffermare la nostra umanità. Non perché sia più efficiente, ma perché è profondamente nostro.

orologio che mostra la perdita di tempo
Photo by Sonja Langford on Unsplash

Come ho smesso di perdere tempo online

Quando ho capito che il mio tempo non era più mio

Non ho mai pensato al digitale come a un problema. Finché, un giorno, ho fatto un semplice calcolo.

Ho guardato quanto tempo passavo ogni giorno tra social, articoli salvati che non leggevo mai, notifiche e aggiornamenti. E mi sono fatto due domande:

  • Dove va a finire questo tempo?
  • E cosa avrei potuto farci se fosse stato davvero mio?

All’inizio, la risposta mi ha disturbato. Non era tanto il numero di ore sprecate, ma la sensazione che qualcuno stesse decidendo per me come usarle.

Il tempo rubato dalla frammentazione

Non erano solo i social, non era solo il doomscrolling. Il problema più grande era la frammentazione dell’attenzione.

Ogni giorno, la mia mente passava da una notifica a una news, da un articolo lasciato a metà a un messaggio senza risposta. Saltavo da una cosa all’altra, incapace di stare fermo su qualcosa abbastanza a lungo da assimilarlo davvero.

  • Non riuscivo più a leggere libri come prima. La mia mente si annoiava dopo poche pagine, cercava nuovi stimoli. Ero ancora ben lontano dal Deep Reading e il recupero della concentrazione)
  • Non riuscivo più a scrivere in modo fluido. I pensieri arrivavano in modo disordinato, riflesso della mia attenzione sempre frammentata. Solo il Journaling e Morning Pages tenevano duro.
  • Anche il tempo libero non era più davvero libero. Mi sembrava di essere sempre impegnato, eppure non costruivo nulla di concreto.

Tutto questo accadeva mentre il tempo scivolava via, giorno dopo giorno, senza che ne avessi davvero il controllo.

Riprendermi il tempo: una questione di scelte

Non ho eliminato tutto da un giorno all’altro. Ho fatto un Digital Detox più intelligente:

Ho deciso che sarei stato io a scegliere cosa meritava il mio tempo.

Il primo passo è stato ridurre il rumore e riconoscere la differenza tra consumo e creazione.

  • Ho tolto il superfluo. Alcuni contenuti sembrano importanti, ma non lo sono. (Leggi qui come impostare una Dieta informativa).
  • Ho ridato spazio alla lettura profonda. Non un accumulo di informazioni, ma un processo per assimilarle. (Come leggere più libri contemporaneamente)
  • Ho sostituito il consumo passivo con la scrittura. Non solo per ricordare, ma per costruire un archivio di pensieri. (Iscriviti alla newsletter per non perdere il prossimo articolo: Commonplace Book: scrivere per ricordare).

Leggi qui Come costruire un secondo cervello.

E più toglievo, più ritrovavo tempo.

Tempo che prima non esisteva. Tempo che non era mai stato perso, ma solo sepolto sotto un rumore di fondo che non lasciava spazio a nulla di significativo.

Il vero cambiamento

La verità è che non mi mancava nulla.

  • Non sentivo il bisogno di tornare a scrollare. La mia attenzione si era abituata a stimoli di qualità superiore.
  • Non sentivo il bisogno di essere aggiornato su tutto. Avevo capito che conoscere tutto in tempo reale non serve.
  • Non sentivo il bisogno di essere sempre connesso. Ero più presente nel mio tempo, nella mia vita.

Per anni ho pensato che il digitale mi permettesse di fare di più. In realtà, mi stava solo tenendo impegnato, senza lasciarmi costruire nulla di mio.

Oggi, quando qualcuno mi chiede: “Ma come fai a fare tutto?”
La risposta è semplice: ho smesso di perdere tempo con ciò che non conta.

Conclusione: Il tempo è tuo, se decidi di riprenderlo

L’illusione più grande del digitale è che ci aiuti a ottimizzare il tempo. Ma il tempo non si ottimizza, si vive.

