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orologio che mostra la perdita di tempo
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Come ho smesso di perdere tempo online

Quando ho capito che il mio tempo non era più mio

Non ho mai pensato al digitale come a un problema. Finché, un giorno, ho fatto un semplice calcolo.

Ho guardato quanto tempo passavo ogni giorno tra social, articoli salvati che non leggevo mai, notifiche e aggiornamenti. E mi sono fatto due domande:

  • Dove va a finire questo tempo?
  • E cosa avrei potuto farci se fosse stato davvero mio?

All’inizio, la risposta mi ha disturbato. Non era tanto il numero di ore sprecate, ma la sensazione che qualcuno stesse decidendo per me come usarle.

Il tempo rubato dalla frammentazione

Non erano solo i social, non era solo il doomscrolling. Il problema più grande era la frammentazione dell’attenzione.

Ogni giorno, la mia mente passava da una notifica a una news, da un articolo lasciato a metà a un messaggio senza risposta. Saltavo da una cosa all’altra, incapace di stare fermo su qualcosa abbastanza a lungo da assimilarlo davvero.

  • Non riuscivo più a leggere libri come prima. La mia mente si annoiava dopo poche pagine, cercava nuovi stimoli. Ero ancora ben lontano dal Deep Reading e il recupero della concentrazione)
  • Non riuscivo più a scrivere in modo fluido. I pensieri arrivavano in modo disordinato, riflesso della mia attenzione sempre frammentata. Solo il Journaling e Morning Pages tenevano duro.
  • Anche il tempo libero non era più davvero libero. Mi sembrava di essere sempre impegnato, eppure non costruivo nulla di concreto.

Tutto questo accadeva mentre il tempo scivolava via, giorno dopo giorno, senza che ne avessi davvero il controllo.

Riprendermi il tempo: una questione di scelte

Non ho eliminato tutto da un giorno all’altro. Ho fatto un Digital Detox più intelligente:

Ho deciso che sarei stato io a scegliere cosa meritava il mio tempo.

Il primo passo è stato ridurre il rumore e riconoscere la differenza tra consumo e creazione.

  • Ho tolto il superfluo. Alcuni contenuti sembrano importanti, ma non lo sono. (Leggi qui come impostare una Dieta informativa).
  • Ho ridato spazio alla lettura profonda. Non un accumulo di informazioni, ma un processo per assimilarle. (Come leggere più libri contemporaneamente)
  • Ho sostituito il consumo passivo con la scrittura. Non solo per ricordare, ma per costruire un archivio di pensieri. (Iscriviti alla newsletter per non perdere il prossimo articolo: Commonplace Book: scrivere per ricordare).

Leggi qui Come costruire un secondo cervello.

E più toglievo, più ritrovavo tempo.

Tempo che prima non esisteva. Tempo che non era mai stato perso, ma solo sepolto sotto un rumore di fondo che non lasciava spazio a nulla di significativo.

Il vero cambiamento

La verità è che non mi mancava nulla.

  • Non sentivo il bisogno di tornare a scrollare. La mia attenzione si era abituata a stimoli di qualità superiore.
  • Non sentivo il bisogno di essere aggiornato su tutto. Avevo capito che conoscere tutto in tempo reale non serve.
  • Non sentivo il bisogno di essere sempre connesso. Ero più presente nel mio tempo, nella mia vita.

Per anni ho pensato che il digitale mi permettesse di fare di più. In realtà, mi stava solo tenendo impegnato, senza lasciarmi costruire nulla di mio.

Oggi, quando qualcuno mi chiede: “Ma come fai a fare tutto?”
La risposta è semplice: ho smesso di perdere tempo con ciò che non conta.

Conclusione: Il tempo è tuo, se decidi di riprenderlo

L’illusione più grande del digitale è che ci aiuti a ottimizzare il tempo. Ma il tempo non si ottimizza, si vive.

  • Se non scegli tu come usarlo, qualcun altro lo farà per te.
  • Se lo lasci frammentare in mille distrazioni, non sarà mai tuo davvero.
  • Se invece lo riprendi, scoprirai che non è mai stato poco. Era solo disperso.
Photo by nikko macaspac on Unsplash
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Ciò che Sai È il Risultato di Ciò che Hai Scelto di Ignorare

Perché quello che ignori è più importante di quello che sai

Non ho deciso da un giorno all’altro di adottare una dieta informativa. È stato un processo graduale, innescato dai sintomi: una costante sensazione di dover essere sempre aggiornato, un’ansia latente che mi spingeva a controllare continuamente nuove informazioni, la FOMO (ne ho parlato qui). Il risultato? Meno energia mentale, meno lucidità, meno capacità di essere presente nel momento. La mia attenzione era sempre frammentata, come se dovessi continuamente rincorrere qualcosa.

Ma la vera presa di coscienza è arrivata quando mi sono accorto che non riuscivo più a leggere testi lunghi con la stessa concentrazione di un tempo. Saltavo da un contenuto all’altro senza mai fermarmi davvero su nulla. Mi sembrava di nutrirmi di qualcosa, ma in realtà era come mangiare al fast food: tanto sapore immediato, ma zero sostanza. E dopo un’ora avevo di nuovo “fame”.

Più informazioni non significano più conoscenza

Per capire meglio cosa mi stava succedendo, ho iniziato a studiare il funzionamento del cervello. Ho scoperto che la corteccia prefrontale, la parte più evoluta e razionale del nostro cervello, è responsabile della concentrazione, del pensiero critico e della regolazione emotiva. Ma quando siamo esposti a troppi stimoli, entra in difficoltà: il sovraccarico informativo la manda in tilt, lasciando spazio alle parti più istintive del cervello, quelle che ci fanno reagire d’impulso e ci spingono verso il consumo compulsivo di contenuti.

Non è un caso se molti di noi fanno fatica a stare concentrati su un libro (leggi l’articolo sul Deep Reading), a mantenere il focus per lungo tempo o a ricordare realmente ciò che leggono. Il problema non è il contenuto in sé, ma il modo in cui lo consumiamo.

Il mio esperimento: cosa ho ignorato per capire meglio

  • Primo passo: togliere i social media come fonte informativa

Ho eliminato le app dal telefono. Instagram? Non lo uso più da anni (dopo il mio Digital Detox). Facebook lo tengo solo per condividere i miei articoli in italiano, LinkedIn per quelli in olandese. Il risultato? Più spazio mentale, meno esposizione alla polarizzazione e ai clickbait.

  • Secondo passo: selezionare poche fonti affidabili

Non volevo più subire un bombardamento di informazioni casuali. Ho scelto di seguire poche fonti autorevoli, come Internazionale, che traduce articoli da testate di tutto il mondo. Il criterio era semplice: meno intermediari tra me e il fatto. Ho applicato lo stesso principio che uso per costruire il mio Secondo Cervello (leggi qui di che si tratta): ogni informazione che entra deve valere il tempo che le dedico.

  • Terzo passo: creare un criterio di selezione per la lettura

Mi sono dato delle regole:

    • Un articolo lungo alla settimana, analizzato con attenzione.
    • 3-5 articoli brevi su argomenti di mio interesse.
    • Un libro di non-fiction per approfondire un tema.
    • Un libro di narrativa o letteratura per rilassarmi e affinare il pensiero astratto.

Readwise per evidenziare articoliHo iniziato a usare Readwise e il suo Reader per raccogliere e gestire ciò che leggo. Quando trovo qualcosa di interessante, lo salvo lì, evitando il consumo compulsivo. Poi, nei momenti in cui potrei cadere nel mindless scrolling, apro Readwise e mi concentro su ciò che ho selezionato. Gli estratti più significativi li evidenzio e li mando su Obsidian, dove entrano nel flusso del mio Secondo Cervello.

