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cervello umano aumentato dall'AI

Intelligenza Artificiale: le domande che non possiamo più ignorare

La settimana scorsa sono stato a Londra, dove ho visitato la borsa internazionale BETT. A parte il fascino di una città sempre letta nei libri, ma che non avevo ancora visitato, ho avuto un sacco di esperienze che hanno cambiato in modo netto e radicale il mio modo di rapportarmi con la tecnologia.

Il BETT di Londra è la fiera internazionale per eccellenza della tecnologia nell’educazione. Quest’anno, per forza di cose, non poteva mancare un pilastro importante come l’Intelligenza Artificiale.

Cosa ho imparato al BETT: oltre i trucchetti tecnici

Chi mi conosce lo sa, sono sempre stato un grande appassionato di tecnologia e sempre lo sarò. Trovarmi in un posto dove la tecnologia all’avanguardia viene applicata all’Educazione, altra mia grande passione, oltre che vocazione, è stato un sogno.

La cosa più importante che ho imparato però non è come impostare un GPT personale, come generare una serie di 5 lezioni basate sulla Tassonomia di Bloom, come scrivere il prompt perfetto, o come ottimizzare delle tasks ricorrenti. Questi sono trucchetti che, per quanto suonino altisonanti, non sfiorano che la superficie del mondo dell’Intelligenza Artificiale.

Un futuro che cresce in modo esponenziale

Siamo sull’orlo di un cambiamento mai visto nella storia dell’uomo. Se guardiamo indietro e analizziamo tutte le rivoluzioni avvenute nella nostra storia, notiamo come la magnitudo di ognuna di esse sia cresciuta esponenzialmente di volta in volta aumentando il peso specifico di ogni nuovo equilibrio. Prendiamo solo gli ultimi decenni: partiamo dall’arrivo di internet, passiamo per gli smartphone toccando il machine learning per sfociare nell’intelligenza artificiale.

AI: Tra mito e realtà

C’è da sempre un mito nell’immaginazione collettiva ogni volta che nominiamo l’AI (Artificial Intelligence). Alcuni di noi penseranno a Terminator, altri ad eserciti di androidi, altri a umanoidi tipo Super Vicky (sì, sono così vecchio). In realtà, come spiegato da un keynote di Rose Luckin (Professor of Learner Centred Design at UCL Knowledge Lab), l’AI esiste già da tanti anni.

Il 2022, anno di pubblicazione di ChatGPT, ha cambiato le carte in tavola. Sono cambiate le infrastrutture e, in modo ancora più decisivo, i processi di lavorazione delle cosiddette intelligenze artificiali.

Esperimenti con le onde cerebrali: l’AI che legge la mente

Uno degli esempi più affascinanti presentati al BETT riguarda l’utilizzo delle onde cerebrali per istruire i modelli di AI. Gli scienziati dell’Università di Osaka hanno creato due modelli di AI complementari per decodificare immagini viste dai pazienti con un’accuratezza dell’80%.

Primo modello: Ha analizzato le onde cerebrali generate da 4 pazienti mentre osservavano 10.000 immagini di persone, paesaggi e oggetti.

Secondo modello: Ha associato le onde cerebrali generate a delle descrizioni delle stesse immagini.

I due modelli hanno poi collaborato: uno ha generato un’immagine basata sulla prospettiva e sul layout dell’originale, l’altro ha collegato l’immagine alla rispettiva descrizione.

risultato degli studi dell'università di Osaka sul training di AI con onde cerebrali

Simili progressi sono stati applicati alla musica. Nel 2023, scienziati hanno ricostruito parti di Another Brick in the Wall dei Pink Floyd utilizzando le onde cerebrali di pazienti che ascoltavano il brano. Il risultato è sorprendente e ascoltabile qui.

AI e Robot Umanoidi: il progetto di Figure 01

Il climax di tutto ciò che ho visto e imparato al BETT è stato l’esperimento di **Figure**, una compagnia di robot umanoidi, insieme a OpenAI. Questo progetto ha mostrato in modo tangibile cosa significa interagire con un’intelligenza artificiale in grado di combinare capacità cognitive e fisiche.

Nel video presentato, un uomo interagisce con un robot impegnato in attività cognitive, come rispondere a domande complesse, e fisiche, come eseguire compiti richiesti. Guardare questo robot in azione è stato come vedere il futuro materializzarsi davanti ai miei occhi.

Dai vecchi algoritmi ai Large Language Models

In maniera volutamente semplicistica, possiamo vedere l’AI moderna come l’evoluzione del machine learning. Questo, come suggerisce il nome, prevede l’istruzione, il settaggio di un computer da parte dell’uomo con una serie di dati in modo tale da automatizzare tasks ricorrenti. Pensa alla selezione delle email spam: si può scrivere un algoritmo per riconoscere una determinata parola o serie di parole e associarvi un’azione. Nel caso delle email spam, quella di inoltro nella casella apposita.

Come succede sempre, una volta introdotta una novità, l’evoluzione aumenta in velocità ed efficacia. Nel giro di poco tempo abbiamo imparato a scrivere algoritmi sempre più complessi. Solo una cosa è rimasta invariata però, ed è appunto la dipendenza uomo>macchina. Nell’ambito del machine learning tradizionale infatti, l’input principale parte sempre dall’uomo. È l’uomo che scrive l’algoritmo. È l’uomo che fa la prima mossa.

Reti Neuronali e Deep Learning: un passo rivoluzionario

L’avvento dei Large Language Models invece ha cambiato le carte in tavola. Tramite il linguaggio, non più esclusivamente matematico, è possibile istruire e interagire con il computer, come si farebbe con una persona in carne ed ossa. Non finisce qui: come dicevo prima, una volta imboccata una nuova strada, l’evoluzione aumenta in velocità ed efficacia. Con la pubblicazione di ChatGPT  siamo passati dagli algoritmi alle reti neuronali artificial.

L’8 ottobre 2024 John Hopfield e Geoffrey Hinton hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica per le ricerche fatte e i risultati ottenuti nell’ambito delle intelligenze artificiali. Le reti neuronali artificiali consentono il Deep Learning automatico da parte del computer. La struttura è chiaramente ispirata al cervello umano, dove i neuroni sono collegati tra loro tramite sinapsi. Combinando psicologia cognitiva e fisica statistica, i due scienziati sono arrivati a creare questo sistema in cui il computer è in grado di calcolare da solo quale parola seguirà quella appena scritta.

Tornare a casa con più domande che risposte

Tutto quello che ho riportato qui è successo negli ultimi due anni. Un solo anno dopo la pubblicazione del primo modello di linguaggio AI. Le implicazioni sono vastissime e capovolgeranno la società come mai nella storia dell’Uomo.

Sam Altman, fondatore di OpenAI, arriva a predire un futuro non troppo lontano dove il lavoro dell’Uomo non sarà più necessario. Si arriverà al Reddito Universale, concetto familiare anche a Elon Musk.Non ci sarà più bisogno di lavorare e l’Uomo potrà finalmente dedicarsi alla creatività e alle “soft skills” che ci dividono dalle macchine.

Suona tutto come musica celestiale, ma…

Quale sarà il costo umano di questa rivoluzione? Se l’AI può automatizzare ogni compito ripetitivo e persino creativo (in questo progetto il National Youth Theater utilizza l’AI come partner), cosa resterà dell’essenza umana? Quale sarà un’etica accettabile e condivisibile?

Sono tornato a casa dopo aver camminato 40 km in 2 giorni. Quando sono rientrato, nostro figlio stava già dormendo. Nostra figlia giocava paciosa nella culla in soggiorno. Come in un algoritmo perfetto, sono arrivate altre domande:

1. Come dovrò preparare i nostri figli?

2. Quali valori dovrò mantenere e quali dovrò “aggiornare” per farli stare al passo coi tempi?

3. Come possiamo educare le macchine senza dimenticare di educare noi stessi?

4. Quali compromessi accettiamo senza rendercene conto quando deleghiamo decisioni agli algoritmi?

5. Cosa resta di autentico nella creatività quando tutto può essere simulato?

6. Come possiamo preservare il mistero dell’essere umano in un mondo che cerca di tradurlo in dati?

7. Quanto sto permettendo alla tecnologia di modellare il mio modo di pensare e vivere?

8. Chi sto diventando attraverso le scelte che faccio ogni giorno?

9. Chi sono io?

10. Chi sei tu?

libri su una scrivania classica

Perché hai già dimenticato l’ultimo libro che hai letto?

Hai mai letto un libro, convinto che sarebbe rimasto con te per sempre, solo per renderti conto dopo qualche settimana che non ne ricordi quasi nulla? Viviamo in un’epoca in cui divoriamo contenuti veloci e superficiali, dimenticando persino i libri più importanti. Ma perché succede? E soprattutto, come possiamo impedirlo?

Il problema: leggiamo troppo in fretta

Leggere è diventato un esercizio di velocità, non di profondità. Divoriamo i libri come facciamo con i video o i post sui social media: rapidamente e senza soffermarci. Questo approccio ci lascia frustrati, perché ciò che leggiamo scivola via dalla memoria. Non solo dimentichiamo i dettagli, ma spesso ci sembra di non aver letto affatto.

Questo accade soprattutto con la narrativa e la poesia. La letteratura ha bisogno di essere capita e sentita, mentre la poesia vive di sfumature e contesto: leggerla di fretta è come guardare un dipinto al buio.

Siamo immersi in una cultura che celebra la velocità e la produttività. Pensiamo che leggere velocemente ci renda più colti, più efficienti, più “al passo.” Ma questo passo è un’illusione. È una costruzione artificiale, alimentata dai social media, che svaluta la riflessione e premia la superficialità.

La soluzione: Deep Reading

La risposta a questo problema si chiama Deep Reading.

Il Deep Reading non è solo una tecnica di lettura: è un atto di ribellione contro la frenesia. È scegliere di vivere pienamente ogni pagina, rallentare e lasciare che le parole ci trasformino.

È un approccio che ribalta il paradigma della lettura veloce: leggendo lentamente e rileggendo i libri più volte, puoi trasformarli in esperienze che lasciano un segno duraturo. Con il Deep Reading, ciò che leggi non verrà dimenticato: diventerà parte di te.

La regola principale? Rileggere. Ogni rilettura è come un viaggio attraverso un paesaggio già visitato: noti dettagli che prima ti erano sfuggiti, scopri nuove connessioni, percepisci emozioni più profonde.

Come dice McEvoy: Reading is re-reading. Ogni libro nasconde tesori che solo chi ha pazienza riesce a scoprire.

I benefici del Deep Reading

Il Deep Reading non è solo un modo per ricordare meglio i libri. È un dono che fai a te stesso. Ogni libro letto lentamente diventa uno specchio della tua mente e del tuo cuore, una fotografia dei tuoi pensieri, delle tue emozioni e di chi sei in quel momento.

Ho scoperto che il Deep Reading non migliora solo la memoria, ma anche la mia capacità di pensare in modo più chiaro e profondo. Ogni libro letto lentamente diventa una conversazione, non solo con l’autore, ma anche con me stesso.

Ma c’è di più. Scrivere le tue riflessioni sui libri ti permette di lasciare un’eredità unica. Le tue annotazioni, i tuoi pensieri e le tue emozioni diventano un diario intellettuale ed emotivo. Un dono per chi verrà dopo di te.

Come iniziare con il Deep Reading

prendere appunti mentre si leggeVuoi provare il Deep Reading? Ecco come fare:

1. Scegli un libro importante

Non importa se è lungo o corto: scegli qualcosa che ti tocchi nel profondo. Io ho iniziato con Guerra e Pace di Tolstoj, un’opera immensa che mi impegnerà per un anno intero.