  • Se non scegli tu come usarlo, qualcun altro lo farà per te.
  • Se lo lasci frammentare in mille distrazioni, non sarà mai tuo davvero.
  • Se invece lo riprendi, scoprirai che non è mai stato poco. Era solo disperso.
Photo by nikko macaspac on Unsplash
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Ciò che Sai È il Risultato di Ciò che Hai Scelto di Ignorare

Perché quello che ignori è più importante di quello che sai

Non ho deciso da un giorno all’altro di adottare una dieta informativa. È stato un processo graduale, innescato dai sintomi: una costante sensazione di dover essere sempre aggiornato, un’ansia latente che mi spingeva a controllare continuamente nuove informazioni, la FOMO (ne ho parlato qui). Il risultato? Meno energia mentale, meno lucidità, meno capacità di essere presente nel momento. La mia attenzione era sempre frammentata, come se dovessi continuamente rincorrere qualcosa.

Ma la vera presa di coscienza è arrivata quando mi sono accorto che non riuscivo più a leggere testi lunghi con la stessa concentrazione di un tempo. Saltavo da un contenuto all’altro senza mai fermarmi davvero su nulla. Mi sembrava di nutrirmi di qualcosa, ma in realtà era come mangiare al fast food: tanto sapore immediato, ma zero sostanza. E dopo un’ora avevo di nuovo “fame”.

Più informazioni non significano più conoscenza

Per capire meglio cosa mi stava succedendo, ho iniziato a studiare il funzionamento del cervello. Ho scoperto che la corteccia prefrontale, la parte più evoluta e razionale del nostro cervello, è responsabile della concentrazione, del pensiero critico e della regolazione emotiva. Ma quando siamo esposti a troppi stimoli, entra in difficoltà: il sovraccarico informativo la manda in tilt, lasciando spazio alle parti più istintive del cervello, quelle che ci fanno reagire d’impulso e ci spingono verso il consumo compulsivo di contenuti.

Non è un caso se molti di noi fanno fatica a stare concentrati su un libro (leggi l’articolo sul Deep Reading), a mantenere il focus per lungo tempo o a ricordare realmente ciò che leggono. Il problema non è il contenuto in sé, ma il modo in cui lo consumiamo.

Il mio esperimento: cosa ho ignorato per capire meglio

  • Primo passo: togliere i social media come fonte informativa

Ho eliminato le app dal telefono. Instagram? Non lo uso più da anni (dopo il mio Digital Detox). Facebook lo tengo solo per condividere i miei articoli in italiano, LinkedIn per quelli in olandese. Il risultato? Più spazio mentale, meno esposizione alla polarizzazione e ai clickbait.

  • Secondo passo: selezionare poche fonti affidabili

Non volevo più subire un bombardamento di informazioni casuali. Ho scelto di seguire poche fonti autorevoli, come Internazionale, che traduce articoli da testate di tutto il mondo. Il criterio era semplice: meno intermediari tra me e il fatto. Ho applicato lo stesso principio che uso per costruire il mio Secondo Cervello (leggi qui di che si tratta): ogni informazione che entra deve valere il tempo che le dedico.

  • Terzo passo: creare un criterio di selezione per la lettura

Mi sono dato delle regole:

    • Un articolo lungo alla settimana, analizzato con attenzione.
    • 3-5 articoli brevi su argomenti di mio interesse.
    • Un libro di non-fiction per approfondire un tema.
    • Un libro di narrativa o letteratura per rilassarmi e affinare il pensiero astratto.

Readwise per evidenziare articoliHo iniziato a usare Readwise e il suo Reader per raccogliere e gestire ciò che leggo. Quando trovo qualcosa di interessante, lo salvo lì, evitando il consumo compulsivo. Poi, nei momenti in cui potrei cadere nel mindless scrolling, apro Readwise e mi concentro su ciò che ho selezionato. Gli estratti più significativi li evidenzio e li mando su Obsidian, dove entrano nel flusso del mio Secondo Cervello.