Cosa succede quando inizi a ignorare meglio

  • Più calma mentale – Eliminare il sovraccarico informativo mi ha restituito la capacità di fermarmi e riflettere.
  • Più focus e concentrazione – Ora riesco a dedicarmi alla lettura senza il bisogno costante di saltare da una cosa all’altra. Ho ripreso a leggere più libri contemporaneamente e a dedicarmi all’ascolto profondo (Deep Listening).
  • Maggiore capacità di selezione e pensiero critico – Leggere articoli e libri con un metodo mi ha reso più consapevole di cosa valga davvero il mio tempo e la mia attenzione. Ho sviluppato un gusto più raffinato: oggi mi accorgo subito se un contenuto è ben scritto, se un pensiero è originale o se è solo una ripetizione di idee già sentite.
  • Non riesco più a consumare contenuti mediocri – Questo è stato l’effetto più inaspettato. Quando il tuo cervello si abitua a ragionamenti più raffinati, i contenuti superficiali diventano noiosi. Mi accorgo subito quando un libro è scritto per un pubblico medio, quando un articolo semplifica troppo, quando un video punta più a trattenere che a informare. Questo ha cambiato radicalmente il modo in cui scelgo cosa leggere e approfondire.

Come scegliere cosa sapere (e cosa ignorare)

“Your experience of being alive consists in nothing other than the sum of everything you pay attention to.”

I social media danno l’illusione di essere gratuiti, ma in realtà richiedono la valuta più preziosa in assoluto: il tuo tempo e la tua attenzione. Ogni contenuto che scorri, ogni post che commenti, ogni video che guardi per “due minuti” e che poi si trasforma in mezz’ora, è un investimento di attenzione che potresti impiegare in modo più consapevole.

  1. Rivaluta il ruolo dei social media: Non sono strumenti di informazione, ma di intrattenimento (o distrazione). Il loro obiettivo non è offrirti contenuti di qualità, ma trattenerti il più a lungo possibile.
  2. Seleziona con attenzione le fonti: Non importa sapere tutto, importa sapere bene ciò che conta. Scegli pochi canali e seguili con costanza.
  3. Stabilisci regole per il consumo di contenuti: Decidi in anticipo cosa leggere e quando farlo. La qualità dell’input determina la qualità dell’output.
  4. Sostituisci lo scrolling con momenti di lettura consapevole: Se pensi di non avere tempo per informarti, controlla quante ore passi al telefono ogni giorno. Potresti avere più tempo di quanto credi.

Conclusione

Siamo circondati da più informazioni di quante ne possiamo gestire. Ma più non significa meglio. Così come scegliamo con cura cosa mangiare per nutrire il corpo, dobbiamo selezionare cosa consumiamo per nutrire la mente. Se l’attenzione è la nostra risorsa più preziosa, imparare a usarla bene è la vera chiave per vivere con più lucidità e consapevolezza.

een persoon die diep geconcentreerd naar muziek luistert.

Come ho scoperto il Deep Listening (e perché ha cambiato tutto)

Viviamo immersi in un costante sottofondo sonoro. La musica è ovunque: nei supermercati, nei ristoranti, negli spot pubblicitari. Eppure, raramente la ascoltiamo davvero.

Per anni ho consumato musica senza pensarci troppo, come la maggior parte delle persone. Ascoltavo canzoni mentre facevo altro, saltavo da un brano all’altro senza mai fermarmi a coglierne i dettagli. Ma un giorno qualcosa è cambiato.

Ero in macchina, dopo una lunga giornata di lavoro. Alla radio passava Così parlò Zarathustra di Richard Strauss. Le prime note mi erano familiari: il celebre incipit reso immortale da 2001: Odissea nello spazio. Ma poi è arrivato il secondo movimento. Non l’avevo mai sentito prima.

E qualcosa è scattato.

Sono rimasto seduto in macchina, incapace di spegnere il motore e scendere. Volevo sentire ogni sfumatura, ogni crescendo, ogni pausa. Per la prima volta, non stavo solo ascoltando la musica. La stavo vivendo.

Quella serata ha segnato l’inizio di un viaggio. Ho voluto capire cosa fosse successo e come potevo replicare quell’esperienza. Ho scoperto il concetto di deep listening e ho iniziato a esplorare un modo completamente nuovo di vivere la musica.

Il mio metodo per il deep listening

Con il tempo ho sviluppato un percorso di ascolto progressivo, una sorta di allenamento per affinare la capacità di percepire la musica a un livello più profondo.

1. Primo ascolto: l’impatto emotivo

La prima volta che ascolto un brano, mi lascio trasportare. Non analizzo nulla, non cerco di capire la struttura. Voglio solo percepirne l’effetto emotivo, la sensazione che mi lascia.

2. Riascolto con attenzione ai dettagli

Al secondo ascolto, inizio a fare caso agli strumenti, alle dinamiche, alle scelte timbriche. Quali strumenti emergono nei momenti chiave? Come si sviluppa la tensione? Quali sono le caratteristiche dello stile del compositore?

3. L’AI come guida all’ascolto

A questo punto entra in gioco l’AI. Uso ChatGPT per approfondire il brano da diverse angolazioni:

  • Chiedo un’analisi della struttura musicale.
  • Esploro il contesto storico e le influenze del compositore.
  • Verifico se ci sono interpretazioni diverse e cosa le distingue.
  • Chiedo suggerimenti su brani correlati per ampliare la mia comprensione.

L’AI diventa una sorta di mentore musicale, aiutandomi a collegare il pezzo a un panorama più ampio. Non è un caso che uitlizzi strutturalmente ChatGPT anche come assistente letterario.

4. Ascoltare con la partitura

L’ultimo passo è il più intenso: seguire la partitura mentre ascolto. Questo mi permette di visualizzare la costruzione musicale, di cogliere i contrappunti, le armonie, le scelte ritmiche. È un’esperienza completamente diversa, che svela il brano in modo quasi tridimensionale.

Perché il deep listening ha cambiato il mio modo di vivere la musica

La cosa sorprendente è che, proprio come con il mio secondo cervello, questo tipo di ascolto ha affinato la mia capacità di percezione in generale. Quando una persona parla, riesco a cogliere sfumature e dettagli che prima mi sfuggivano. È come se avessi allenato un muscolo dell’attenzione.

Ma c’è di più.

Ascoltare musica in profondità ha cambiato il modo in cui vivo il tempo. È diventato un atto di presenza, di immersione totale. È l’opposto dello scrolling senza fine, del consumo passivo. È un’esperienza che ti riporta a te stesso.

Vuoi provare? Un semplice percorso in 4 passi:

Non è necessario iniziare con la musica classica. Puoi applicare il deep listening a qualsiasi genere ami. Scegli un brano che ti emoziona e prova questo percorso:

  1. Ascoltalo una prima volta senza fare nulla. Solo ascolta.
  2. Riascoltalo, facendo attenzione ai dettagli sonori.
  3. Usa l’AI per scoprire qualcosa di nuovo sul pezzo o sull’artista.
  4. Se possibile, trova la partitura e seguila mentre ascolti.

Conclusione: un’esperienza da riscoprire

Il deep listening non è un’abilità isolata, ma fa parte di un modo più ampio di vivere l’apprendimento che sto sviluppando con The Polymath Quest. È lo stesso principio che applico alla lettura profonda e all’uso strategico dell’AI per imparare. L’obiettivo non è solo ascoltare meglio, ma costruire connessioni più profonde tra le idee, affinare il pensiero critico e riscoprire il piacere della conoscenza.

Così come il mio secondo cervello mi ha insegnato a organizzare e collegare le informazioni in modo più efficace, il deep listening mi ha mostrato che anche l’ascolto può diventare una forma di esplorazione profonda.

Se hai mai avuto la sensazione di non riuscire a goderti davvero la musica, di ascoltarla solo superficialmente, ti invito a provare questo metodo. Non per cambiare il tuo modo di ascoltare, ma per vedere se, anche per te, può aprire nuove porte.

una rete di idee e concetti collegati tra loro

Costruire un Secondo Cervello con Obsidian: il metodo per organizzare idee e conoscenza

Viviamo nell’epoca dell’informazione, ma quanti di noi riescono davvero a darle un senso?