2. Rileggi, sempre

Leggi il libro una prima volta per capire cosa succede. Poi rileggilo, concentrandoti su dettagli, emozioni e connessioni. Ogni rilettura ti regalerà qualcosa di nuovo.

3. Scrivi

Tieni un taccuino vicino e annota le tue sensazioni. Non serve scrivere frasi perfette: bastano parole, pensieri, intuizioni. È come scattare una foto della tua mente.

Le quattro fasi del Deep Reading

Secondo Mortimer Adler, ci sono quattro livelli di lettura. Ecco come applicarli al Deep Reading:

1. Lettura elementare

Leggi per capire cosa sta succedendo. Chi sono i personaggi? Qual è la trama? Questo è il livello più semplice.

2. Relazioni

Rileggi per cogliere i legami tra eventi, personaggi e idee. Nota le scelte dell’autore: perché ha descritto una scena in un certo modo?

3. Meta-cognizione

Concentrati sugli effetti che il testo ha su di te. Cosa provi? Perché? Questa è la fase in cui inizi a riflettere sulle tue emozioni.

4. Sintopia

Confronta ciò che hai letto con altre opere o esperienze. Il testo ti ricorda qualcosa? Come si collega ad altri libri o idee?

Superare le resistenze e scegliere la profondità

Quando ho iniziato il Deep Reading, una voce nella mia testa continuava a opporsi:

“Davvero vuoi rileggere lo stesso capitolo? Sai quanto tempo ci vorrà per finire il libro?”

Queste resistenze sono il riflesso di un mondo che ci spinge a correre, a divorare tutto senza assaporarlo davvero. Ma leggere velocemente non ci rende migliori, né più colti. Il Deep Reading è l’opposto: è un atto di ribellione contro la superficialità, un modo per allenare la mente a fermarsi, osservare e riflettere.

Scegliere di rallentare non significa perdere tempo, ma usarlo per creare qualcosa di duraturo. Ogni rilettura è un passo verso la profondità, una possibilità di scoprire nuovi dettagli, emozioni e connessioni che prima non avevamo visto. È così che i libri diventano compagni di viaggio, strumenti per conoscere noi stessi e il mondo.

Deep Reading: un atto di cura verso te stesso

Il Deep Reading è molto più di una tecnica: è un invito a vivere con maggiore attenzione. È un dono che fai a te stesso, perché ti permette di riscoprire il piacere della lentezza, della scoperta e della riflessione.

Quando rileggi un libro, stai rileggendo anche te stesso. Le pagine che hai davanti diventano specchi dei tuoi pensieri, delle tue emozioni, della tua crescita personale. Ogni annotazione, ogni intuizione è un frammento della tua storia, un’eredità che lasci agli altri ma, soprattutto, a te stesso.

Se i libri che leggi ti sembrano scivolare via dalla memoria, non è un fallimento personale. È un segnale che hai bisogno di cambiare il tuo approccio. Con il Deep Reading, puoi leggere meno ma ricordare di più. Puoi trasformare ogni libro in un compagno di vita, anziché in un ricordo sbiadito.

Scegli un libro. Dedicalo al Deep Reading. E scoprirai che i libri non sono fatti per essere dimenticati: sono fatti per trasformarti.

prendere appunti per costruire la propria conoscenza

Tecniche di lettura efficace: leggere come un costruttore

Se applicherai queste tecniche di lettura efficace, ogni libro diverrà un’opportunità di crescita personale.

Per molti, la lettura è un’attività passiva, una sorta di “assorbimento di informazioni” senza un vero obiettivo. Eppure, leggere può diventare un atto intenzionale, come il lavoro di un costruttore che, pietra su pietra, erige un edificio solido e duraturo.

Leggere come un costruttore significa selezionare con cura le idee e i concetti più importanti, integrandoli in una struttura coerente. Ogni libro, ogni capitolo, ogni pagina è un materiale grezzo da lavorare e incastonare nel tuo archivio mentale.

Se vuoi approfondire come trasformare la lettura in un’esperienza significativa, scopri il metodo del Deep Reading.

Tecniche di Lettura Efficace: Il Metodo a Tre Fasi per Costruire Conoscenza

Come un architetto che progetta e seleziona le risorse per realizzare la sua visione, puoi applicare un metodo strutturato per trasformare la lettura in uno strumento di crescita personale. Le tre fasi proposte da Mortimer Adler in How to Read a Book sono un esempio perfetto di questo approccio.

Fase 1: La Lettura Superficiale (Skimming)

La lettura superficiale è come preparare il cantiere: osservi il terreno, analizzi le possibilità e decidi dove concentrare le risorse. Non serve leggere tutto subito, ma acquisire una visione d’insieme.

1. Indice e sommario: Consulta l’indice e annota le pagine che trattano gli argomenti più interessanti. Dove trovi molte pagine dedicate a un tema, probabilmente si tratta di un argomento centrale nel libro.

2. Prefazione: Leggi l’introduzione per capire le intenzioni dell’autore e il contesto del testo.

3. TOC (Table of Contents): Guarda l’organizzazione del libro per tracciare una mappa mentale.

Se vuoi organizzare al meglio le tue riflessioni, puoi utilizzare un Reading Journal, uno strumento ideale per tracciare idee e connessioni durante la lettura.

Questa fase ti permette di progettare la tua lettura e individuare i punti chiave su cui lavorare, proprio come un costruttore che sceglie i materiali migliori per il suo progetto.

Fase 2: La Lettura Analitica

La lettura analitica è il cuore del lavoro. Qui inizi a costruire, dedicando attenzione ai dettagli e alle connessioni tra le idee.

1. Leggi in modo selettivo: Concentrati sulle pagine che hai identificato nella fase precedente. Non temere di saltare le parti meno rilevanti.

2. Segui lo sviluppo dei concetti: Analizza come l’autore collega le idee tra loro. Annota le scoperte e i passaggi che risuonano con te.

3. Rileggi con intenzione: Torna sulle sezioni chiave per approfondire e chiarire i dettagli.

Questa fase è come montare i pezzi di un edificio: tutto inizia a prendere forma, e ogni elemento viene collocato nel posto giusto per dare stabilità alla struttura.

Fase 3: La Lettura Sintopica

La lettura sintopica rappresenta l’opera finita, quando confronti idee e prospettive da più libri per creare un sistema di conoscenza unico.

1. Confronta fonti diverse: Individua temi ricorrenti o contraddittori tra libri diversi.
2. Crea connessioni personali: Usa le informazioni per arricchire il tuo pensiero critico e sviluppare nuove prospettive.

Leggere come un Costruttore: Dal Materiale Grezzo all’Opera Fatta

Leggere efficacemente non è un atto passivo, ma un gesto creativo. Ogni libro è un mattone, ogni idea una pietra angolare che può contribuire a costruire la tua “architettura del sapere.” Ma, come ogni buon costruttore, è fondamentale selezionare solo i materiali migliori, eliminando il superfluo e concentrandosi su ciò che aggiunge valore.

Il risultato? Un archivio mentale solido e coerente, capace di sostenere nuove idee e connessioni.

Conclusione: Leggi efficacemente e Costruisci la Tua Conoscenza

Leggere come un costruttore ti permette di trasformare ogni libro in un tassello fondamentale della tua crescita personale. Non importa quanti libri leggi, ma come usi queste tecniche di lettura efficace per costruire un sistema di conoscenza che rifletta la tua unicità.

Ora tocca a te: prendi il prossimo libro che vuoi leggere e inizia a costruire applicando queste tecniche di lettura efficace. Scoprirai che ogni pagina è un’opportunità per dare forma alle tue idee e realizzare la tua architettura del sapere.

Lezioni dal 2024 La Strada Verso The Polymath Quest

Il 2024 è stato un anno strano. A tratti veloce, a tratti lento, come se il tempo stesso non sapesse che ritmo scegliere. È stato un capitolo particolare della mia vita, un pezzo del puzzle più grande che sto cercando di costruire, con attenzione e intenzione.

Convivere con la perdita di mia madre mi ha messo davanti alla dura realtà. È il Tempo l’unica costante che può dare o togliere senso alla nostra Vita. Ognuno è libero di impiegarlo come vuole, questo è chiaro. Io ho sentito l’urgenza di rivederne l’utilizzo che ne facevo.

At the end of your life, looking back, whatever compelled your attention from moment to moment is simply what your life will have been.

Oliver Burkman

Ogni mattina mi sono svegliato presto, prima che il sole illuminasse tutto, con una penna in mano e una tazza di caffè accanto. Ho scritto, non per cercare la perfezione, ma per capire, per tracciare una mappa di ciò che stava accadendo dentro e fuori di me. È stato un esercizio di lentezza in un mondo che corre, un gesto deliberato di cura verso me stesso.

Questa abitudine non è solo sopravvissuta al caos della vita, ma è diventata il cuore del mio sistema di crescita personale. Scrivere è stato il modo per dare forma alle domande, ai dubbi e alle intuizioni che mi hanno accompagnato nel corso dell’anno. Ed è così che il journaling si è intrecciato con il progetto che annuncio oggi: The Polymath Quest.

2024: Un Anno di Connessioni

Ho corso, nuotato e pedalato. Non per arrivare da qualche parte, ma per esplorare quel confine tra fatica e leggerezza, tra disciplina e libertà. Ogni allenamento è stato un modo per mettere ordine nei pensieri, un dialogo silenzioso tra corpo e mente.

Allo stesso tempo, ho continuato a costruire il mio secondo cervello, un sistema per custodire e connettere ciò che apprendo. Ogni nota, ogni idea, ogni riflessione è diventata un pezzo di un puzzle più grande. Non sempre sapevo dove mi avrebbe portato, ma ogni piccola scoperta aveva il sapore di una conquista.

metodo di studio zettelkastenNelle prossime settimane condividerò la mia pratica, sperando possa essere d’ispirazione.

Un Ponte tra Passato e Futuro

C’è stato un momento particolarmente significativo: la nascita della nostra seconda figlia. Per lei, per il nostro primo figlio, per mia moglie e la mia famiglia tutta ho scritto ogni giorno. Piccoli frammenti di vita che forse un giorno leggeremo insieme. Sono stati momenti preziosi che mi hanno insegnato il valore di rallentare, di osservare, di essere presente.

The Polymath Quest: Un Nuovo Inizio

Ed è proprio da queste connessioni che nasce The Polymath Quest, il progetto che annuncio oggi e che guiderà il mio 2025. Questo percorso non è solo un invito a esplorare molteplici discipline, ma un modo per imparare a pensare meglio, a vivere meglio e a creare connessioni profonde tra idee, esperienze e conoscenze.

The Polymath Quest non è un sistema rigido, ma una filosofia: un invito a rallentare, riflettere e costruire qualcosa di unico e personale. È un viaggio che inizia con una domanda semplice ma potente: Come possiamo dare più significato alla nostra vita, imparare dai grandi maestri e lasciare un’impronta che parli davvero di noi, diventando ogni giorno una versione migliore di quello che eravamo ieri?

Guardando al Futuro

Mentre il 2024 si chiude, mi rendo conto di non avere tutte le risposte. Ed è proprio questo che mi piace.

Il 2025 sarà l’anno delle domande. Mi concentrerò sul percorso, anziché cercare di arrivare il prima possibile alle risposte. Non posso né voglio più continuare ad anestetizzarmi e distrarmi con materiale di bassa qualità. Ne va della qualità dei miei pensieri e quindi della mia vita.