Cosa succede quando inizi a ignorare meglio

  • Più calma mentale – Eliminare il sovraccarico informativo mi ha restituito la capacità di fermarmi e riflettere.
  • Più focus e concentrazione – Ora riesco a dedicarmi alla lettura senza il bisogno costante di saltare da una cosa all’altra. Ho ripreso a leggere più libri contemporaneamente e a dedicarmi all’ascolto profondo (Deep Listening).
  • Maggiore capacità di selezione e pensiero critico – Leggere articoli e libri con un metodo mi ha reso più consapevole di cosa valga davvero il mio tempo e la mia attenzione. Ho sviluppato un gusto più raffinato: oggi mi accorgo subito se un contenuto è ben scritto, se un pensiero è originale o se è solo una ripetizione di idee già sentite.
  • Non riesco più a consumare contenuti mediocri – Questo è stato l’effetto più inaspettato. Quando il tuo cervello si abitua a ragionamenti più raffinati, i contenuti superficiali diventano noiosi. Mi accorgo subito quando un libro è scritto per un pubblico medio, quando un articolo semplifica troppo, quando un video punta più a trattenere che a informare. Questo ha cambiato radicalmente il modo in cui scelgo cosa leggere e approfondire.

Come scegliere cosa sapere (e cosa ignorare)

“Your experience of being alive consists in nothing other than the sum of everything you pay attention to.”

I social media danno l’illusione di essere gratuiti, ma in realtà richiedono la valuta più preziosa in assoluto: il tuo tempo e la tua attenzione. Ogni contenuto che scorri, ogni post che commenti, ogni video che guardi per “due minuti” e che poi si trasforma in mezz’ora, è un investimento di attenzione che potresti impiegare in modo più consapevole.

  1. Rivaluta il ruolo dei social media: Non sono strumenti di informazione, ma di intrattenimento (o distrazione). Il loro obiettivo non è offrirti contenuti di qualità, ma trattenerti il più a lungo possibile.
  2. Seleziona con attenzione le fonti: Non importa sapere tutto, importa sapere bene ciò che conta. Scegli pochi canali e seguili con costanza.
  3. Stabilisci regole per il consumo di contenuti: Decidi in anticipo cosa leggere e quando farlo. La qualità dell’input determina la qualità dell’output.
  4. Sostituisci lo scrolling con momenti di lettura consapevole: Se pensi di non avere tempo per informarti, controlla quante ore passi al telefono ogni giorno. Potresti avere più tempo di quanto credi.

Conclusione

Siamo circondati da più informazioni di quante ne possiamo gestire. Ma più non significa meglio. Così come scegliamo con cura cosa mangiare per nutrire il corpo, dobbiamo selezionare cosa consumiamo per nutrire la mente. Se l’attenzione è la nostra risorsa più preziosa, imparare a usarla bene è la vera chiave per vivere con più lucidità e consapevolezza.

een persoon die diep geconcentreerd naar muziek luistert.

Come ho scoperto il Deep Listening (e perché ha cambiato tutto)

Viviamo immersi in un costante sottofondo sonoro. La musica è ovunque: nei supermercati, nei ristoranti, negli spot pubblicitari. Eppure, raramente la ascoltiamo davvero.

Per anni ho consumato musica senza pensarci troppo, come la maggior parte delle persone. Ascoltavo canzoni mentre facevo altro, saltavo da un brano all’altro senza mai fermarmi a coglierne i dettagli. Ma un giorno qualcosa è cambiato.

Ero in macchina, dopo una lunga giornata di lavoro. Alla radio passava Così parlò Zarathustra di Richard Strauss. Le prime note mi erano familiari: il celebre incipit reso immortale da 2001: Odissea nello spazio. Ma poi è arrivato il secondo movimento. Non l’avevo mai sentito prima.

E qualcosa è scattato.

Sono rimasto seduto in macchina, incapace di spegnere il motore e scendere. Volevo sentire ogni sfumatura, ogni crescendo, ogni pausa. Per la prima volta, non stavo solo ascoltando la musica. La stavo vivendo.

Quella serata ha segnato l’inizio di un viaggio. Ho voluto capire cosa fosse successo e come potevo replicare quell’esperienza. Ho scoperto il concetto di deep listening e ho iniziato a esplorare un modo completamente nuovo di vivere la musica.

Il mio metodo per il deep listening

Con il tempo ho sviluppato un percorso di ascolto progressivo, una sorta di allenamento per affinare la capacità di percepire la musica a un livello più profondo.

1. Primo ascolto: l’impatto emotivo

La prima volta che ascolto un brano, mi lascio trasportare. Non analizzo nulla, non cerco di capire la struttura. Voglio solo percepirne l’effetto emotivo, la sensazione che mi lascia.