Negli ultimi mesi ho condiviso il mio percorso per ripensare il modo in cui studio, prendo appunti e costruisco conoscenza in un’era in cui l’accesso all’informazione è illimitato. Ho parlato di come uso l’AI per imparare meglio, di come seleziono e filtro ciò che leggo, di come rallentare la lettura mi ha permesso di comprendere più a fondo.

Ma tutto questo avrebbe poco valore senza un sistema in grado di tenere insieme il flusso continuo di idee, intuizioni e informazioni. E qui entra in gioco il Secondo Cervello.

Obsidian non è solo un’app per prendere appunti: è il cuore pulsante del mio modo di apprendere, un’estensione della mia mente che mi permette di pensare meglio, di connettere idee, di rendere ogni pezzo di conoscenza un tassello di un quadro più grande. In questo articolo spiego perché ho scelto questo metodo, come l’ho sviluppato e come ha trasformato il mio rapporto con l’apprendimento e la creatività.

Se hai mai avuto la sensazione di dimenticare troppo in fretta ciò che impari, di non riuscire a gestire il flusso di informazioni che ogni giorno ti attraversa, di leggere senza realmente trattenere… questo articolo è per te.

Qui inizia la rivoluzione nel tuo modo di imparare.

Perché creare un Secondo Cervello con Obsidian?

Ho scoperto Obsidian quasi per caso. O forse dovrei dire grazie all’algoritmo di YouTube. Come faccio sempre quando voglio approfondire qualcosa, ho iniziato a cercare sui motori di ricerca. Mi sono imbattuto nei video di Tiago Forte, che mi hanno introdotto forse per primi all’idea del Secondo Cervello. Da lì ho iniziato a esplorare più a fondo e ho visto che molte persone usavano Obsidian per costruire un ecosistema di conoscenza personale.

Così ho iniziato a usarlo anch’io. Il motivo principale? È uno strumento che visualmente ricorda le sinapsi del cervello, facilita il collegamento tra idee e permette di trasformare la conoscenza in un sistema vivo e dinamico.

metodo di studio zettelkasten

Il mio secondo cervello

Dopo un po’ di tempo ho capito che il vero cambiamento non era solo tecnico, ma mentale. La rivoluzione più grande era il passaggio dal consumare informazioni a collegarle e rielaborarle attivamente.

Dal caos all’ordine: come Obsidian cambia il modo di pensare

Il mio modo di prendere appunti è cambiato di pari passo con il tipo di informazioni che consumo. Sono passato da un approccio passivo, tipico dei social media, a un lifelong learning consapevole. Per farlo ho fatto un patto con me stesso: avrei selezionato cosa leggere e studiare solo se fossi stato disposto a elaborarlo attivamente nel mio Secondo Cervello.

Questo ha cambiato tutto:

•Ho affinato le mie fonti, selezionando contenuti di qualità e riducendo il rumore informativo.

•Ho sviluppato nuove tecniche di lettura, come leggere più libri e articoli contemporaneamente per confrontare punti di vista e creare connessioni.

•Ho creato un workflow solido, in cui ogni nuova informazione entra nel sistema solo dopo essere stata elaborata e collegata a concetti già esistenti.

Obsidian mi ha permesso di vedere la conoscenza come un organismo vivente, che cresce ed evolve con me.

Il mio metodo: come utilizzo Obsidian per costruire il mio Secondo Cervello

Il mio workflow è relativamente semplice:

  1. Identifico il concetto principale di ogni nota: ogni idea deve essere chiara, indivisibile e collegabile ad altre idee.
  2. Applico un color coding per distinguere tesi, argomenti a favore e contro.
  3. Rielaboro le informazioni a parole mie, per evitare il copia-incolla e favorire la memorizzazione attiva ( articolo collegato).
  4. Collego le nuove informazioni a quelle esistenti, cercando contrasti, approfondimenti o connessioni inaspettate.
  5. Utilizzo automazioni, come Readwise, per importare highlights da ebook e articoli e integrarli nel sistema.

Questo processo trasforma ogni input in un’opportunità di crescita reale.

Dall’input all’output: trasformare le informazioni in conoscenza con Obsidian

Un rischio che ho affrontato è stato accumulare troppe informazioni senza un fine preciso. È facile cadere nella “trappola dell’archiviazione” e dimenticare lo scopo principale: imparare a pensare meglio e a produrre contenuti di valore.

Per risolvere questo problema, ho introdotto una regola semplice: tutto ciò che entra nel Secondo Cervello deve essere utilizzato per generare output.

Scrivo mini-essays e blog per testare la mia comprensione (seguendo la Feynman Technique).

Organizzo le idee in MOCs (Map of Content) per avere sempre una visione d’insieme e facilitare il recupero delle informazioni.

Produco materiali per il mio lavoro, dalle lezioni per i miei studenti alle riflessioni per The Polymath Quest.

Solo così il Secondo Cervello diventa un vero acceleratore di pensiero e non solo un deposito di informazioni.

Come Obsidian ha cambiato il mio modo di pensare e imparare

Da quando utilizzo questo sistema, mi sono accorto di diversi cambiamenti nel mio approccio alla conoscenza:

  • Penso in modo più connesso, creando collegamenti tra le idee in modo naturale.
  • Leggo in modo più attivo, dialogando mentalmente con l’autore invece di assorbire passivamente.
  • Sono più chiaro ed efficace nell’esprimere concetti, sia nel parlare che nello scrivere.
  • Ho migliorato la mia capacità di insegnare, perché organizzo il sapere in modo più strutturato e accessibile.

Obsidian non è solo un’app, è una nuova forma mentis.

Conclusione: integrare il Secondo Cervello con il Primo

L’obiettivo finale non è solo avere un archivio digitale di conoscenza, ma integrare il Secondo Cervello con il Primo.

Più costruisco e affino il mio sistema, più mi rendo conto che la conoscenza più preziosa è quella che riesco a interiorizzare.

Per questo motivo:

•Sto tornando a scrivere a mano, per rafforzare memoria e connessione con le idee.
•Sto recuperando le tecniche di memorizzazione attiva, per consolidare ciò che voglio avere sempre con me.
•Sto distillando il sapere che conta davvero, perché non tutto merita di essere salvato.

Obsidian non è un sostituto della mente, ma un’estensione. Se usato con criterio, può trasformare il nostro modo di pensare e imparare.

Nei prossimi articoli approfondirò altri aspetti pratici su come ottimizzare il Secondo Cervello con strategie avanzate. Se vuoi rimanere aggiornato, iscriviti alla mia newsletter.

💡 Ti è mai capitato di sentire di dimenticare troppo in fretta ciò che impari? Come gestisci il tuo flusso di conoscenza?

Raccontamelo nei commenti!

espandere la comprensione del testo con ChatGPT

Leggere meglio con ChatGPT: crea il tuo assistente letterario

Un metodo per trasformare la lettura in un’esperienza più profonda

Viviamo nell’epoca dell’informazione, ma quanti di noi riescono davvero a darle un senso?

Negli ultimi mesi ho condiviso il mio percorso per ripensare il modo in cui studio, prendo appunti e costruisco conoscenza in un’era in cui l’accesso all’informazione è illimitato. Ho parlato di come uso l’AI per imparare meglio, di come seleziono e filtro ciò che leggo, di come rallentare la lettura mi ha permesso di comprendere più a fondo.

Dopo aver ripensato il mio modo di imparare con l’AI, mi sono accorto che il vero punto di partenza era leggere meglio. Il Deep Reading è diventato la base su cui costruire tutto il resto.

Ho sviluppato un metodo per leggere e comprendere in modo più profondo, usando ChatGPT non come una scorciatoia, ma come un mentore letterario. In questo articolo spiego come strutturare la lettura con l’AI per trarne il massimo beneficio.