Il 2025 inizia con una visione più chiara e con il desiderio di condividere questo viaggio con te. Nei prossimi mesi, pubblicherò articoli, riflessioni e strumenti pratici per aiutarti a costruire il tuo sistema di crescita personale, a coltivare la curiosità e a esplorare le connessioni tra le cose che ami.

Un Invito a Rallentare

Se c’è una cosa che ho imparato quest’anno, è questa: il viaggio vale sempre la pena, anche quando la meta non è ancora chiara. E il vero dono non è arrivare alla fine, ma scoprire chi diventi lungo il percorso.

Per questo ti invito a fare lo stesso. Prenditi un momento per riflettere sul tuo anno. Cosa hai imparato? Quali connessioni hai creato? Quali domande ti accompagneranno nel 2025?

 

Buon anno.

E buon viaggio.

pas geboren baby

La nascita di mia figlia

La notte in cui sei nata

C’era una luna bellissima quando sei nata, amore mio. Come se fosse un messaggio, un memento, l’abbiamo ammirata al ritorno a casa. Era così grande, così maestosa che mi sono sentito piccolo, ma grande d’amore e gratitudine. Non potevo toglierle gli occhi di dosso.

Sei arrivata il 25 ottobre alle 22:03 nella stanza 8 dell’ospedale di Deventer. Una notte serena, rigida ma non ancora fredda come ci aspettavamo.

I primi segnali

Tutto è iniziato nel pomeriggio, intorno alle 18. Mamma ha cominciato a dire che sentiva dei movimenti diversi. Sensazioni che non riconosceva rispetto alle ultime settimane. Io mi sono messo subito sull’attenti, visto come è andata con tuo fratello Alexander.

Stavamo cenando e abbiamo subito iniziato a pensare cosa sarebbe stato meglio fare con tuo fratello. Abbiamo chiamato Marlijn per discuterne. Lei si era offerta di aiutarci tenendo Alexander quando saresti arrivata. Visto l’approcciare della sera, volevamo capire cosa fosse meglio fare, visto che i dolori di mamma non davano cenno di fermarsi.

Abbiamo chiamato anche l’ostetrica per chiedere consiglio. Ci ha detto di provare a cronometrare quelle che a tutti gli effetti stavano diventando contrazioni. Avremmo dovuto ricontattarla quando sarebbero arrivate ogni 5 minuti. Non ci è voluto molto prima che succedesse.

Per evitare levatacce per Marlijn, Lucas e Alexander, abbiamo deciso di portare tuo fratello direttamente a casa loro per la notte. Alle 19:30 l’ho preparato per la notte e invece di salire le scale sono uscito fuori con lui in braccio. Avresti dovuto vedere la sua espressione di stupore nel non capire, cosa stesse succedendo. Lucas ci ha ricevuti e siamo andati direttamente nella camera da letto che avevano preparato per lui.

Dopo un po’ di coccole l’ho messo giù e sono andato via. Non volevo rimanere troppo lontano da tua madre. Sono andato via che piangeva un po’, ma avevo piena fiducia in Lucas, sapevo che l’avrebbe gestita al meglio e così è stato. Dopo essere rientrato ho ricevuto un suo messaggio, Alex si era addormentato.

Nel frattempo mamma aveva sentito l’ostetrica che era in arrivo. Le contrazioni erano aumentate molto velocemente di intensità e volume. Quando è arrivata è andata a visitare mamma. Io ho preso le nostre valigie e le ho caricate in macchina. Poi sono rientrato per portare fuori Truus. Non sapevo quanto saremmo stati via. Ho chiesto permesso all’ostetrica e sono andato. Si stava facendo sera, io camminavo con la nostra bassottina perso nella confusione di quei momenti.

Da lì a poco ti avremmo conosciuto. Saresti arrivata, dopo 9 mesi di attesa. 40 settimane e 4 giorni per l’esattezza.

Il giro è stato molto veloce. Al ritorno l’ostetrica ci ha chiesto di prepararci ad andare all’ospedale. Se il desiderio era farti nascere in acqua, dovevamo arrivare in tempo per poter preparare tutto. L’ostetrica aveva già riservato la stanza e la piscina. Come sempre in quei momenti, sono stato preso da una lucidità impeccabile. La macchina era già pronta con i bagagli. Sono andata a prenderla e ho parcheggiato davanti alla porta di casa con lo sportello del passeggero aperto pronto per accogliere mamma.

In viaggio verso l’ospedale

Si era fatto buio nel frattempo. Durante il viaggio verso l’ospedale quando è arrivato tuo fratello io chiamai tuo nonno. Questa volta tua madre ha chiamato tua zia Anita. È stato un bene che l’abbia fatto. Non ci sono mai stati così tanti semafori rossi negli ultimi mesi. Si è potuta distrarre anche se a volte dovevo parlare io al suo posto, vista l’intensità delle contrazioni.

Arrivati all’ospedale ho parcheggiato davanti alla porta girevole e sono corso a prendere una sedia a rotelle. Erano le 21:20. L’ostetrica che guidava davanti a noi si è offerta di portare mamma in reparto, mentre io prendevo le valigie. Sono stato così veloce che sono arrivato in reparto a piedi mentre loro uscivano dall’ascensore.

Siamo andati in stanza. Era calda e accogliente. Un groppo in gola mi ha fatto visita pensando che quello sarebbe stato il luogo in cui ti avremmo conosciuta. Ma non c’era tempo da perdere. Bisognava riempire la piscina e organizzare il resto.

Ho aiutato tua madre a mettersi comoda mentre l’ostetrica con mani esperte azionava il meccanismo per pompare l’acqua nella piscina alla giusta temperatura.

Le contrazioni aumentavano ancora. Ogni ondata era più forte della precedente. Mamma è entrata quando la piscina era mezza piena. Erano le 21:38. Come se avessero avuto il via libera, le contrazioni sono aumentate ancora. Io ho preso qualcosa che somigliava a un tavolinetto e l’ho spostato dietro la piscina, così da poter abbracciare tua madre e darle sostegno.

Il momento della tua nascita

Mi sono sentito così piccolo, così profondamente grato per poter vivere quel momento di magia. Si perché è di questo che si è trattato, Maxime. Ho visto il corpo di tua madre cambiare e prepararsi a farti arrivare. Ho visto per la seconda volta la forza della Natura, il miracolo che solo la Donna può fare.

Mentre la baciavo e le asciugavo la fronte, ho sentito nel mio cuore che le sarei stato grato per sempre per avermi reso padre per due volte. Non può esserci legame più forte di quanto ho percepito in quel momento. Ho ripensato a come ci siamo conosciuti.

Ho rivisto momenti della nostra storia insieme. Non i momenti romantici che ti aspetteresti. Ho ripensato ad una sera d’autunno di qualche anno fa, quando siamo usciti alle 19 e siamo andati a comprarci un iPad. I negozi chiudevano alle 20. Abbiamo passato il resto della serata felici come due bambini il giorno di Natale. L’ho rivista a Colonia, quando ha guidato per due ore e mezza con la nostra bassotta per venirmi a prendere al ritorno dall’Italia.

Momenti qualunque Maxime. Momenti di Vita, quella vera, che da 8 anni ho il privilegio di condividere con tua madre.

Alle 21:55 sono iniziate le contrazioni finali. Tua madre ha gestito la cosa come un lottatore esperto. Dopo aver incassato le contrazioni con forza esemplare, ha semplicemente deciso che era abbastanza, era ora di farti venire al mondo. Di nuovo quello sguardo nei suoi occhi, di nuovo quel cambio repentino di energia. La stanza si è riempita di magia, potevo quasi vederla.

Tua madre si è preparata, ha stretto le maniglie della piscina, io l’ho stretta a me. Erano le 22:02. “Ottimo lavoro, Carolien” dice l’ostetrica, “continua così”. E tua madre lo fa.

Ancora una spinta e ti vedo arrivare.

“Accompagnala” dice l’ostetrica avvicinandosi. Tua madre ti accoglie, si rilassa e ti poggia sul suo ventre. Sono le 22:03. Tu con i tuoi occhioni neri ti guardi intorno, sorpresa ma non troppo. Hai pianto brevemente poi ti messa a guardarti intorno, come a cercare di capire cosa fosse successo.

Ho stretto tua madre e l’ho baciata commosso. Il mio cuore stava per esplodere.

Ci siamo presi del tempo per goderci quel momento. Come imparerai, è proprio il retrogusto amaro dell’unicità del tempo che passa a renderlo magico. Quando ti trovi davanti ad una felicità così grande sei pronto ad abbracciare anche l’idea che tutto finirà un giorno. Ti abbiamo aspettata tanto e quel momento era appena arrivato e scappato via. Non ci restava che rallentare il tempo, chiedergli di aspettare un po’.

A te non dispiaceva affatto. Mamma ti faceva nuotare un po’. Per mantenerti al caldo l’ostetrica ha bagnato un asciugamano e te l’ha poggiato addosso.

I nostri primi momenti insieme

Alle 22:47 ti ho presa in braccio per la prima volta. Mamma doveva uscire dalla piscina e tu dovevi essere asciugata e visitata dall’ostetrica. Mi sono seduto sulla poltrona senza maglietta. Ti avrei presa in braccio e tenuta sul mio petto per riscaldarti.

Amore mio, sapessi trovare le parole per rafforzare questa metafora del mio amore per te, lo farei.

Appena poggiata sul mio petto ti sei calmata e ti ho sentita rilassare. Ti sei rannicchiata tutta, mentre io, così come feci con tuo fratello, ho iniziato subito a sussurrarti parole segrete all’orecchio. Ve le ho stampate sul cuore, le troverete un giorno, ne sono sicuro.

Che emozione particolare è stata quella di stringerti, di sentirti su di me. Fino a poco fa potevamo solo immaginarti. Ora ti vedevo rannicchiata guardarti intorno con i tuoi occhi grandi.

Mentre l’ostetrica aiutava mamma e io ero perso nei tuoi occhi grandi, siamo entrambi stati distratti da due puntini neri che sembravano avvicinarsi ogni volta che gli rivolgevamo lo sguardo. Sono arrivati fino a sopra il letto di mamma. Erano…due coccinelle. Prima che lo realizzassi la mia gola si è chiusa e gli occhi si sono gonfiati di lacrime. “Figurati se le nonne si sarebbero perse questo momento” ho pensato.

L’ostetrica ti ha visitata e misurata. 3036gr e 50 cm di lunghezza.

Tu lo scoprirai crescendo, ma te lo anticipo io: tua madre è una Forza della Natura. Due ore e mezza dopo il parto era già in piedi. Le infermiere d’accordo con l’ostetrica hanno detto che potevamo andare a casa, era tutto perfetto. Ha mangiato un panino, si è fatta una doccia ed ha iniziato a prepararsi per lasciare l’ospedale.

Io ho fatto un paio di volte avanti e indietro per prendere il seggiolino e portare via le valigie.

E così, alle 01:30 guidavamo nella notte verso casa. Io, te e tua madre.

È stato allora che abbiamo visto quella luna splendida. Se ne stava là, in mezzo al cielo e noi non potevamo fare a meno di guardarla.

Il 25 ottobre è stato il primo giorno della Luna Cinerea. In questa fase, una falce della luna è direttamente visibile. Anche il resto del disco è visibile, ma è di un colore grigio chiaro, che richiama la cenere. Per questo si chiama così. Ciò è possibile grazie al riflesso della luce del sole sulla Terra.