2. Riascolto con attenzione ai dettagli

Al secondo ascolto, inizio a fare caso agli strumenti, alle dinamiche, alle scelte timbriche. Quali strumenti emergono nei momenti chiave? Come si sviluppa la tensione? Quali sono le caratteristiche dello stile del compositore?

3. L’AI come guida all’ascolto

A questo punto entra in gioco l’AI. Uso ChatGPT per approfondire il brano da diverse angolazioni:

  • Chiedo un’analisi della struttura musicale.
  • Esploro il contesto storico e le influenze del compositore.
  • Verifico se ci sono interpretazioni diverse e cosa le distingue.
  • Chiedo suggerimenti su brani correlati per ampliare la mia comprensione.

L’AI diventa una sorta di mentore musicale, aiutandomi a collegare il pezzo a un panorama più ampio. Non è un caso che uitlizzi strutturalmente ChatGPT anche come assistente letterario.

4. Ascoltare con la partitura

L’ultimo passo è il più intenso: seguire la partitura mentre ascolto. Questo mi permette di visualizzare la costruzione musicale, di cogliere i contrappunti, le armonie, le scelte ritmiche. È un’esperienza completamente diversa, che svela il brano in modo quasi tridimensionale.

Perché il deep listening ha cambiato il mio modo di vivere la musica

La cosa sorprendente è che, proprio come con il mio secondo cervello, questo tipo di ascolto ha affinato la mia capacità di percezione in generale. Quando una persona parla, riesco a cogliere sfumature e dettagli che prima mi sfuggivano. È come se avessi allenato un muscolo dell’attenzione.

Ma c’è di più.

Ascoltare musica in profondità ha cambiato il modo in cui vivo il tempo. È diventato un atto di presenza, di immersione totale. È l’opposto dello scrolling senza fine, del consumo passivo. È un’esperienza che ti riporta a te stesso.

Vuoi provare? Un semplice percorso in 4 passi:

Non è necessario iniziare con la musica classica. Puoi applicare il deep listening a qualsiasi genere ami. Scegli un brano che ti emoziona e prova questo percorso:

  1. Ascoltalo una prima volta senza fare nulla. Solo ascolta.
  2. Riascoltalo, facendo attenzione ai dettagli sonori.
  3. Usa l’AI per scoprire qualcosa di nuovo sul pezzo o sull’artista.
  4. Se possibile, trova la partitura e seguila mentre ascolti.

Conclusione: un’esperienza da riscoprire

Il deep listening non è un’abilità isolata, ma fa parte di un modo più ampio di vivere l’apprendimento che sto sviluppando con The Polymath Quest. È lo stesso principio che applico alla lettura profonda e all’uso strategico dell’AI per imparare. L’obiettivo non è solo ascoltare meglio, ma costruire connessioni più profonde tra le idee, affinare il pensiero critico e riscoprire il piacere della conoscenza.

Così come il mio secondo cervello mi ha insegnato a organizzare e collegare le informazioni in modo più efficace, il deep listening mi ha mostrato che anche l’ascolto può diventare una forma di esplorazione profonda.

Se hai mai avuto la sensazione di non riuscire a goderti davvero la musica, di ascoltarla solo superficialmente, ti invito a provare questo metodo. Non per cambiare il tuo modo di ascoltare, ma per vedere se, anche per te, può aprire nuove porte.

una rete di idee e concetti collegati tra loro

Costruire un Secondo Cervello con Obsidian: il metodo per organizzare idee e conoscenza

Viviamo nell’epoca dell’informazione, ma quanti di noi riescono davvero a darle un senso?

Negli ultimi mesi ho condiviso il mio percorso per ripensare il modo in cui studio, prendo appunti e costruisco conoscenza in un’era in cui l’accesso all’informazione è illimitato. Ho parlato di come uso l’AI per imparare meglio, di come seleziono e filtro ciò che leggo, di come rallentare la lettura mi ha permesso di comprendere più a fondo.

Ma tutto questo avrebbe poco valore senza un sistema in grado di tenere insieme il flusso continuo di idee, intuizioni e informazioni. E qui entra in gioco il Secondo Cervello.