Se hai mai avuto la sensazione di dimenticare troppo in fretta ciò che impari, di non riuscire a gestire il flusso di informazioni che ogni giorno ti attraversa, di leggere senza realmente trattenere… questo articolo è per te.

Perché il Deep Reading è essenziale

Nella nostra epoca, leggere è spesso un atto superficiale. Scorriamo articoli, ascoltiamo podcast, sfogliamo libri velocemente. Ma quanti concetti rimangono davvero con noi?

Il Deep Reading è un approccio che rallenta il processo, permettendo di:

  • Comprendere i testi in profondità invece di leggerli passivamente.
  • Costruire connessioni tra idee per sviluppare pensiero critico.
  • Memorizzare e interiorizzare meglio le informazioni, anziché lasciarle scivolare via.

Ma come applicarlo in un’epoca di distrazioni e sovraccarico informativo?

La mia risposta è ChatGPT. Se utilizzato nel modo giusto, può diventare un assistente letterario personalizzato, capace di stimolare la riflessione e affinare la comprensione.

Come ho sviluppato il mio metodo di Deep Reading con AI

Il mio approccio si sviluppa in quattro fasi. Ognuna ha un obiettivo preciso e permette di massimizzare il valore di ciò che leggo.

Prima lettura: il flusso della storia

La prima lettura è istintiva. Mi concentro sulla trama, sugli eventi e sulle emozioni che il libro mi trasmette. Non prendo appunti e non analizzo nulla. L’obiettivo è lasciarsi trasportare dal testo.

Seconda lettura: individuare temi e stile

Qui inizia il vero lavoro. Rileggo il capitolo con un occhio analitico:

  • Come viene raccontata la storia? Quali scelte stilistiche usa l’autore?
  • Quali temi emergono? Come si collegano ad altri testi che ho letto?
  • Ci sono riferimenti storici, culturali o filosofici nascosti?

Inizio a sottolineare e a segnare i punti salienti.

prendere appunti mentre si legge

Il Reading Journal: il vero apprendimento avviene qui

Dopo la seconda lettura, scrivo un’analisi nel mio Reading Journal:  Riassumo il capitolo con parole mie.  Registro le mie impressioni e riflessioni.  Identifico i temi chiave e faccio connessioni con altre letture.

A questo punto, entro in dialogo con il testo.

L’AI entra in gioco: il mentore letterario

Solo dopo aver fatto il mio lavoro personale, uso ChatGPT per affinare la mia comprensione.

Gli chiedo di:

  • Analizzare il capitolo e i temi chiave per verificare se ho trascurato dettagli importanti.
  • Fornire riferimenti storici e culturali, specialmente per romanzi complessi come Guerra e Pace.
  • Analizzare lo stile e le scelte retoriche dell’autore per capire cosa rende il suo linguaggio unico.
  • Pormi domande critiche con un approccio socratico per stimolare la mia riflessione.

cosa ottieni se utilizzi AI per leggere

Un esempio pratico: il caso del duca d’Enghien In Guerra e Pace, Tolstoj racconta l’esecuzione del duca d’Enghien come un atto di gelosia da parte di Napoleone. Mi era sembrato un dettaglio interessante, finché non ho chiesto a ChatGPT di darmi il contesto storico reale.

Risultato?  Tolstoj aveva alterato la storia per rafforzare la narrativa. Il duca fu giustiziato per motivi politici, non sentimentali.

Senza ChatGPT, non avrei mai scoperto questa discrepanza. E questa è la vera potenza dell’AI: non sostituisce il nostro pensiero, ma lo sfida e lo espande.

Come creare il tuo assistente AI per il Deep Reading

Se vuoi applicare questo metodo, ecco come impostare ChatGPT come mentore letterario.

Scegli la piattaforma giusta Puoi usare ChatGPT, Claude o un altro LLM che consenta personalizzazioni avanzate.

Definisci il ruolo della chat Il tuo assistente non deve fornirti riassunti, ma guidarti con domande critiche.

Prompt iniziale per ChatGPT: “Sei un esperto di letteratura con esperienza accademica. Il tuo compito è analizzare i capitoli di un libro seguendo questi passaggi:

  1. Sintetizza i temi principali del capitolo.
  2. Analizza lo stile narrativo e le scelte linguistiche dell’autore.
  3. Fornisci contesto storico e culturale.
  4. Evidenzia le figure retoriche e il loro significato.
  5. Formula domande socratiche per stimolare la riflessione.”

Segui il flusso di lavoro:

Fase 1 – Leggi il capitolo e prendi appunti nel tuo Reading Journal.

Fase 2 – Chiedi a ChatGPT l’analisi del capitolo come impostato nella chat.
Fase 3 – Integra le nuove informazioni nel tuo Reading Journal.
Fase 4 – Rispondi alle domande dell’AI per riflettere più a fondo.seguire 4 fasi per leggere meglio grazie all'AI

Conclusione: perché questo metodo funziona

  • Mantiene il pensiero critico attivo.
  • Trasforma la lettura in un esercizio di scoperta.
  • Crea un archivio mentale duraturo.

L’AI non è una scorciatoia, ma un acceleratore del pensiero. Se usata con metodo, rende la lettura più profonda e significativa.

Hai altre idee, intuizioni o perfezionamenti? Sono curiosissimo di conoscerli. Condividere è l’unico modo per crescere!

Lezen met behulp van AI

Come utilizzare l’AI per imparare meglio – Strategie e metodi pratici

La leggenda di John Henry: la resistenza al cambiamento

John Henry era un operaio americano noto per la sua forza e dedizione. Quando la sua fabbrica introdusse per la prima volta una macchina a vapore per scavare gallerie ferroviarie, John la vide come una minaccia. Non poteva accettare che una macchina sostituisse l’uomo. Così lanciò una sfida: avrebbe lavorato più velocemente della macchina.

Vinse.

Ma morì di fatica.

Ogni grande innovazione incontra resistenza. La storia di John Henry non riguarda solo la forza fisica, ma la paura del cambiamento. Oggi, l’intelligenza artificiale suscita timori simili: ci sostituirà o ci aiuterà a essere migliori?

Io ho scelto di utilizzare l’AI per imparare meglio, sfruttandola come un’estensione del mio pensiero e delle mie capacità cognitive.

Come utilizzare l’AI per imparare meglio

Non uso l’AI per ottenere semplicemente risposte. La utilizzo per pensare meglio, approfondire concetti, testare la mia comprensione e sviluppare nuove idee. Ho sperimentato diversi modi per integrarla nel mio processo di apprendimento:

Memorizzazione attiva Uso l’AI per imparare poesie a memoria con un task giornaliero e analizzare i testi per comprenderne le sfumature.

Deep Reading Integro l’AI nelle mie letture per analizzare i classici e creare connessioni con altri autori e contesti.

Brainstorming e pensiero critico Creo mentori virtuali che mi pongono domande strategiche per stimolare la riflessione.

Deep Listening Uso l’AI per analizzare sinfonie e composizioni musicali, affinando il mio ascolto critico.

Testare la conoscenza Mi faccio interrogare dall’AI su ciò che studio per valutare la mia comprensione e consolidare le conoscenze.

Costruzione di connessioni tra concetti Chiedo all’AI di trovare collegamenti tra idee e discipline per creare una rete di apprendimento più profonda.

Di questi, tre metodi hanno avuto l’impatto maggiore sul mio percorso.

lista di modi per utilizzare AI per imparareI tre metodi che hanno trasformato il mio apprendimento

1. Memorizzazione attiva con l’AI

Da quando ho scoperto il mind palace e le tecniche di memorizzazione, ho iniziato a integrare ChatGPT per facilitare questa pratica. Ogni mattina alle 6, ricevo un estratto di una poesia da imparare a memoria. Dopo averla memorizzata, l’AI mi aiuta con un’analisi del contesto storico, delle figure retoriche e del significato dei versi.