Mi piace immaginare così la nostra vita insieme: tu Luna crescente, all’inizio avrai bisogno del nostro supporto per essere completa. Noi non faremo altro che rifletterti la luce dell’amore che a nostra volta abbiamo ricevuto e riceviamo.

Tu crescerai, fino a diventare Luna Piena. Noi ci ritireremo per lasciarti splendere, per tornare poi a completarti nella tua vita da adulta, in qualsiasi forma possibile.

Chissà, forse allora sarai in grado di leggere le parole che ti ho scritto sul cuore quando ti ho accolta sul mio petto.

Benvenuta tra noi Amore mio.

Con amore,

Papà

libro che porta al digital detox

Dalla dipendenza digitale alla libertà mentale: il potere del Lifelong Learning

Introduzione

La libertà mentale è una conquista, non un punto di partenza. L’ho capito lasciandomi alle spalle la dipendenza digitale e abbracciando l’apprendimento permanente. È stato un viaggio difficile, ma ha cambiato il modo in cui vivo il mio tempo e il mio futuro.

Per anni ho ignorato la mia passione per la lettura e la scrittura, sepolta sotto notifiche, DM e post senza fine. Ad agosto dello scorso anno, ho iniziato una Digital Detox. Non è stato facile all’inizio, ma è stata la decisione migliore della mia vita. Ho scoperto qualcosa di straordinario: liberarsi dai social media non è solo un atto di ribellione, ma un invito a vivere con intenzione.

Nel 2023 avevo programmato di leggere 14 libri. Ne ho letti 34. Ma la quantità non è tutto. Ho costruito un sistema che mi ha permesso di trasformare ogni libro, ogni idea, in qualcosa di concreto.

Oggi voglio condividere con te questo percorso e raccontarti come Obsidian e una mentalità di Lifelong Learning possono trasformare la tua vita.


Dal caos digitale alla chiarezza mentale: il mio viaggio personale

Per anni ho avuto la sensazione di correre senza una meta. Guardavo il telefono centinaia di volte al giorno. Mi distraevo facilmente, dimenticando ciò che era davvero importante.

Dopo la Digital Detox, tutto è cambiato. Ho scoperto il piacere di rallentare, di osservare, di dedicare tempo a ciò che conta. Ho iniziato a costruire un sistema personale che non solo mi aiutasse a imparare, ma anche a connettere le idee in modo significativo.


Obsidian: il fulcro del mio sistema per la libertà mentale

L’apprendimento permanente non è solo leggere libri o seguire corsi. È un modo di vivere, una mentalità che ti permette di trasformare ogni esperienza in conoscenza.

Il fulcro del mio sistema è Obsidian, un’app Markdown che mi consente di catturare idee, collegarle tra loro e creare un “secondo cervello.” Ogni nota è un mattoncino che aggiungo alla mia struttura di conoscenze.

Come lo faccio?

 

  • Daily Notes: Ogni giorno catturo idee, citazioni e intuizioni.
  • Collegamenti interni: Creo connessioni tra le note, costruendo una rete di idee che cresce con
    me.
  • Revisione settimanale: La domenica mattina rivedo le note della settimana e le trasformo in mini saggi, collegandole a idee precedenti.

Questo approccio mi aiuta a vedere pattern e connessioni che altrimenti mi sfuggirebbero, trasformando il semplice apprendimento in un processo creativo.

Grafico su Obsidian con collegamenti tra le note


Scegliere l’apprendimento al posto delle distrazioni: alternative ai social media

Abbandonare i social media mi ha permesso di dedicare tempo ad attività che arricchiscono davvero la mia vita. Ecco alcune alternative che puoi provare:

  1. Corsi online: Scopri piattaforme come Coursera o Masterclass per imparare nuove competenze.
  2. Libri ispiratori: Fai una lista di libri che ti sfidano intellettualmente.
  3. Discussioni significative: Partecipa a gruppi di lettura o crea il tuo.
  4. Progetti personali: Dedica tempo a scrivere, creare o imparare qualcosa che hai sempre voluto fare.

Conclusione

Lasciarsi alle spalle la dipendenza digitale è un atto di ribellione contro il tempo perso. È una scelta di cura verso noi stessi e di rispetto verso il nostro futuro. La libertà mentale non arriva per caso: si costruisce, un passo alla volta, attraverso l’apprendimento, la riflessione e la connessione.

Con strumenti come Obsidian e una mentalità orientata alla crescita, puoi trasformare il tuo tempo in una risorsa preziosa per arricchire te stesso e il tuo futuro.

Il momento migliore per iniziare è ora.

Se vuoi scoprire di più su come costruire un sistema di crescita personale, leggi il mio articolo sull’Architettura del Sapere o scopri come il Deep Reading può trasformare il tuo rapporto con i libri.

primo compleanno

Il primo compleanno di nostro figlio

Oggi festeggiamo il tuo primo compleanno.

Da qualche parte ho letto che lo scrittore vive due volte. Prima vive la sua vita normale, quella in cui si sveglia al mattino, si cambia per andare al lavoro, va a fare spesa, guarda la tv. Poi c’è la seconda, quella che rivive quando si siede e inizia a scrivere ciò che gli è accaduto.

C’è qualcosa di magico e di profondamente sublime nel poter leggere i segni dell’esistenza di qualcuno. Il gesto d’amore più profondo che possa immaginare. Scrivendo delle nostre vite riusciamo a incastrare il Tempo su un foglio di carta. Lo rendiamo accessibile ogni volta torniamo a rileggerlo.

La cosa forse ancora più magica è che nel rileggere, riempiremo gli spazi tra le parole con le esperienze fatte fino a quel momento. E così come non è possibile respirare due volte la stessa aria, non rileggeremo mai le stesse parole con le stesse emozioni.

“Ci prepariamo per passare la prima notte insieme. La prima notte della tua vita.

La prima notte della nostra nuova vita.”

Così scrivevo l’anno scorso nella Cronaca di Alexander.

Nel frattempo sono passati dodici mesi dalle 21:20 del 14 maggio 2023. Allora ti ho visto per la prima volta. Alle 21:33 ho tagliato il tuo cordone ombelicale donandoti di fatto al mondo. Ti ho sussurrato “Amore mio, benvenuto”.

In questo anno ho imparato tantissime cose: riesco a preparare un biberon in 26 secondi netti. I pannolini non hanno più segreti. Posso dormire poco e rimanere civile. Posso rassettare i giocattoli in men che non si dica e posso raccoglierli un numero esponenziale di volte quando vengono gettati fuori dal box o dal seggiolone.

Ma resto umile.

Ma la cosa più importante di tutte, ciò che veramente ha cambiato la mia vita, è il mio modo di rapportarmi al Tempo.

Vederti crescere mi ha fatto comprendere in fondo il mio posto nella storia, il mio posto nel mondo. Io sono una parte del Tutto, un piccolo nodo del tessuto che creiamo tutti insieme. Non sono né più né meno importante di un altro nodo.

Ma proprio come tutti gli altri nodi, sono indispensabile per continuare la trama.

Ho riflettuto molto sul concetto delle Tavolozza dell’Essere. È un concetto molto bello. L’idea di base è che ognuno di noi nasce con una tavolozza a disposizione, dove i colori rappresentano le esperienze, i pensieri e le informazioni disponibili in quell’epoca. Sarà la combinazione di questi elementi a dare forma e colore alle nostre vite.

Ma se è vero che nasciamo avendo a disposizione solo i colori già “scoperti”, è anche vero che possiamo crearne degli altri. E quando inizieremo ad usarli, li mostreremo alle persone vicino a noi. Forse a qualcuno piaceranno e deciderà di includerli nella sua tavolozza. E così via allargando il cerchio.

Ecco, Io è da un anno che lavoro ad un nuovo colore.

Lo faccio pensando all’opera che sto creando con tua madre. Alla magia a cui assistiamo ogni giorno. Mescolo la sensazione di prenderti in braccio per la prima volta con le tue mani che stringono le mie dita mentre ti sostengo nei tuoi primi passi. Diluisco con la commozione di quei momenti. Scurisco con un po’ di malinconia. Mi dispiace ma sei una cosa così bella che il solo pensiero di doverla lasciare un giorno riesce comunque a fare breccia. Addolcisco con quel tuo sorriso così puro che è quasi doloroso. Una punta di profondità con il bisogno di conoscere, imparare, migliorarmi. Te lo devo.

Amalgamo tutto con lo sguardo innamorato di tua madre e l’amore delle persone intorno a noi. Di Tutte le persone intorno a noi.

Ecco qui Amore mio, questo è il mio colore. Usalo come meglio credi.

Buon compleanno.

elaborazione del lutto e crescita personale

Due anni senza mia madre: Lezioni e trasformazioni

Oggi, 5 maggio 2024, sono passati due anni dalla dipartita di mia madre. Due anni in cui ho provato ad elaborare il lutto.

Si può superare un lutto? Come si guarisce dal dolore per la perdita di un genitore?

Il primo anno dalla perdita di mia madre l’ho passato cercando come un forsennato la risposta a queste domande. Ho riflettuto su temi importanti nell’elaborazione del lutto, come quello dell’accettazione e il “trovare la presenza nell’assenza”. Ero sulla buona strada, ma ancora troppo lontano dal traguardo.

Allora ho ricominciato a cercare. Ho cercato nello sport, nella meditazione, nello studio, nell’Arte. È stato un processo lungo, tanto lento dal farmi credere che non ci fosse progresso.

Le risposte alle due domande iniziavano ad arrivare, ma non osavo accettarle.

Si può superare un lutto?

No.

Come si guarisce dal dolore per la perdita di un genitore?

Non si guarisce.

Mi sentivo come un matematico che ricontrolla più e più volte la formula applicata arrivando comunque al risultato inaspettato.

Per la regola inversa però, se il risultato inaspettato è comunque giusto, ci deve essere un’errore nell’applicazione della formula.

Ho spostato la mia attenzione sulle domande che mi ponevo, ed è lì che ho trovato ciò che cercavo.

Mi rendo conto che molti dei ragionamenti che esporrò saranno al limite della filosofia, a volte della metafisica. Non sono un esperto in nessuno dei due campi. Ciò che riporterò qui è il percorso che ho fatto nell’ultimo anno.

La speranza è che ciò possa essere d’aiuto o magari di ispirazione per chi come me si è trovato o troverà ad affrontare la perdita di una persona cara.

Il concetto di perdita

Ho realizzato solo qualche mese dopo l’accaduto la violenza del lasciare la stanza dove un genitore ha appena smesso di vivere. Quel momento ha rappresentato per me una cesura con il passato. Avevo appena visto mia madre andare via. Questa volta per sempre. Non l’avrei mai più rivista. Non avrei più sentito la sua voce, non avrei più potuto toccarla. Qualcuno che neanche conoscevo in quel momento la stava letteralmente portando via. Come potevo essere lo stesso?

Eppure, seppure perso nel dolore, ho sempre prestato molta attenzione alle parole. Con le parole formiamo la nostra percezione del mondo. È importante scegliere quelle giuste.

In questi due anni, ad esempio, non sono mai riuscito a dire “mia madre è morta”. Ho un senso di malessere nello scrivere o pronunciare questa frase. Non per la paura atavica che la morte evoca, ma per il fatto che nella mia testa una cosa morta è qualcosa che non c’è più. Una cosa scomparsa. Una cosa è scomparsa quando non ce n’è più traccia.

Dire che non ci sia più traccia di mia madre in me e nelle persone intorno a me sarebbe un errore. 