Obsidian non è solo un’app per prendere appunti: è il cuore pulsante del mio modo di apprendere, un’estensione della mia mente che mi permette di pensare meglio, di connettere idee, di rendere ogni pezzo di conoscenza un tassello di un quadro più grande. In questo articolo spiego perché ho scelto questo metodo, come l’ho sviluppato e come ha trasformato il mio rapporto con l’apprendimento e la creatività.

Se hai mai avuto la sensazione di dimenticare troppo in fretta ciò che impari, di non riuscire a gestire il flusso di informazioni che ogni giorno ti attraversa, di leggere senza realmente trattenere… questo articolo è per te.

Qui inizia la rivoluzione nel tuo modo di imparare.

Perché creare un Secondo Cervello con Obsidian?

Ho scoperto Obsidian quasi per caso. O forse dovrei dire grazie all’algoritmo di YouTube. Come faccio sempre quando voglio approfondire qualcosa, ho iniziato a cercare sui motori di ricerca. Mi sono imbattuto nei video di Tiago Forte, che mi hanno introdotto forse per primi all’idea del Secondo Cervello. Da lì ho iniziato a esplorare più a fondo e ho visto che molte persone usavano Obsidian per costruire un ecosistema di conoscenza personale.

Così ho iniziato a usarlo anch’io. Il motivo principale? È uno strumento che visualmente ricorda le sinapsi del cervello, facilita il collegamento tra idee e permette di trasformare la conoscenza in un sistema vivo e dinamico.

metodo di studio zettelkasten

Il mio secondo cervello

Dopo un po’ di tempo ho capito che il vero cambiamento non era solo tecnico, ma mentale. La rivoluzione più grande era il passaggio dal consumare informazioni a collegarle e rielaborarle attivamente.

Dal caos all’ordine: come Obsidian cambia il modo di pensare

Il mio modo di prendere appunti è cambiato di pari passo con il tipo di informazioni che consumo. Sono passato da un approccio passivo, tipico dei social media, a un lifelong learning consapevole. Per farlo ho fatto un patto con me stesso: avrei selezionato cosa leggere e studiare solo se fossi stato disposto a elaborarlo attivamente nel mio Secondo Cervello.

Questo ha cambiato tutto:

•Ho affinato le mie fonti, selezionando contenuti di qualità e riducendo il rumore informativo.

•Ho sviluppato nuove tecniche di lettura, come leggere più libri e articoli contemporaneamente per confrontare punti di vista e creare connessioni.

•Ho creato un workflow solido, in cui ogni nuova informazione entra nel sistema solo dopo essere stata elaborata e collegata a concetti già esistenti.

Obsidian mi ha permesso di vedere la conoscenza come un organismo vivente, che cresce ed evolve con me.

Il mio metodo: come utilizzo Obsidian per costruire il mio Secondo Cervello

Il mio workflow è relativamente semplice:

  1. Identifico il concetto principale di ogni nota: ogni idea deve essere chiara, indivisibile e collegabile ad altre idee.
  2. Applico un color coding per distinguere tesi, argomenti a favore e contro.
  3. Rielaboro le informazioni a parole mie, per evitare il copia-incolla e favorire la memorizzazione attiva ( articolo collegato).
  4. Collego le nuove informazioni a quelle esistenti, cercando contrasti, approfondimenti o connessioni inaspettate.
  5. Utilizzo automazioni, come Readwise, per importare highlights da ebook e articoli e integrarli nel sistema.

Questo processo trasforma ogni input in un’opportunità di crescita reale.

Dall’input all’output: trasformare le informazioni in conoscenza con Obsidian

Un rischio che ho affrontato è stato accumulare troppe informazioni senza un fine preciso. È facile cadere nella “trappola dell’archiviazione” e dimenticare lo scopo principale: imparare a pensare meglio e a produrre contenuti di valore.

Per risolvere questo problema, ho introdotto una regola semplice: tutto ciò che entra nel Secondo Cervello deve essere utilizzato per generare output.

Scrivo mini-essays e blog per testare la mia comprensione (seguendo la Feynman Technique).

Organizzo le idee in MOCs (Map of Content) per avere sempre una visione d’insieme e facilitare il recupero delle informazioni.