Questa tecnica non solo mi permette di imparare le poesie, ma di capirle profondamente, consolidando la mia memoria senza sforzo eccessivo.

Leggi qui per saperne di più: L’arte della memoria: come ho riscoperto il potere di ricordare

2. Deep Reading: leggere per comprendere meglio

Negli ultimi anni, ho sentito il bisogno di rallentare la lettura e approfondire i classici. Ho iniziato con Il Conte di Montecristo, poi Anna Karenina, e ora sto leggendo Guerra e Pace.

Per questo ho creato un commonplace book, dove trascrivo a mano citazioni, riassunti e riflessioni. Ma per arricchire l’analisi, ho impostato un’AI “mentore letterario” che mi aiuta a esaminare ogni capitolo. Segue una metodologia precisa:

1.Prima lettura autonoma Annotazioni spontanee e impressioni personali.

2.Approfondimento con l’AI Analisi dello stile, riferimenti culturali e domande stimolanti per riflettere.

3.Sintesi e connessioni Costruzione di un archivio di concetti chiave nel mio “secondo cervello” in Obsidian.

Leggi qui come Leggere meglio con ChatGPT: crea il tuo assistente letterario

3. L’AI come sparring partner per il pensiero critico

Un altro metodo che ho sviluppato è l’uso di ChatGPT come mentore virtuale per il brainstorming e il pensiero critico. Creo “persone virtuali” con competenze specifiche (filosofo, scienziato, editor) e le istruisco a porre domande anziché darmi risposte dirette.

Esempi:

Pensiero critico: Uso la Tassonomia di Bloom per far sì che l’AI mi stimoli con domande sempre più profonde su un tema.

Scrittura e revisione: Simulo una sessione con un editor esperto per migliorare il mio stile e ricevere feedback personalizzati.

Questa metodologia sarà approfondita in un prossimo articolo, con esempi pratici su come trasformare l’AI in uno strumento per il ragionamento critico.

Conclusione: l’AI come amplificatore del pensiero

L’AI non deve sostituire il nostro pensiero, ma aiutarci a espanderlo. Se usata con metodo e intenzione, diventa un acceleratore di apprendimento, capace di migliorare la memoria, approfondire la lettura e stimolare la creatività.

Oltre ai metodi descritti, sto esplorando altre applicazioni dell’AI nell’apprendimento:

Deep Listening, per scoprire dettagli nascosti nelle composizioni musicali. Leggi qui come lo sto utilizzando.

Testare la conoscenza, per migliorare la capacità di ricordare e applicare ciò che apprendo.

Costruzione di connessioni tra concetti, per individuare relazioni inaspettate tra discipline diverse.

Nei prossimi articoli approfondirò ciascun metodo con esempi pratici e suggerimenti applicabili.

Leggi qui per sapere come ho organizzato il mio flusso di conoscenza? Leggi qui → Costruire un Secondo Cervello con Obsidian

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Mind Palace

L’arte della memoria: come ho riscoperto il potere di ricordare

È bello accorgersi di crescere quando ti scopri sempre a guardare al passato come fonte di saggezza e perfezione.

L’ultimo periodo è stato denso di accadimenti: la nascita di nostra figlia, il trasloco nella nostra nuova splendida casa. Tante cose che non hanno intaccato minimamente la mia disciplina e il mio interesse nel mantenere una routine di studi e di scrittura. Al contrario anzi, mantenere la mia routine di studi in una fase di cambiamento mi ha aiutato a rimanere centrato.

Ma ogni novità smuove l’equilibrio creato, creandone uno nuovo.

Guardare al passato mi ha sempre dato risposte. È stato così con la lettura, la scrittura, e più di recente con qualcosa che non avrei mai pensato di rivalutare: la Memoria.

Memoria: da abilità inutile a strumento di trasformazione

Ho passato tanti anni a disprezzare o meglio sottovalutare la memoria. Come se fosse una cosa da vecchi, inutile. Eppure dovrei saperlo che la crescita e l’evoluzione seguono traiettorie molto larghe. Ti illudi di essere su una strada dritta, mentre stai facendo una curva impercettibile. Di colpo ti ritroverai in un punto diverso da quanto ti aspettavi e crederai che sia stato un caso che tu ci sia arrivato.

Vivere all’estero per tanti anni mi ha sbattuto in faccia la dura realtà del non praticare più sistematicamente la mia lingua madre. Intendiamoci, parlo ogni giorno con la mia famiglia, ma per il resto della giornata e della vita sono impegnato con un altro idioma. Il risultato è che troppo spesso le parole in italiano mi sfuggono, penso in olandese (a volte in inglese) e spesso mi sorprendo ad utilizzare una sintassi olandese quando parlo italiano.

Per uno appassionato della lingua e del potere delle parole come me, questo è difficile da accettare. Ho sempre creduto che il livello di ciò che pensiamo e produciamo sia direttamente proporzionale alla qualità di ciò che consumiamo. Per questo ho eliminato il superfluo e ho alzato il livello degli input: letture migliori, musica migliore, conversazioni migliori. E quale miglior modo per tornare in contatto con la mia lingua, se non memorizzandone i capolavori?

Ma ho scoperto molto di più.

Il mind palace: la mia prima esperienza con l’arte della memoria

Ho iniziato cercando materiale online per saperne di più e muovere i primi passi. Più veloce di quanto mi aspettassi mi sono ritrovato a leggere diversi libri sull’argomento.

Il primo punto di contatto con l’Arte della Memorizzazione è stato il concetto di Mind Palace.

Il mind palace è una pratica molto antica, la cui creazione è attribuita a Simonide di Ceo, nel V secolo a.C. Si narra che, durante un pranzo presso la villa di un nobile si trovasse per caso fuori dalla casa, quando questa crollò uccidendo tutti sul colpo. Simonide fu l’unico in grado di identificare i corpi potendo ricostruire chi fossero in base a dove fossero seduti. Questo lo portò ad una realizzazione tanto semplice quanto potente: la memoria lavora benissimo quando si combinano luoghi fisici con immagini mentali.

Il “Metodo dei Loci” era appena stato formulato.

Ricerche scientifiche successive hanno spiegato l’infallibilità di questo approccio tramite la cooperazione della memoria spaziale – molto cara ai mammiferi – e il potere evocativo delle immagini mentali. Questo era più che sufficiente per me per convincermi a provare.

Come ho costruito il mio primo palazzo mentale

Ho costruito il primo palazzo mentale seguendo questi suggerimenti:

  • Scegli un posto che conosci molto bene. Può essere una casa, ma anche uno spazio aperto. Non deve esserci nessuna difficoltà o frizione nel percorrerlo mentalmente.
  • Identifica delle “stazioni”, dei punti di interesse cioè, che utilizzerai come ancore. Le possibilità sono moltissime e diverse. Secondo un approccio, puoi concentrarti su una stanza. Immagina una stanza quadrata. Hai già 4 angoli + 4 pareti + 1 centro = 9 stazioni in una stanza sola.

Secondo l’altro approccio (che è quello che ho seguito io) puoi isolare le diverse stazioni in un percorso attraverso più stanze. Il mio percorso l’ho tracciato nel primo piano di casa, dalla porta d’ingresso alla cucina, passando per il salone. Queste erano le stazioni:

  1. Porta d’ingresso;
  2. Bagno degli ospiti;
  3. Scale al piano di sopra;
  4. Ripostiglio;
  5. Porta del soggiorno;
  6. Camino;
  7. Frigorifero;
  8. Isola;
  9. Fornelli;
  10. Tavolo;
  • Il passo successivo da fare è quello di associare le cose da memorizzare ad ognuno di questi luoghi. Ricorda Simonide: questo metodo funziona perfettamente se associamo delle immagini forti ed evocative alle parole o ai concetti.