Elaborare l’accettazione durante il primo anno, mi ha dato la forza necessaria per concentrarmi sulla “presenza nell’assenza” come auspicavo un anno fa. Allora era puro ragionamento, oggi sta diventando sempre di più pratica quotidiana.

Come tornare alla vita (non “di prima”)

Tutte le persone che subiscono un trauma desiderano tornare alla vita prima che la tragedia accadesse. Eppure questa proposizione – il tornare alla “vita di prima” – è fallace.

Per definizione non si può tornare alla vita di prima. Per il semplice fatto che non esiste più. Il Tempo non è un’entità statica e sempre uguale. Al contrario, si rigenera costantemente in un processo infinito che dá origine a quello che noi esperiamo come Presente. Il passato non esiste più, il futuro non esiste ancora. Sono entrambi proiezioni mentali. Nonostante ciò ci intossichiamo nell’illusione di poterli controllare.

Potresti obiettare che il passato continui ad esistere dentro di noi, visto che puoi richiamare alla mente un ricordo. È sicuramente vero, ma qui si annida un’altra fallacia: se ti chiedessi cosa hai fatto alle 15:42 del 2 gennaio del 2014 probabilmente non sapresti rispondere.

Possiamo dire che quel passato non esista, visto che non lo ricordi? Ovviamente no.

Questa è la prova che confondiamo il processo di memorizzazione di eventi con il passato.

Nel processo di memorizzazione degli eventi (non parlo dell’apprendimento) le emozioni giocano un ruolo fondamentale. Ma il problema era lontano dall’essere risolto:

Se ricordo solo gli eventi rilevanti emotivamente, allora dov’è andato a finire tutto il resto del Tempo che non ricordo?

Rispondere a questa domanda ha richiesto il più grande salto di pensiero e di percezione che abbia fatto fino ad oggi. Alla base di tutto, c’era un problema di impostazione. Doveva esserci un altro livello di Essere e Tempo.

Ho sempre creduto che da qualche parte dentro di me ci fosse un regista, un Moreno in miniatura che tirasse le fila della mia mente e del mio corpo.

Allora sono andato a cercarlo. Lui aveva sicuramente le risposte.

L’ho cercato nel mio cervello, poi nella testa. Non trovando nessuno sono sceso al petto. Per quanto spaventato dai risultati della ricerca, non ho mai trovato nessuno.

È stato qui che ho riscritto il paradigma con cui guardo alla realtà:

Ciò che fino a prima identificavo come il “Moreno in miniatura” ha lasciato posto a quello spazio incontrollato che è la consapevolezza. Questa lavora esattamente come uno specchio. Riflette fedelmente ciò che accade al di fuori e nonostante essa. Ogni interpretazione di quanto registrato è appunto, un’interpretazione, un giudizio parziale e postumo. Questo può essere influenzato in positivo o in negativo e perde quindi la sua attendibilità.

Ricordo i brividi nel leggere queste parole di Pirandello ne Il fu Mattia Pascal:

“E questo sentimento della vita per il signor Anselmo era appunto come un lanternino che ciascuno di noi porta in sé acceso; un lanternino che ci fa vedere sperduti su la terra, e ci fa vedere il male e il bene; un lanternino che projetta tutt’intorno a noi un cerchio più o meno ampio di luce, di là dal quale è l’ombra nera, l’ombra paurosa che non esisterebbe, se il lanternino non fosse acceso in noi, ma che noi dobbiamo pur troppo creder vera, fintanto ch’esso si mantiene vivo in noi. Spento alla fine a un soffio, ci accoglierà la notte perpetua dopo il giorno fumoso della nostra illusione, o non rimarremo noi piuttosto alla mercé dell’Essere, che avrà soltanto rotto le vane forme della nostra ragione?”

L’arte è quella cosa che non sai cos’è, fino a quando ne hai bisogno.

Il paradosso del controllo del Tempo

Cambiare il modo di guardare alla realtà ha sbloccato altre realizzazioni. Il primo concetto che si è rivelato in tutta la sua chiarezza è stata questa assurda illusione di poter controllare il tempo.

Negli ultimi decenni abbiamo fatto di tutto per accorciare il tempo necessario a fare le cose. L’aereo, il forno a microonde, il cellulare, lo smartphone. Tutto deve essere sempre più veloce. Questa dinamica è conosciuta come il paradosso di Jevon: l’aumento di una risorsa – inteso come risoluzione del problema causato dalla scarsità di quella risorsa – porta ad un aumento della richiesta di quella risorsa, anziché alla soluzione del problema.

Nel nostro caso, invece che guadagnare Tempo, ne abbiamo perso letteralmente la cognizione.

Crediamo di poter gestire tutto, di organizzare tutto nel miglior modo possibile. Fino a quando la Vita, facendo il suo corso, sbaraglia tutto quanto senza neanche guardare. Allora inizia la denuncia di un destino triste e crudele.

Ecco, io non posso più far parte di quel coro. Non ci riesco più.

Invece di guardare il dito, io guardo alla Luna. Io sono un Essere nel Tempo. E quindi ne rispetto le leggi.

Ho lasciato la presa sul Passato e sul Futuro, concentrandomi il più possibile sul Presente. L’unico modo che ho per onorare il passato e preparare il futuro è costruire e questo è possibile solo un pezzo alla volta, nel qui e ora.

Costruire è una cosa seria e per farlo bene bisogna allontanarsi dai rumori di fondo.

Si, sicuramente non riuscirò a completare tutto ciò che inizierò. Lo faranno i miei figli e sarà giusto così.

Proprio come io ho fatto con ciò che mamma aveva iniziato.

Conclusioni

L’assenza di mia madre è assordante. Mi mancherà sempre e per sempre.

In questi due anni di lutto e di profonda riflessione, ho imparato che la perdita non è solo assenza, ma una trasformazione continua che ci sfida a guardare il mondo con occhi diversi. Non si tratta di superare il lutto o di guarire dal dolore, ma di imparare a convivere con esso e a trasformarlo in un’esperienza di crescita e consapevolezza.

Ogni giorno, onoro la memoria di mia madre non cercando di controllare il passato o il futuro, ma vivendo appieno nel presente e costruendo il mio cammino con gratitudine e consapevolezza. Non posso fermare il passare del Tempo, ma posso scegliere come rispondere ad esso.

Lo scopo di queste mie riflessioni è di aiutare o essere d’ispirazione per chi si trova ad affrontare la perdita di una persona cara. Ho sofferto tanto in questi due anni. Se non facessi qualcosa per aiutare gli altri, avrei sofferto invano.

Come seguire le proprie passioni

Come la batteria ha formato la mia vita

Seguire la Leggenda Personale

“Realizzare la propria Leggenda Personale è l’unico scopo – l’unico dovere – degli uomini. Tutto è una cosa sola. Quando desideri qualcosa, l’intero Universo cospira affinché tu possa realizzare quel desiderio” dice il Re di Salem a Santiago ne L’Alchimista di Paulo Coelho.

Sembra una frase fatta, adatta solo per i film o i libri.

Io invece ho la dimostrazione scientifica che questa frase è una verità assoluta.

Sin da bambino, quando desideravo fortemente una cosa, la cercavo con tutto me stesso. Mi immergevo completamente in ogni fonte disponibile. C’era una voce dentro di me, una voce senza tempo, che mi guidava passo passo e non mi permetteva di distrarmi.

Poi di colpo, come se un regista benevolo riconoscesse i miei sforzi genuini e volesse premiarli, quella cosa accadeva.

Ancora Coelho:

“È successa una cosa sorprendente,” disse. “Il mio amico ha comperato tutte le altre pecore. Ha detto che ha sempre sognato di fare il pastore, e che quello era un ottimo segnale.”

  “Accade sempre così,” disse il vecchio. “È qualcosa che si chiama Principio Favorevole. Se tu giocassi a carte per la prima volta, quasi certamente vinceresti. È la cosiddetta Fortuna del Principiante.”

  “Ma per quale motivo si verifica?”

  “Perché la vita vuole che tu persegua la tua Leggenda Personale.”

In questo articolo vi racconto la mia Leggenda Personale.

È andata così:

L’inizio del viaggio

Non dimenticherò mai la prima volta che ho suonato la batteria. Avevo 5 anni. Ogni volta che andavo a casa di mia nonna, saltavo sulla sedia della cucina e le chiedevo:

«Nonna mi monti la batteria?»

Con la pazienza che solo le nonne hanno, lei prendeva tutte le pentole e le metteva sul tavolino. I cucchiaini erano le mie bacchette preferite. Il bollilatte un perfetto rullante. Passavo pomeriggi interi ad esplorare le possibilità sonore. I coperchi suonavano diversamente a seconda di dove li colpivi. Se alzavi il bollilatte dopo averlo colpito col cucchiaino il suono cambiava!

Poco dopo ricevetti una batteria giocattolo e la mia vita professionale è iniziata. I pomeriggi ora li passavo nel salotto di casa con la batteria e un registratore giocattolo. Suonavo concerti interi in cui facevo il direttore d’orchestra, il batterista, il cantante e il pubblico. È tutto registrato su musicassetta.

Sembra l’inizio della storia di un enfant prodige, invece poco dopo ho mollato le bacchette  di plastica e mi sono completamente dimenticato della batteria.

Fino all’ultimo anno delle scuole superiori.

Un bisogno impellente di suonare aveva iniziato ad alzare la voce fino a costringermi a soddisfarlo. Fino ad allora non avevo mai toccato una vera batteria. Eppure ogni volta che ascoltavo un brano visualizzavo le mie mani muoversi esperte sul set.

Dovevo provare.

L’epifania

Un mio cugino lontano suonava in una band e mi ha invitato alle prove. Non ho staccato gli occhi dal batterista nemmeno per un momento.

Poi è successo.

La band prende una pausa e il batterista mi dice:

«Vuoi provare?»

Afferro le bacchette che mi porge senza esitare. Mi siedo dietro le pelli e la magia accade.

Una scarica di qualcosa simile all’elettricità. Ero come estraniato dalla realtà. Vedevo dall’esterno una sorta di tunnel luminoso che partiva dal bambino che suonava sulle pentole della nonna. Non ne potevo vedere la fine. Sapevo solo che quella sarebbe stata la strada da seguire.

Ho ubbidito.

I primi corsi di batteria

La scuola superiore offriva lezioni pomeridiane di batteria. Mi sono iscritto specificando che non avrei voluto prendere parte ai saggi di fine anno.

«Non preoccuparti, se non hai mai suonato la batteria probabilmente non sarai in grado di partecipare» mi disse l’insegnate di batteria.

Il problema fu che dopo 3 lezioni lo stesso insegnante mi disse:

«Non mi aspettavo che apprendessi così velocemente. C’è una band che cerca un batterista. Impareresti molto suonando con loro».

Non credevo alle mie orecchie. Non avevo mai preso in considerazione un’evenienza del genere. Eppure non c’era traccia dell’ansia provata al momento dell’iscrizione.

«Mi piacerebbe molto. Quando provano?»

«Il martedì pomeriggio. Ti faccio una lista dei brani che stanno studiando»

Il repertorio era decisamente rock: Black dog dei Led Zeppelin, Sympathy for the Devil dei Rolling Stones, Have a cigar nella versione dei Foo Fighters, Knocking on Heaven’s door nella versione dei Guns’n’Roses.

In questo periodo ho imparato a giocare con l’arrangiamento dei brani. Ho preso confidenza con le varie parti che compongono un brano rock, capendo gli effetti e le potenzialità delle dinamiche.