Produco materiali per il mio lavoro, dalle lezioni per i miei studenti alle riflessioni per The Polymath Quest.

Solo così il Secondo Cervello diventa un vero acceleratore di pensiero e non solo un deposito di informazioni.

Come Obsidian ha cambiato il mio modo di pensare e imparare

Da quando utilizzo questo sistema, mi sono accorto di diversi cambiamenti nel mio approccio alla conoscenza:

  • Penso in modo più connesso, creando collegamenti tra le idee in modo naturale.
  • Leggo in modo più attivo, dialogando mentalmente con l’autore invece di assorbire passivamente.
  • Sono più chiaro ed efficace nell’esprimere concetti, sia nel parlare che nello scrivere.
  • Ho migliorato la mia capacità di insegnare, perché organizzo il sapere in modo più strutturato e accessibile.

Obsidian non è solo un’app, è una nuova forma mentis.

Conclusione: integrare il Secondo Cervello con il Primo

L’obiettivo finale non è solo avere un archivio digitale di conoscenza, ma integrare il Secondo Cervello con il Primo.

Più costruisco e affino il mio sistema, più mi rendo conto che la conoscenza più preziosa è quella che riesco a interiorizzare.

Per questo motivo:

•Sto tornando a scrivere a mano, per rafforzare memoria e connessione con le idee.
•Sto recuperando le tecniche di memorizzazione attiva, per consolidare ciò che voglio avere sempre con me.
•Sto distillando il sapere che conta davvero, perché non tutto merita di essere salvato.

Obsidian non è un sostituto della mente, ma un’estensione. Se usato con criterio, può trasformare il nostro modo di pensare e imparare.

Nei prossimi articoli approfondirò altri aspetti pratici su come ottimizzare il Secondo Cervello con strategie avanzate. Se vuoi rimanere aggiornato, iscriviti alla mia newsletter.

💡 Ti è mai capitato di sentire di dimenticare troppo in fretta ciò che impari? Come gestisci il tuo flusso di conoscenza?

Raccontamelo nei commenti!

espandere la comprensione del testo con ChatGPT

Leggere meglio con ChatGPT: crea il tuo assistente letterario

Un metodo per trasformare la lettura in un’esperienza più profonda

Viviamo nell’epoca dell’informazione, ma quanti di noi riescono davvero a darle un senso?

Negli ultimi mesi ho condiviso il mio percorso per ripensare il modo in cui studio, prendo appunti e costruisco conoscenza in un’era in cui l’accesso all’informazione è illimitato. Ho parlato di come uso l’AI per imparare meglio, di come seleziono e filtro ciò che leggo, di come rallentare la lettura mi ha permesso di comprendere più a fondo.

Dopo aver ripensato il mio modo di imparare con l’AI, mi sono accorto che il vero punto di partenza era leggere meglio. Il Deep Reading è diventato la base su cui costruire tutto il resto.

Ho sviluppato un metodo per leggere e comprendere in modo più profondo, usando ChatGPT non come una scorciatoia, ma come un mentore letterario. In questo articolo spiego come strutturare la lettura con l’AI per trarne il massimo beneficio.

Se hai mai avuto la sensazione di dimenticare troppo in fretta ciò che impari, di non riuscire a gestire il flusso di informazioni che ogni giorno ti attraversa, di leggere senza realmente trattenere… questo articolo è per te.

Perché il Deep Reading è essenziale

Nella nostra epoca, leggere è spesso un atto superficiale. Scorriamo articoli, ascoltiamo podcast, sfogliamo libri velocemente. Ma quanti concetti rimangono davvero con noi?

Il Deep Reading è un approccio che rallenta il processo, permettendo di:

  • Comprendere i testi in profondità invece di leggerli passivamente.
  • Costruire connessioni tra idee per sviluppare pensiero critico.
  • Memorizzare e interiorizzare meglio le informazioni, anziché lasciarle scivolare via.

Ma come applicarlo in un’epoca di distrazioni e sovraccarico informativo?

La mia risposta è ChatGPT. Se utilizzato nel modo giusto, può diventare un assistente letterario personalizzato, capace di stimolare la riflessione e affinare la comprensione.

Come ho sviluppato il mio metodo di Deep Reading con AI

Il mio approccio si sviluppa in quattro fasi. Ognuna ha un obiettivo preciso e permette di massimizzare il valore di ciò che leggo.