Per provare ho generato 10 parole random, senza legame tra loro. Le ho associate in ordine ad ognuna delle dieci stazioni. Per ogni stazione ho generato delle immagini evocative, paradossali. Qualsiasi cosa in grado di colpire la mia fantasia. La prima parola era “Sole”. Ho immaginato un sole caldissimo che batte sulla porta d’ingresso. La seconda era “bicicletta”. Ho visualizzato una bicicletta grandissima che non entra nel bagno degli ospiti. La terza era “orologio”. Ho visualizzato un orologio grandissimo appeso alla parete delle scale. Nel ripostiglio c’era un “libro” antico aperto, mentre sulla porta del soggiorno c’era una miniatura del “Ponte” di Brooklyn. E così via.

Ho passato pochi minuti a riflettere su queste immagini e inventare collegamenti strani. Poco dopo ero in grado di ripeterle senza sforzo, anche in ordine inverso o sparso. Ne ho aggiunte altre 10. Poi altre 10.

Sono fatto così.

Il sole della prima stazione è diventato lo sfondo di una sequenza in cui un drago vola verso la porta di casa cavalcato da una sirena. Sull’isola della cucina c’è un “elefante” cavalcato ad un “pirata” che mangia una “caramella”.

Ok, rileggendo queste parole, capisco perché mia moglie mi abbia chiesto se mi sentissi bene.

Il secondo passo è stato memorizzare 10 date storiche importanti. Ho ripetuto lo stesso processo e ancora oggi posso recitare tutte le 10 date senza sforzo con tanto di 2 o 3 dettagli ulteriori.

L’errore del principiante

Fomentato dal successo che la pratica stava avendo, ho fatto l’errore che tutti gli appassionati fanno quando trovano qualcosa che gli piace e funziona: ho provato ad ampliarla, arrivando a ingolfarla tanto da dover fare marcia indietro.

I segnali erano chiari: la frustrazione di “dover” fare qualcosa di faticoso come imparare delle cose a memoria. Il fastidio di non riuscirci. L’indisposizione a continuare.

Finché mi sono reso conto che la memoria non è accumulo, è selezione.

Ho potuto correggere il tiro, tornando ad una pratica utile e sana.

Oggi mi dedico quotidianamente alla memorizzazione di poesie (con analisi del significato e figure retoriche, anche queste aiutano a memorizzarle!) oltre che a esercizi random di memorizzazione di serie di parole.

Perché lo faccio?

Ci sono due risposte, una per il mondo materiale, una per quello spirituale.

La prima è semplice: la memoria seleziona. Se qualcosa merita di essere ricordato, allora merita anche il mio tempo, il mio sforzo. Questo mi ha reso più lucido, più attento, più consapevole di ciò che lascio entrare nella mia mente. Non voglio più accumulare. Voglio integrare.

In fondo c’è differenza tra il poter citare un reel di Instagram (per quanto possa essere divertente) o un verso di Leopardi, o Hemingway. Quando sono da solo preferisco riflettere sulle parole di Tolstoj. Quando guardo una scena di vita quotidiana voglio rileggere nella mia mente le parole di Carver.

Non sono io a dovermi sentire in imbarazzo.

Ma poi c’è un altro livello, più profondo. Memorizzare non è solo un atto mentale. È un atto di riconoscimento. Ogni parola che imprimo nella mia memoria è un tassello che ritrovo dentro di me, come se fosse sempre stato lì.

Forse Platone e Sant’Agostino avevano ragione: ricordare non è un atto passivo, ma un atto di ritorno all’essenza.

E se il vero scopo della memoria fosse proprio questo? Non trattenere, ma ritrovare?

Il Metodo Feynman: Come Imparare Qualsiasi Cosa Spiegandola agli Altri

Richard Feynman, fisico, premio Nobel e straordinario divulgatore, aveva una regola d’oro per l’apprendimento: “Se non riesci a spiegare qualcosa in modo semplice, allora non l’hai capita davvero.”

Il Metodo Feynman non è un semplice trucco, ma un approccio concreto per assimilare qualsiasi concetto, per quanto complesso. Non si tratta di memorizzare definizioni o usare scorciatoie, ma di ottenere una comprensione profonda, chiara e duratura.

Vuoi imparare più velocemente? Vuoi ricordare meglio ciò che studi? Vuoi smettere di illuderti di sapere qualcosa solo perché l’hai letto? Allora questa tecnica fa per te.

I 4 Passaggi del Metodo Feynman

1. Scegli un argomento

Prendi un foglio di carta e scrivi in alto il concetto che vuoi imparare. Può essere una nozione scientifica, un principio matematico, un’abilità pratica o qualsiasi altra cosa tu voglia padroneggiare.

2. Spiegalo come se lo stessi insegnando a un bambino di 5 anni

Questa è la parte più importante. Scrivi tutto ciò che sai sull’argomento, ma fallo con parole semplici, come se dovessi spiegarlo a un bambino.

Evita il gergo tecnico: se hai bisogno di parole complesse, significa che non hai ancora capito davvero il concetto. Come funziona effettivamente ciò che vuoi spiegare?

Usa esempi concreti e metafore: rendi il concetto tangibile.

Se ti blocchi e non sai come spiegare un passaggio in modo semplice, hai trovato una lacuna nella tua conoscenza. E questo è il punto in cui inizia il vero apprendimento.

3. Colma le lacune e semplifica

Ora torna ai tuoi appunti, ai libri o alle fonti originali. Rileggi e cerca di colmare i punti che non eri in grado di spiegare chiaramente.

Riscrivi la tua spiegazione rendendola ancora più chiara.

Semplifica ulteriormente: se qualcosa è ancora troppo complicato, significa che può essere reso più chiaro.

4. Spiega a qualcuno e verifica la tua comprensione

La conoscenza diventa solida solo quando la metti alla prova. Spiega il concetto ad un amico, un collega o anche solo ad alta voce.

• Ti fermi spesso?

• Devi ricorrere al testo originale per ricordarti i dettagli?

• L’altro capisce subito o ti fa domande che ti mettono in difficoltà?

Ogni ostacolo in questa fase è un segnale che c’è ancora margine di miglioramento.

Perché il Metodo Feynman Funziona Così Bene?

Molte persone pensano di sapere qualcosa solo perché lo riconoscono quando lo leggono. Ma riconoscere non significa comprendere.

Ecco perché questo metodo è così potente:

Attiva il pensiero critico invece di farti memorizzare passivamente.

Evidenzia le lacune nella tua conoscenza prima che sia troppo tardi.

Aiuta a trattenere le informazioni più a lungo.

Allena il cervello a pensare in modo logico e chiaro.

In sintesi: impari più velocemente, in modo più efficace e con una comprensione più profonda.

Un Esempio di Feynman in Azione

Feynman non era solo un brillante scienziato, ma anche un grande comunicatore. Quando gli fu chiesto di spiegare la tragedia dello Space Shuttle Challenger, non usò formule complesse o tecnicismi.

Prese un pezzo di gomma e lo immerse in un bicchiere d’acqua fredda, dimostrando che, a basse temperature, il materiale diventava fragile.

Una spiegazione semplice, visiva, immediata.

Questo è esattamente ciò che fa il Metodo Feynman: riduce la complessità fino a trovare l’essenza del concetto.

Come Applicarlo nel Tuo Processo di Apprendimento

Questo metodo non è riservato agli scienziati. È utile per chiunque voglia imparare in modo efficace e duraturo.

  • Studenti: per prepararsi agli esami in modo più efficace.
  • Professionisti: per apprendere velocemente nuovi concetti nel proprio lavoro.
  • Creativi e ricercatori: per strutturare idee complesse.
  • Docenti e formatori: per rendere le spiegazioni più chiare e memorabili.

L’apprendimento non finisce mai. E il Metodo Feynman è lo strumento perfetto per diventare **uno studente per tutta la vita**.