L’8 maggio del 2003 feci il mio primo concerto. Dietro al palco con gli altri ragazzi dei gruppi che si sarebbero esibiti riuscivo a malapena a restare seduto per 5 minuti. L’emozione era alle stelle, ma quando iniziammo a suonare sparì di colpo. Ero nel Flow, quella zona in cui il tempo sembra fermarsi e tutto sembra andare avanti di vita propria.

Ero parte del Tutto e sapevo istintivamente che era giusto così.

La prima grande scelta: l’iscrizione al Saint Louis College of Music

Dopo le scuole superiori mi sono iscritto all’Università di Roma Tor Vergata, facoltà Scienze dei Beni Culturali, indirizzo archeologico. La storia e l’archeologia sono tutt’ora due mie grandissime passioni. Ho frequentato i primi due anni facendo tutti gli esami. Avevo una buona media. Eppure il fuoco della passione non bruciava come mi sarei aspettato.

Per perseguire la mia passione, avrei dovuto fare degli studi seri. Senza troppi dubbi la scelta è caduta sul Saint Louis College of Music di Roma. C’era solo un problema, cioè che essendo una scuola privata era nettamente fuori dalle mie possibilità economiche. Era comunque una mia scelta e volevo prendermi tutte le responsabilità che ne derivavano. Non avrei chiesto soldi ai miei per pagarla. Avevo un lavoro part-time in un albergo di lusso al centro di Roma, ma non guadagnavo abbastanza. Avrei dovuto trovare un altro lavoro.

Nei giorni liberi distribuivo volantini in diversi quadranti della città di Roma. Più o meno nello stesso periodo, due colleghi dell’albergo avevano messo su una ditta di pulizie e mi chiesero di andare a lavorare per loro. Avrei lavorato al mattino presto, con una certa libertà di organizzazione del lavoro, per pulire le vetrine di alcuni negozi del centro commerciale Parco Leonardo di Fiumicino. Per iniziare presto, sarei dovuto partire all’alba da casa.

Studiare al Saint Louis per me era una sorta di privilegio. Il peso dei secchi pieni di acqua e sapone con cui lavoravo la mattina prima delle lezioni mi hanno fatto assaporare ogni singolo minuto passato lì dentro. Per la prima volta nella mia vita mi trovavo in un luogo con persone che come me avevano sentito la chiamata della Musica e avevano avuto il coraggio di seguirla.

Al momento dell’iscrizione mi chiesero se volessi fare dei test d’ingresso per assestare il mio livello. Ho risposto che non avevo intenzione di farli. Approcciavo un percorso nuovo e volevo farlo dall’inizio per evitare di dover correre dietro a standard che non sapevo di dover mantenere.

Dai tanti professori che ho avuto non ho appreso solo le nozioni. Li ho osservati come uno scienziato osserva un elemento al microscopio. Ne ho assorbito l’essenza, riconoscendo in loro lo stesso fuoco che ardeva in me.

Doppio lavoro e studio

Diverse volte mi sono trovato a combinare due lavori. Di tanto in tanto venivo ancora chiamato dall’hotel. Avevo dato la disponibilità per i turni di notte. Partivo alle 22 dal mio paese per andare a Roma. Facevo il turno dalle 23:30 alle 7. Con l’esperienza ho imparato a gestire le mansioni da svolgere così da lasciarmi un paio d’ore per riposare. Poi andavo al centro commerciale e lavoravo ancora un paio d’ore fino alle 10. Poi di corsa in macchina per andare a lezione.

Le 11:30 di solito era l’orario critico. Mi arrivava sempre la stanchezza e mi trovavo a chiudere gli occhi senza neanche accorgermene. Spesso mi svegliavo e mi guardavo intorno per vedere se il professore o i miei compagni si fossero accorti di qualcosa. Nessuno mi ha mai detto niente, non so se per delicatezza o perché effettivamente non se ne siano mai accorti.

Ho studiato tanto e con disciplina. Ho imparato a gestire il tempo, i (pochi) soldi e le energie. Mi sembrava logico l’avere un obiettivo e mirare esclusivamente a raggiungerlo. Non c’erano distrazioni, non c’erano dubbi, non c’erano problemi. C’era solo la voglia di fare.

I primi quattro anni mi hanno visto alle prese con il pianoforte complementare, sezione ritmica, solfeggio cantato, parlato e ritmico, armonia classica, ear training e tanta, tanta musica nuova.

L’esperienza del triennio Jazz

Con un tempismo perfetto, quando avevo appena finito il triennio multistilistico il Saint Louis ottenne il riconoscimento del diploma equivalente ad una Laurea di primo livello. Scelsi l’indirizzo Jazz.come realizzare la propria leggenda personale

Iniziò un periodo fatto di musica nuova. La realtà cambiò con essa. La scoperta del Jazz mi insegnò una grande lezione: quando diciamo che non ci piace qualcosa, in realtà intendiamo dire che non la capiamo.

Ho studiato e suonato tanti stili diversi con tante persone diverse. Il telefono squillava sempre più spesso. Parallelamente allo studio del Jazz ero attivo anche nella scena pop. Ho suonato con molti artisti della scena pop italiana, girando tutto il Paese. Iniziai ad allentare il lavoro al centro commerciale, provando a dare più spazio ad entrate provenienti dalla musica. Ho iniziato lavorare come insegnante di batteria privatamente e in un paio di scuole di Roma.

Laurea e opportunità

Per la tesi decisi di approfondire la storia del tamburo, ricercando le origini del linguaggio Jazz. Collocare tutte le informazioni apprese in quegli anni in un contesto storico-culturale ha cementato ancora di più la mia passione per questo strumento.Laurea al Saint Louis College of music in batteria

Mi sono laureato con lode il 1 ottobre del 2015, il giorno del mio trentesimo compleanno.

Qualche settimana prima, senza nessuna aspettativa, spedii una richiesta di partecipazione ad un bando che offriva la possibilità di fare tirocinio come insegnante in un conservatorio dell’Unione Europea. Scelsi la Danimarca, ho sempre avuto un debole per i paesi nordici.

Il passo successivo: Master in Jazz

Dopo la laurea al Saint Louis College of Music mi sono iscritto al Master in Batteria Jazz al Conservatorio Licinio Refice di Frosinone. I corsi sono iniziati intorno alla metà di ottobre e sarebbero durati due anni.

La transizione al lavoro: insegnante al Saint Louis College of Music

Allo stesso tempo sono stato chiamato dal Saint Louis College of Music. Ho iniziato a lavorare come sostituto del mio primo insegnante, per poi avere i miei primi allievi. L’orgoglio che ho provato il mio primo giorno di lavoro ha ripagato in un attimo tutti i sacrifici fatti fino a quel momento.

Ero partito letteralmente da zero in quella scuola. Ho lavorato duramente per potermela permettere ed ho studiato tanto, senza risparmiarmi. Ora mi trovavo ad essere uno degli insegnanti. Se me l’avessero detto all’inizio del mio percorso, non ci avrei mai creduto.

Per la prima volta potevo mantenermi lavorando esclusivamente con la musica. Ho lasciato il lavoro al centro commerciale. Ripenso sempre con tanta gratitudine a quel periodo.

Ero felice, fiero di ciò che avevo raggiunto. Dopo tanti sacrifici iniziavo a trovare un po’ di stabilità.

Fino a quando ricevetti una email che cambiò le carte in tavola: la domanda per il tirocinio che avevo effettuato senza aspettative era stata accettata.

Verso nuovi orizzonti: l’esperienza in Danimarca

Da metà gennaio ero atteso al Det Jyske Musikkonservatorium di Aalborg.

Fu un periodo di grande indecisione. Ero appena stato assunto dal Saint Louis e già dovevo chiedere un permesso di 6 mesi. Temevo che sarei stato rimpiazzato, che avrei “perso il treno”. Non sapevo cosa fare.

Al contrario, la voce dentro di me continuava a spingere per accettare la borsa di studio e fare l’esperienza in Danimarca. Da qualche parte nel profondo, emerse la consapevolezza che continuare ad investire su me stesso era l’unica cosa giusta da fare, sempre e comunque.

“Se ti fermi ora, rimarrai uno dei tanti” pensavo. O meglio, sentivo.

Sono partito il 13 gennaio. Davanti a me avevo 6 mesi in cui avrei potuto insegnare batteria e analisi ritmica agli studenti del conservatorio. La struttura era impressionante, moderna sotto tutti i punti di vista. Ogni studente aveva un pass con cui poteva accedere al conservatorio 24 ore su 24 sette giorni su sette.

Ho proposto un programma basato sulla tecnica dei rudimenti e l’indipendenza jazz. Ho conosciuto tanti musicisti bravissimi e mi sono scontrato per la prima volta con un approccio didattico diverso dal nostro. L’accademismo e le nozioni qui lasciavano il posto allo sviluppo della creatività e dell’individualità. Mi rimase impressa una frase del mio team leader: “Se arriva il prossimo John Lennon dovrei non ammetterlo perché non passa l’esame di ear training?”

Ho sempre avuto un debole per le situazioni che mi lasciano spiazzato. È proprio lì, quando vedo tutte le “certezze” sgretolarsi che sento la forza della crescita e dello sviluppo. Così ho imparato ad averne sempre meno, di certezze. Il confine tra pilastro e zavorra è troppo labile.

Per la prima volta nella mia vita mi trovavo ad insegnare in una lingua diversa dalla mia. Padroneggiare l’astrazione a volte necessaria durante le spiegazioni ha portato il mio inglese ad un ottimo livello.

Ero immerso in una realtà culturale completamente diversa. Altri usi, altre abitudini. Il clima imponeva un altro stile di vita che ho abbracciato da subito.

Questa esperienza ha giocato un ruolo fondamentale nella mia formazione come musicista e come didatta.

Sono tornato in Italia il 19 maggio del 2016.

Incontri ed Erasmus: cambia tutto

Per via del tirocinio ho accumulato un ritardo negli esami del primo anno accademico. Era chiaro che la laurea magistrale sarebbe arrivata con un anno di ritardo.

Non tutte le lezioni sono state interessanti. C’è stata una materia che mi ha segnato, nonostante l’attrito iniziale: Analisi delle Forme Classiche. Non posso dire che le lezioni fossero all’avanguardia a livello di metodologia e coinvolgimento degli alunni. Dopo la reticenza iniziale, ho cercato di capire ciò che potevo imparare e la mia ricettività è cambiata.

Durante queste lezioni è stato piantato il seme che sarebbe sbocciato qualche anno dopo, portandomi ad innamorarmi della musica classica.

L’incontro che ha cambiato tutto

“La vita è quella cosa che succede mentre sei impegnato a fare altro” diceva Lennon.

Beh, mentre io ero impegnato a (ri)costruire la mia vita personale, lavorativa e musicale, c’è stato un evento che ha rappresentato un bivio decisivo nella mia vita: in una serie di coincidenze quasi magiche, il 19 ottobre del 2016 ho conosciuto mia moglie.

La mattina del 19 ottobre ho ricevuto una chiamata da un mio amico. Mi chiedeva se fossi libero la sera per sostituire il batterista del trio che si era ammalato. Ho accettato e ad un certo punto della serata l’ho vista entrare ed ho capito subito che la mia vita stava per cambiare.

Abbiamo parlato tanto, ci siamo rivisti la mattina successiva per un caffè davanti al Colosseo prima che lei ripartisse.

Perché c’era un piccolo dettaglio: viveva nei Paesi Bassi.

Come proseguire?