Prima lettura: il flusso della storia

La prima lettura è istintiva. Mi concentro sulla trama, sugli eventi e sulle emozioni che il libro mi trasmette. Non prendo appunti e non analizzo nulla. L’obiettivo è lasciarsi trasportare dal testo.

Seconda lettura: individuare temi e stile

Qui inizia il vero lavoro. Rileggo il capitolo con un occhio analitico:

  • Come viene raccontata la storia? Quali scelte stilistiche usa l’autore?
  • Quali temi emergono? Come si collegano ad altri testi che ho letto?
  • Ci sono riferimenti storici, culturali o filosofici nascosti?

Inizio a sottolineare e a segnare i punti salienti.

prendere appunti mentre si legge

Il Reading Journal: il vero apprendimento avviene qui

Dopo la seconda lettura, scrivo un’analisi nel mio Reading Journal:  Riassumo il capitolo con parole mie.  Registro le mie impressioni e riflessioni.  Identifico i temi chiave e faccio connessioni con altre letture.

A questo punto, entro in dialogo con il testo.

L’AI entra in gioco: il mentore letterario

Solo dopo aver fatto il mio lavoro personale, uso ChatGPT per affinare la mia comprensione.

Gli chiedo di:

  • Analizzare il capitolo e i temi chiave per verificare se ho trascurato dettagli importanti.
  • Fornire riferimenti storici e culturali, specialmente per romanzi complessi come Guerra e Pace.
  • Analizzare lo stile e le scelte retoriche dell’autore per capire cosa rende il suo linguaggio unico.
  • Pormi domande critiche con un approccio socratico per stimolare la mia riflessione.

cosa ottieni se utilizzi AI per leggere

Un esempio pratico: il caso del duca d’Enghien In Guerra e Pace, Tolstoj racconta l’esecuzione del duca d’Enghien come un atto di gelosia da parte di Napoleone. Mi era sembrato un dettaglio interessante, finché non ho chiesto a ChatGPT di darmi il contesto storico reale.

Risultato?  Tolstoj aveva alterato la storia per rafforzare la narrativa. Il duca fu giustiziato per motivi politici, non sentimentali.

Senza ChatGPT, non avrei mai scoperto questa discrepanza. E questa è la vera potenza dell’AI: non sostituisce il nostro pensiero, ma lo sfida e lo espande.

Come creare il tuo assistente AI per il Deep Reading

Se vuoi applicare questo metodo, ecco come impostare ChatGPT come mentore letterario.

Scegli la piattaforma giusta Puoi usare ChatGPT, Claude o un altro LLM che consenta personalizzazioni avanzate.

Definisci il ruolo della chat Il tuo assistente non deve fornirti riassunti, ma guidarti con domande critiche.

Prompt iniziale per ChatGPT: “Sei un esperto di letteratura con esperienza accademica. Il tuo compito è analizzare i capitoli di un libro seguendo questi passaggi:

  1. Sintetizza i temi principali del capitolo.
  2. Analizza lo stile narrativo e le scelte linguistiche dell’autore.
  3. Fornisci contesto storico e culturale.
  4. Evidenzia le figure retoriche e il loro significato.
  5. Formula domande socratiche per stimolare la riflessione.”

Segui il flusso di lavoro:

Fase 1 – Leggi il capitolo e prendi appunti nel tuo Reading Journal.

Fase 2 – Chiedi a ChatGPT l’analisi del capitolo come impostato nella chat.
Fase 3 – Integra le nuove informazioni nel tuo Reading Journal.
Fase 4 – Rispondi alle domande dell’AI per riflettere più a fondo.seguire 4 fasi per leggere meglio grazie all'AI

Conclusione: perché questo metodo funziona

  • Mantiene il pensiero critico attivo.
  • Trasforma la lettura in un esercizio di scoperta.
  • Crea un archivio mentale duraturo.

L’AI non è una scorciatoia, ma un acceleratore del pensiero. Se usata con metodo, rende la lettura più profonda e significativa.

Hai altre idee, intuizioni o perfezionamenti? Sono curiosissimo di conoscerli. Condividere è l’unico modo per crescere!