Il Legame con il First Principles Thinking

Il Metodo Feynman è strettamente connesso al First Principles Thinking, un approccio che scompone ogni problema nei suoi elementi fondamentali.

Anziché basarsi su supposizioni o tradizioni, questo metodo cerca di risalire ai principi di base di un concetto per costruire nuova conoscenza da zero.

Vuoi approfondire? Leggi di più qui: First Principles Thinking: Pensare Come un Innovatore.

Conclusione: Prova il Metodo Feynman Oggi Stesso

Il Metodo Feynman è semplice, ma rivoluzionario. Ti costringe a capire davvero, senza lasciare spazio a scorciatoie o auto-inganni.

La prossima volta che vuoi imparare qualcosa, chiediti: “Se dovessi spiegarlo a un bambino di 5 anni, sarei in grado di farlo?”

 

Se la risposta è no, allora sai esattamente su cosa lavorare.

cervello umano aumentato dall'AI

Intelligenza Artificiale: le domande che non possiamo più ignorare

La settimana scorsa sono stato a Londra, dove ho visitato la borsa internazionale BETT. A parte il fascino di una città sempre letta nei libri, ma che non avevo ancora visitato, ho avuto un sacco di esperienze che hanno cambiato in modo netto e radicale il mio modo di rapportarmi con la tecnologia.

Il BETT di Londra è la fiera internazionale per eccellenza della tecnologia nell’educazione. Quest’anno, per forza di cose, non poteva mancare un pilastro importante come l’Intelligenza Artificiale.

Cosa ho imparato al BETT: oltre i trucchetti tecnici

Chi mi conosce lo sa, sono sempre stato un grande appassionato di tecnologia e sempre lo sarò. Trovarmi in un posto dove la tecnologia all’avanguardia viene applicata all’Educazione, altra mia grande passione, oltre che vocazione, è stato un sogno.

La cosa più importante che ho imparato però non è come impostare un GPT personale, come generare una serie di 5 lezioni basate sulla Tassonomia di Bloom, come scrivere il prompt perfetto, o come ottimizzare delle tasks ricorrenti. Questi sono trucchetti che, per quanto suonino altisonanti, non sfiorano che la superficie del mondo dell’Intelligenza Artificiale.

Un futuro che cresce in modo esponenziale

Siamo sull’orlo di un cambiamento mai visto nella storia dell’uomo. Se guardiamo indietro e analizziamo tutte le rivoluzioni avvenute nella nostra storia, notiamo come la magnitudo di ognuna di esse sia cresciuta esponenzialmente di volta in volta aumentando il peso specifico di ogni nuovo equilibrio. Prendiamo solo gli ultimi decenni: partiamo dall’arrivo di internet, passiamo per gli smartphone toccando il machine learning per sfociare nell’intelligenza artificiale.

AI: Tra mito e realtà

C’è da sempre un mito nell’immaginazione collettiva ogni volta che nominiamo l’AI (Artificial Intelligence). Alcuni di noi penseranno a Terminator, altri ad eserciti di androidi, altri a umanoidi tipo Super Vicky (sì, sono così vecchio). In realtà, come spiegato da un keynote di Rose Luckin (Professor of Learner Centred Design at UCL Knowledge Lab), l’AI esiste già da tanti anni.

Il 2022, anno di pubblicazione di ChatGPT, ha cambiato le carte in tavola. Sono cambiate le infrastrutture e, in modo ancora più decisivo, i processi di lavorazione delle cosiddette intelligenze artificiali.

Esperimenti con le onde cerebrali: l’AI che legge la mente

Uno degli esempi più affascinanti presentati al BETT riguarda l’utilizzo delle onde cerebrali per istruire i modelli di AI. Gli scienziati dell’Università di Osaka hanno creato due modelli di AI complementari per decodificare immagini viste dai pazienti con un’accuratezza dell’80%.

Primo modello: Ha analizzato le onde cerebrali generate da 4 pazienti mentre osservavano 10.000 immagini di persone, paesaggi e oggetti.

Secondo modello: Ha associato le onde cerebrali generate a delle descrizioni delle stesse immagini.

I due modelli hanno poi collaborato: uno ha generato un’immagine basata sulla prospettiva e sul layout dell’originale, l’altro ha collegato l’immagine alla rispettiva descrizione.

risultato degli studi dell'università di Osaka sul training di AI con onde cerebrali

Simili progressi sono stati applicati alla musica. Nel 2023, scienziati hanno ricostruito parti di Another Brick in the Wall dei Pink Floyd utilizzando le onde cerebrali di pazienti che ascoltavano il brano. Il risultato è sorprendente e ascoltabile qui.

AI e Robot Umanoidi: il progetto di Figure 01

Il climax di tutto ciò che ho visto e imparato al BETT è stato l’esperimento di **Figure**, una compagnia di robot umanoidi, insieme a OpenAI. Questo progetto ha mostrato in modo tangibile cosa significa interagire con un’intelligenza artificiale in grado di combinare capacità cognitive e fisiche.

Nel video presentato, un uomo interagisce con un robot impegnato in attività cognitive, come rispondere a domande complesse, e fisiche, come eseguire compiti richiesti. Guardare questo robot in azione è stato come vedere il futuro materializzarsi davanti ai miei occhi.

Dai vecchi algoritmi ai Large Language Models

In maniera volutamente semplicistica, possiamo vedere l’AI moderna come l’evoluzione del machine learning. Questo, come suggerisce il nome, prevede l’istruzione, il settaggio di un computer da parte dell’uomo con una serie di dati in modo tale da automatizzare tasks ricorrenti. Pensa alla selezione delle email spam: si può scrivere un algoritmo per riconoscere una determinata parola o serie di parole e associarvi un’azione. Nel caso delle email spam, quella di inoltro nella casella apposita.

Come succede sempre, una volta introdotta una novità, l’evoluzione aumenta in velocità ed efficacia. Nel giro di poco tempo abbiamo imparato a scrivere algoritmi sempre più complessi. Solo una cosa è rimasta invariata però, ed è appunto la dipendenza uomo>macchina. Nell’ambito del machine learning tradizionale infatti, l’input principale parte sempre dall’uomo. È l’uomo che scrive l’algoritmo. È l’uomo che fa la prima mossa.

Reti Neuronali e Deep Learning: un passo rivoluzionario

L’avvento dei Large Language Models invece ha cambiato le carte in tavola. Tramite il linguaggio, non più esclusivamente matematico, è possibile istruire e interagire con il computer, come si farebbe con una persona in carne ed ossa. Non finisce qui: come dicevo prima, una volta imboccata una nuova strada, l’evoluzione aumenta in velocità ed efficacia. Con la pubblicazione di ChatGPT  siamo passati dagli algoritmi alle reti neuronali artificial.

L’8 ottobre 2024 John Hopfield e Geoffrey Hinton hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica per le ricerche fatte e i risultati ottenuti nell’ambito delle intelligenze artificiali. Le reti neuronali artificiali consentono il Deep Learning automatico da parte del computer. La struttura è chiaramente ispirata al cervello umano, dove i neuroni sono collegati tra loro tramite sinapsi. Combinando psicologia cognitiva e fisica statistica, i due scienziati sono arrivati a creare questo sistema in cui il computer è in grado di calcolare da solo quale parola seguirà quella appena scritta.

Tornare a casa con più domande che risposte

Tutto quello che ho riportato qui è successo negli ultimi due anni. Un solo anno dopo la pubblicazione del primo modello di linguaggio AI. Le implicazioni sono vastissime e capovolgeranno la società come mai nella storia dell’Uomo.

Sam Altman, fondatore di OpenAI, arriva a predire un futuro non troppo lontano dove il lavoro dell’Uomo non sarà più necessario. Si arriverà al Reddito Universale, concetto familiare anche a Elon Musk.Non ci sarà più bisogno di lavorare e l’Uomo potrà finalmente dedicarsi alla creatività e alle “soft skills” che ci dividono dalle macchine.