Dopo il primo anno di relazione a distanza, ho iniziato a pensare ad un modo per poter stare più insieme. Avrei dovuto fare un anno da fuoricorso al conservatorio e di certo non saltavo di gioia all’idea.

È stato allora che ho avuto l’idea: perché non andare a studiare all’estero? Avrei potuto fare richiesta per la borsa di studio Erasmus e provare ad entrare in uno dei conservatori olandesi. In questo modo avrei potuto continuare (e concludere) gli studi, vivendo insieme con Carolien.

Ho fatto domanda al Codarts di Rotterdam e al Prins Claus di Groningen. Dopo qualche settimana ottenni risposta da Groningen. Ero stato accettato come studente Erasmus per il New York Jazz master.

New York Jazz Master e…proposta di matrimonio

Il concetto del New York Jazz master è che ogni settimana un musicista attivo della scena newyorkese sarebbe venuto a fare lezione come special guest. All’organico di base si aggiungeva ogni settimana una special Guest della scena musicale newyorkese.

Ho avuto due insegnanti di batteria, uno per semestre. Ho iniziato con Joost van Schaaik. Personalità molto forte. Innamorato del jazz e molto disciplinato sullo strumento. Come da tutti i miei veri insegnanti, da lui ho appreso tanto dall’osservarlo, oltre che dal praticare sullo strumento.

Studiare con lui è stato decisivo per la maturazione della mia tecnica. Ho potuto sviluppare un approccio più leggero, pensando ad ogni colpo come la preparazione del successivo.

Il secondo semestre ho studiato con Steve Altenberg. Definirlo batterista sarebbe riduttivo, viste le sue abilità sul piano. Con lui ho imparato ad ascoltare e creare con la batteria. Insieme abbiamo lavorato anche allo sviluppo di idee armoniche, per capire meglio come interagire al meglio una volta dietro le pelli.

Se in Danimarca vivevo in un contesto europeo, a Groningen ho vissuto in un contesto mondiale. Nella mia classe c’erano studenti dal Brasile, Cina, Corea del Sud, oltre che Spagna e Lituania.

Non esagero nel dire che questa esperienza di studio sia stata decisiva nel mio sviluppo stilistico e musicale. Ho seguito un corso di imprenditorialità dove ho imparato le basi del personal branding per vedermi come imprenditore a tutto tondo, anziché semplice “batterista”. Ho iniziato a puntare più su me come singolo, anziché ripiegare sempre e comunque sulla forza del gruppo.

La proposta di matrimonio

Nel frattempo la convivenza con Carolien andava sempre meglio. I mesi si susseguivano velocemente mentre io mi innamoravo sempre di più di lei e del Paese che mi ospitava.

Il 7 marzo, il giorno del suo compleanno, ho deciso di fare il passo. Al ritorno dal lavoro le ho fatto trovare il soggiorno pieno di palloncini colorati. Su alcuni di questi palloncini c’erano scritte delle lettere. Le ho chiesto quindi di cercarli e metterli insieme per vedere che frase formassero.

Wil jij met mij trouwen?

Ho ricontrollato la frase più e più volte prima di scriverne le lettere sui palloncini.

Mi vuoi sposare?

Lei continuava a dire: «Veramente? Sul serio?». Io non stavo più nella pelle, il cuore sembrava volermi uscire dal petto. Ci siamo abbracciati commossi e emozionati. Sapevamo che avevamo appena raggiunto un punto cruciale nelle nostre vite.

Il trasferimento nei Paesi Bassi

Decidere di sposarci voleva dire continuare a vivere insieme. Dovevamo decidere se andare a vivere in Italia o rimanere nei Paesi Bassi. Ne abbiamo parlato spesso e nessuno dei due ha mai provato a convincere l’altro. Abbiamo analizzato insieme la situazione, cercando di capire quale sarebbe stata la soluzione più funzionale.

Rimanere nei nei Paesi Bassi si è rivelata la scelta più giusta da fare.

A volte ripenso a quei momenti e mi sorprendo della facilità con cui ho preso una decisione del genere. Trasferirsi vuol dire abbracciare un’altra realtà alla condizione imprescindibile di abbandonare quella di provenienza. Tradotto: luoghi, amici, affetti, genitori, lavori, odori, sapori, abitudini, colori, modi di dire, modi di parlare.

Ho dovuto lasciare tutto in Italia, portando con me solo il ricordo delle emozioni e il significato che hanno avuto nella mia vita fino a quel momento.

Eppure sentivo che quella era la scelta giusta da fare. Di nuovo quella voce interiore, quella saggezza che si fa sentire sempre molto chiaramente.

Sono tornato in Italia per discutere la tesi magistrale. Incantato dalle scoperte fatte durante lo studio olandese, ho fatto una ricerca sul Melodic Drumming. Dopo qualche giorno, sono tornato nei Paesi Bassi, per restarci.

Mentirei se dicessi che è stato facile. Dopo il primo periodo dove tutto è scoperta, si entra in una sorta di limbo in cui non si è parte della nuova realtà, ma neanche più parte della vecchia. Per un periodo di tempo indefinito è come essere apolidi.

Una nuova sfida: Laurea in olandese come insegnante di musica

Per velocizzare l’integrazione ho iniziato da subito a studiare l’olandese. Imparare la lingua è stato fondamentale per entrare velocemente nel mercato del lavoro.

Ho fatto altri lavori per raggiungere la stabilità economica necessaria per fare piani per il futuro. Volevo combinare la mia passione per la musica con quella dell’insegnamento.

È stato allora che ho deciso di intraprendere un altro percorso di studi. Davanti a me avevo altri due anni di studi (in olandese). La voce mi rassicurava che era la strada da prendere. Come sempre mi sono (af)fidato ciecamente.

Mentre lavoravo come aiuto-cuoco nel ristorante di una bellissima tenuta, mi sono iscritto al conservatorio ArtEZ di Enschede. Qui ho preso la mia terza laurea in olandese come insegnante di musica. Ho ritrovato la filosofia dell’approccio danese ed ho soprattutto scoperto l’utilizzo della tecnologia nell’insegnamento. Il mio progetto di laurea è stato il progettare un prototipo di app di realtà aumentata per facilitare l’insegnamento del pianoforte.

Questi due anni sono stati decisivi per l’apprendimento della lingua. Tutti i corsi erano in olandese, tutti i compagni parlavano olandese. È stato bellissimo riscoprirmi dietro nuovi suoni, nuove parole, nuovi modi di dire e quindi di fare.

Allo stesso tempo ho sbloccato le mie competenze didattiche e pedagogiche. Mi sono appassionato moltissimo all’insegnamento e ai diversi modi di imparare e insegnare.

Nuovi inizi: opportunità di carriera

Due mesi dopo la laurea mi sono imbattuto in un annuncio di lavoro del liceo dove avevo svolto il tirocinio pochi mesi prima, in piena pandemia.

Decido di candidarmi e scrivo una lettera di motivazione che allego al curriculum. Qualche giorno dopo vengo invitato per un colloquio.

Due settimane dopo ricevo una telefonata mentre ero al lavoro al ristorante. “Sono felice di comunicarti che sei stato assunto”, mi dice la team leader “puoi iniziare tra due settimane?”

Rientro nel ristorante con il cuore in gola. Entro in cucina e glielo dico al proprietario.

«Congratulazioni di cuore» mi dice, «quando dovresti iniziare?»

«Tra due settimane, ma non potrei visto che dovrei darti un preavviso di un mese per licenziarmi»

«Hai lavorato duramente per arrivare a questo risultato. Non sarò di certo io a crearti problemi. Puoi iniziare tranquillamente tra due settimane col nuovo lavoro. Noi qui ce la caveremo.»

Ricordo ancora le lacrime di gratitudine al sentire queste parole. Tutta la stanchezza, lo stress, le giornate lunghissime, il lavoro alla tesi sull’iPad durante le pause. Tutto ha avuto senso.

Ho iniziato 3 anni fa come insegnante di CKV (Formazione Artistica e Culturale). Quest’anno ho firmato un contratto a tempo indeterminato come insegnante di musica in un’altra sede della stessa scuola.

La nascita di MoreDrums: l’inizio della mia Scuola di Batteria

Un altro dei miei sogni ha visto la luce tre anni fa. Tramite la percussionista di un ensemble in cui suonavo, ho conosciuto un batterista che dava lezioni a Deventer, dove viviamo. Ci siamo conosciuti e ci siamo trovati subito.

Dopo quel giorno non l’ho più sentito per un po’ di tempo. Poi un giorno squilla il telefono e vedo il suo nome sullo schermo. Eravamo a metà giugno.

«Ho ricevuto un contratto a tempo indeterminato nella scuola in cui lavoro e non riuscirei più a mantenere le lezioni di batteria. Qualora fossi disponibile potrei dire ai miei allievi di fare una lezione di prova con te. Mi dispiacerebbe lasciarli senza un’alternativa. Che ne dici?»

«Wow, sono felicissimo per te! Mi sembra un’ottima idea» gli dico «mi piacerebbe moltissimo. Quando potrei iniziare?»

«L’anno scolastico inizia l’ultima settimana d’agosto» mi spiega, «pensi di farcela?»

Avrei dovuto aprire la partita IVA, fissare la sala in cui avrei dato le lezioni, mettere su un sito web con tutte le informazioni e preparare tutto il materiale didattico.

«Certo!» Non farmi spaventare dalla mole di lavoro è sempre stata una mia caratteristica.

Ad agosto 2021 ho aperto la mia scuola di batteria MoreDrums a Deventer. Grazie a una didattica su misura per ogni allievo e una solida pedagogia ho raggiunto in breve il massimo degli allievi possibili, dovendo ricorrere ad una lista d’attesa.

Conclusioni

Per natura gli scenari possibili nella vita di una persona sono infiniti. Ogni scelta fatta apre combinazioni fino ad allora inesistenti. Un po’ come in una partita di scacchi. Dopo sole 3 mosse, ci sono nove milioni di possibili partite da giocare.

Oltre a dare forma al nostro presente, gli effetti delle nostre scelte hanno un ruolo ancora più importante: definiscono la nostra biografia. Ogni bivio ne rappresenta un tratto e i valori che abbiamo seguito per scegliere la direzione da prendere raccontano chi siamo stati e quindi chi siamo diventati.

Scrivere questo articolo mi ha fatto mettere nero su bianco tutti i passi fondamentali del mio percorso.

La sensazione di seguire una strada, che durante gli anni passati era solo una percezione, si è rivelata in tutta la sua chiarezza. Ciò mi ha aiutato nei momenti di difficoltà, quando ero divorato dal dubbio di aver fatto le scelte sbagliate.

Se dieci anni fa mi avessero detto che mi sarei trasferito nei Paesi Bassi, con una bellissima moglie, uno splendido figlio, un contratto a tempo indeterminato in una bella scuola, una propria scuola di batteria in una bellissima città, avrei sorriso malinconico credendo che non sarebbe mai stato possibile.

Ma io lo volevo. E quindi l’ho fatto.

Ho seguito la mia Leggenda Personale.

E tu? Cosa è che desideri veramente? Qual è la tua leggenda personale? Per cosa vorrai essere ricordato?

schermo con digital detox

Digital Detox: cosa è e come affrontarlo

Se stai leggendo questo articolo, è perché senti che hai bisogno di un cambiamento. Se hai digitato digital detox su google hai già inquadrato il problema.

In questa guida definitiva per il Digital Detox vediamo insieme cosa c’è da sapere per impostare un piano efficace e ripristinare il sistema.

Cos’è il digital detox

L’avrai notato anche tu. Sei in fila al supermercato. Ci sono potenzialmente 45 secondi in cui dovresti solo aspettare. Senza accorgertene ti ritrovi col telefono in mano, social aperti.

Oppure hai appena postato una foto della tua vacanza. Ne vai fiero e non vedi l’ora di far vedere al mondo che hai una vita attiva, che viaggi e fai cose fighe. Ogni 2 minuti apri l’app per vedere quanti likes ci sono. Quando ce ne sono pochi ti rattristi, pensando che quella vacanza forse così speciale non era.

Oppure stai guidando e no, quella notifica non può aspettare. Devi per forza vedere chi ti ha scritto cosa, oppure mandare quel messaggio.

Non dipende da te, o perlomeno non più. Ormai hai un’intossicazione da dopamina. Hai  bisogno di un Digital Detox per ristabilirne i livelli ottimali.

Nel suo libro The subtle art of not giving a fuck Mark Manson fotografa perfettamente la realtà per come la viviamo oggi: l’iperconnessione in cui viviamo grazie ad internet e ai social porta con sé l’idea che l’essere eccezionali sia diventato il nuovo standard. Essendo connessi 24/7 siamo portati a paragonare le nostre vite con le versioni edulcorate della vita degli altri. La conseguenza è che molte persone finiscono per non sentirsi all’altezza, sviluppando un cronico bisogno di accettazione. Come soddisfano questo bisogno? Attraverso i canali che “gratuitamente” permettono di raggiungere tutti. I social.

Qui ci sono almeno due errori di valutazione: credere che i social siano gratuiti e che siano il canale giusto per trovare la tanto desiderata accettazione.

I social non sono gratuiti. Accettano solo un’altra valuta, la nostra attenzione. E i social sono progettati a tavolino per prenderne il più possibile. Tobias Rose-Stockwell in questo articolo riassume perfettamente il concetto:

“Per la prima volta, la maggior parte delle informazioni che consumiamo come specie è controllata da algoritmi costruiti per catturare la nostra attenzione emozionale”

Gli algoritmi sono progettati per aumentare il più possibile lo screentime. In questo modo avrai sempre la sensazione di dover stare online per rimanere parte del gruppo. Stare disconnessi porta l’ansia di essere lasciati indietro. Ecco che arriva la FOMO.

Il Digital detox è essenzialmente un reset del nostro cervello. È come un grande intervento di manutenzione in cui smantelliamo gli ultimi aggiornamenti per ripristinare il sistema originale.

Cos’è la dopamina

Capire cos’è la dopamina e come influisce sul nostro sistema è la chiave per pianificare un efficace Digital Detox.

Per rimanere nel quadro d’interesse di questo articolo, tratterò solo gli aspetti utili al discorso. Se vuoi approfondire, ti consiglio questo articolo.

La dopamina è un neurotrasmettitore cruciale nel funzionamento del sistema nervoso. Svolge funzioni importanti, tra cui:

– Regolazione dell’umore

– Regolazione dell’appetito

– Controllo del movimento

– Apprendimento e memoria

– Piacere e ricompensa

Quest’ultimo è ciò ci interessa particolarmente. Mentre produce dopamina il cervello “prende nota” di quale successione di eventi abbia portato a quella esperienza positiva, in modo da poterla replicare.

Perché il problema è che la dopamina da assuefazione.

Più ne abbiamo, più ne vogliamo. Per trovarne dosi praticamente infinite basta guardare nelle nostre tasche o nelle nostre borse.  E l’assuefazione porta all’intossicazione e quindi a crisi di astinenza. I casi di FOMO sono aumentati vertiginosamente negli ultimi anni.

Suona tutto esagerato, forse. Ma è proprio questa sottovalutazione che rinforza il circolo vizioso in cui ci troviamo. Il famoso “smetto quando voglio”.

In un’intossicazione da dopamina la corteccia prefrontale, responsabile del controllo degli impulsi, viene inibita. L’unica resistenza che avevamo viene in questo modo disinnescata. I livelli di stress salgono e per tenergli testa l’unico modo rimasto sembra essere proprio rinforzare quelle abitudini che hanno causato l’assuefazione in primo luogo.

Digital Detox in 4 mosse

“I’ve never seen any life transformation that didn’t begin with the person in question finally getting tired of their own bullshit.”

        Elizabeth Gilbert

1. Prendi nota di quanto tempo passi su internet.

infografica sul digital detox

Prendere consapevolezza delle proprie abitudini, specialmente quelle che ormai sono diventati degli automatismi, è il punto di partenza per affrontare la dipendenza da dopamina.

Inizia con l’annotare quanto tempo passi sui diversi canali. Tra questi rientrano:

– Social media

– YouTube, Reddit, Quora, ecc.

– Twitch

– Netflix (bingewatching)

– Pornografia

– Combinazioni varie dei suddetti

Gli smartphone moderni (perlomeno gli iPhones) registrano queste attività automaticamente. Ricordo l’amara sorpresa nel leggere il rapporto settimanale del tempo passato col telefono in mano. Ho raggiunto picchi di 5/6 ore al giorno. A mia discolpa posso dire che ascolto molto la radio online, ma anche se fosse la metà – diciamo 3 ore al giorno – mi sentirei in colpa lo stesso.

Perché?

Facciamo un rapido calcolo: 3 ore al giorno sono 21 ore a settimana, ossia 1092 ore in un anno. 1092 ore sono 46 giorni.

46 giorni passati a fare…cosa?

Quante cose potresti imparare, coltivare o perfezionare in 46 giorni?

Immagina di poter investire questi 46 giorni per 50 anni. Guadagneresti 6 anni.

Quante cose potresti imparare, coltivare o perfezionare in 6 anni?

2. Crea una routine quotidiana

Stabilisci dei momenti specifici in cui potrai navigare su internet. Ad esempio:

– Controllare le email tra le 10 e le 10:30

– Social dalle 14:30 alle 15:00 e dalle 19:30 alle 20:00

– YouTube solo per imparare qualcosa di nuovo

– Ecc.

Regolare in questo modo la giornata, ti aiuterà a diminuire il min

dless scrolling. Rendila un’abitudine e prova a usare la dopamina a tuo vantaggio: stare su internet sarà la ricompensa per aver tenuto duro fino all’orario stabilito.

Una volta trovato un nuovo equilibrio, gioca a diminuire sempre di più il tempo che avrai a disposizione per stare su internet senza nessuno scopo particolare.

3. Disattiva le notifiche

Il punto numero 2 sarebbe difficile, se non impossibile, se continuassi a ricevere notifiche dal telefono ogni 2 minuti. Disattivale, o se preferisci, applica lo stesso sistema descritto nel punto precedente.

Ci sono molti modi per limitare o disattivare le notifiche. In quanto Apple guy, posso consigliarti i diversi Non disturbare. Qui puoi creare automazioni in cui stabilisci quali notifiche lasciare passare e quali no a seconda delle diverse attività che stai facendo. Se a questo unisci la potenza delle automazioni (a mio avviso una delle app più sottova

lutate, di default su iPhone e iPad), rendi tutto ancora più facile.

Io ad esempio ho creato un’automazione per cui ogni volta che apro un’app di lettura, iPhone imposta lo stato Lettura, in cui tutte le notifiche sono bloccate.

Allo stesso modo ho impostato un’automazione per cui appena arrivo al lavoro, iPhone e iWatch vanno in modalità Lavoro, bloccando di nuovo determinate notifiche.

Sperimenta con il tuo dispositivo e trova un tuo equilibrio.

4. (Ri)trova modi naturali per produrre dopamina

Essere assuefatti alla dopamina, vuol dire averne bisogno in quantità sempre maggiori per soddisfarne il bisogno. In questo loop infinito, il cervello farà in modo di ricercare e riprodurre tutti i fattori in grado di

 produrre il tanto agognato dopamine shot.

Quello che dobbiamo fare è resettare i recettori di dopamina, riportando tutto ai livelli di default.

Qui riporto 5 attività che mi hanno aiutato nel mio processo di disintossicazione:

Tieni un diario. Non pensare al “Caro diario…”. Registrare stati d’animo, attività, idee e progetti è un modo perfetto per tornare in contatto con la realtà.

Fai sport. Utilizzare il nostro corpo è una delle fonti più sane di produzione di dopamina. Puoi fare lunghe passeggiate, che puoi combinare con l’ascolto di podcast in cui imparare qualcosa di nuovo. Oppure puoi iscriverti ad una (mezza)maratona e allenarti seriamente per portarla a termine.

Io mi sono appassionato al ciclismo. Mi piace coprire lunghe distanze e ho combinato questa cosa con l’interesse per la storia. Ho visitato tutte le città olandesi della Lega Anseatica (quelle tedesche sono già nel mirino).

Trova un hobby. Un’attività che ti consenta di passare tanto tempo off-line. Potrebbe trattarsi di modellismo, oppure di giochi da tavola (io mi sono appassionato agli scacchi). Potresti imparare una nuova lingua,

 oppure a suonare un nuovo strumento musicale. Potresti imparare a scrivere, seguire un corso di cucina o di yoga.

Passeresti tanto tempo lontano dal telefono, imparando cose nuove. C’è qualcosa di più bello?

Riscopri la lettura. Secondo Rotsyslav Semkiv, autore di How to read the classics:

“I libri sono sia un modo per sfuggire all’ansia/preoccupazioni quotidiane sia per affrontare in sicurezza le emozioni più impegnative, proiettandole su trame e personaggi di fantasia. Inoltre, la lettura ci dà accesso a una grande quantità di informazioni raccolte e migliorate nel corso dei secoli e delle generazioni.”

Investi nei rapporti interpersonali. Invece di mettere like ai post dei tuoi amici, chiamali. Datevi appuntamento davanti ad una birra o a un caffè e parlate guardandovi negli occhi. Fai una sorpresa a tua moglie o tuo marito portandola a cena fuori, ad una mostra, o qualsiasi cosa vi appassioni. Mostra interesse e sii presente mentre siete insieme.

5 attività da fare durante il digital detox

Conclusioni

Vivere nell’era della tecnologia è una fortuna di cui sono quotidianamente grato. Ma come tutte le rivoluzioni, quella tecnologica ha anche i suoi lati negativi.

Ritrovarsi intossicati nel loop dell’astinenza da dopamina può avere effetti devastanti sulla qualità della vita. E di vita ne abbiamo una sola.

Limitando e utilizzando consapevolmente internet e il telefono, permetteremo come prima cosa che questi livelli si abbassino. Si creerà uno spazio ed è qui che accadrà il miracolo:

Le attività più “semplici” che svolgevi prima e che avevi mollato perché ormai noiose, o che richiedevano troppa autodisciplina, torneranno di nuovo a sembrarti interessanti e stimolanti.

Nella mia esperienza personale, ho provato un vero e proprio senso di rinascita. Ho ripreso una delle mie passioni più grandi, la lettura.

Avevo stabilito di leggere 14 libri nel 2023. Da quando ho praticato il dopamine detox (agosto) ad oggi (novembre) ho letto 32 libri.

Ho scoperto gli scacchi e sto costruendo un mio secondo cervello. Un luogo dove riporto tutti gli appunti provenienti da libri letti, podcast ascoltati o lezioni seguite.

Oltre al piacere di aver ritrovato una mia grande passione, c’è anche la soddisfazione di aver interrotto un circolo vizioso che di fatto mi aveva trascinato via da ciò che ero. Mi sono riscoperto curioso, con la voglia di studiare e conoscere cose nuove.

Sono diventato geloso degli stimoli che lascio entrare nel mio cervello.

E tu?