Suona tutto come musica celestiale, ma…

Quale sarà il costo umano di questa rivoluzione? Se l’AI può automatizzare ogni compito ripetitivo e persino creativo (in questo progetto il National Youth Theater utilizza l’AI come partner), cosa resterà dell’essenza umana? Quale sarà un’etica accettabile e condivisibile?

Sono tornato a casa dopo aver camminato 40 km in 2 giorni. Quando sono rientrato, nostro figlio stava già dormendo. Nostra figlia giocava paciosa nella culla in soggiorno. Come in un algoritmo perfetto, sono arrivate altre domande:

1. Come dovrò preparare i nostri figli?

2. Quali valori dovrò mantenere e quali dovrò “aggiornare” per farli stare al passo coi tempi?

3. Come possiamo educare le macchine senza dimenticare di educare noi stessi?

4. Quali compromessi accettiamo senza rendercene conto quando deleghiamo decisioni agli algoritmi?

5. Cosa resta di autentico nella creatività quando tutto può essere simulato?

6. Come possiamo preservare il mistero dell’essere umano in un mondo che cerca di tradurlo in dati?

7. Quanto sto permettendo alla tecnologia di modellare il mio modo di pensare e vivere?

8. Chi sto diventando attraverso le scelte che faccio ogni giorno?

9. Chi sono io?

10. Chi sei tu?

libri su una scrivania classica

Perché hai già dimenticato l’ultimo libro che hai letto?

Hai mai letto un libro, convinto che sarebbe rimasto con te per sempre, solo per renderti conto dopo qualche settimana che non ne ricordi quasi nulla? Viviamo in un’epoca in cui divoriamo contenuti veloci e superficiali, dimenticando persino i libri più importanti. Ma perché succede? E soprattutto, come possiamo impedirlo?

Il problema: leggiamo troppo in fretta

Leggere è diventato un esercizio di velocità, non di profondità. Divoriamo i libri come facciamo con i video o i post sui social media: rapidamente e senza soffermarci. Questo approccio ci lascia frustrati, perché ciò che leggiamo scivola via dalla memoria. Non solo dimentichiamo i dettagli, ma spesso ci sembra di non aver letto affatto.

Questo accade soprattutto con la narrativa e la poesia. La letteratura ha bisogno di essere capita e sentita, mentre la poesia vive di sfumature e contesto: leggerla di fretta è come guardare un dipinto al buio.

Siamo immersi in una cultura che celebra la velocità e la produttività. Pensiamo che leggere velocemente ci renda più colti, più efficienti, più “al passo.” Ma questo passo è un’illusione. È una costruzione artificiale, alimentata dai social media, che svaluta la riflessione e premia la superficialità.

La soluzione: Deep Reading

La risposta a questo problema si chiama Deep Reading.

Il Deep Reading non è solo una tecnica di lettura: è un atto di ribellione contro la frenesia. È scegliere di vivere pienamente ogni pagina, rallentare e lasciare che le parole ci trasformino.

È un approccio che ribalta il paradigma della lettura veloce: leggendo lentamente e rileggendo i libri più volte, puoi trasformarli in esperienze che lasciano un segno duraturo. Con il Deep Reading, ciò che leggi non verrà dimenticato: diventerà parte di te.

La regola principale? Rileggere. Ogni rilettura è come un viaggio attraverso un paesaggio già visitato: noti dettagli che prima ti erano sfuggiti, scopri nuove connessioni, percepisci emozioni più profonde.

Come dice McEvoy: Reading is re-reading. Ogni libro nasconde tesori che solo chi ha pazienza riesce a scoprire.

I benefici del Deep Reading

Il Deep Reading non è solo un modo per ricordare meglio i libri. È un dono che fai a te stesso. Ogni libro letto lentamente diventa uno specchio della tua mente e del tuo cuore, una fotografia dei tuoi pensieri, delle tue emozioni e di chi sei in quel momento.

Ho scoperto che il Deep Reading non migliora solo la memoria, ma anche la mia capacità di pensare in modo più chiaro e profondo. Ogni libro letto lentamente diventa una conversazione, non solo con l’autore, ma anche con me stesso.

Ma c’è di più. Scrivere le tue riflessioni sui libri ti permette di lasciare un’eredità unica. Le tue annotazioni, i tuoi pensieri e le tue emozioni diventano un diario intellettuale ed emotivo. Un dono per chi verrà dopo di te.

Come iniziare con il Deep Reading

prendere appunti mentre si leggeVuoi provare il Deep Reading? Ecco come fare:

1. Scegli un libro importante

Non importa se è lungo o corto: scegli qualcosa che ti tocchi nel profondo. Io ho iniziato con Guerra e Pace di Tolstoj, un’opera immensa che mi impegnerà per un anno intero.

2. Rileggi, sempre

Leggi il libro una prima volta per capire cosa succede. Poi rileggilo, concentrandoti su dettagli, emozioni e connessioni. Ogni rilettura ti regalerà qualcosa di nuovo.

3. Scrivi

Tieni un taccuino vicino e annota le tue sensazioni. Non serve scrivere frasi perfette: bastano parole, pensieri, intuizioni. È come scattare una foto della tua mente.

Le quattro fasi del Deep Reading

Secondo Mortimer Adler, ci sono quattro livelli di lettura. Ecco come applicarli al Deep Reading:

1. Lettura elementare

Leggi per capire cosa sta succedendo. Chi sono i personaggi? Qual è la trama? Questo è il livello più semplice.

2. Relazioni

Rileggi per cogliere i legami tra eventi, personaggi e idee. Nota le scelte dell’autore: perché ha descritto una scena in un certo modo?

3. Meta-cognizione

Concentrati sugli effetti che il testo ha su di te. Cosa provi? Perché? Questa è la fase in cui inizi a riflettere sulle tue emozioni.

4. Sintopia

Confronta ciò che hai letto con altre opere o esperienze. Il testo ti ricorda qualcosa? Come si collega ad altri libri o idee?

Superare le resistenze e scegliere la profondità

Quando ho iniziato il Deep Reading, una voce nella mia testa continuava a opporsi:

“Davvero vuoi rileggere lo stesso capitolo? Sai quanto tempo ci vorrà per finire il libro?”

Queste resistenze sono il riflesso di un mondo che ci spinge a correre, a divorare tutto senza assaporarlo davvero. Ma leggere velocemente non ci rende migliori, né più colti. Il Deep Reading è l’opposto: è un atto di ribellione contro la superficialità, un modo per allenare la mente a fermarsi, osservare e riflettere.

Scegliere di rallentare non significa perdere tempo, ma usarlo per creare qualcosa di duraturo. Ogni rilettura è un passo verso la profondità, una possibilità di scoprire nuovi dettagli, emozioni e connessioni che prima non avevamo visto. È così che i libri diventano compagni di viaggio, strumenti per conoscere noi stessi e il mondo.

Deep Reading: un atto di cura verso te stesso

Il Deep Reading è molto più di una tecnica: è un invito a vivere con maggiore attenzione. È un dono che fai a te stesso, perché ti permette di riscoprire il piacere della lentezza, della scoperta e della riflessione.

Quando rileggi un libro, stai rileggendo anche te stesso. Le pagine che hai davanti diventano specchi dei tuoi pensieri, delle tue emozioni, della tua crescita personale. Ogni annotazione, ogni intuizione è un frammento della tua storia, un’eredità che lasci agli altri ma, soprattutto, a te stesso.

Se i libri che leggi ti sembrano scivolare via dalla memoria, non è un fallimento personale. È un segnale che hai bisogno di cambiare il tuo approccio. Con il Deep Reading, puoi leggere meno ma ricordare di più. Puoi trasformare ogni libro in un compagno di vita, anziché in un ricordo sbiadito.

Scegli un libro. Dedicalo al Deep Reading. E scoprirai che i libri non sono fatti per essere dimenticati: sono fatti per trasformarti.