Seguire la Leggenda Personale
“Realizzare la propria Leggenda Personale è l’unico scopo – l’unico dovere – degli uomini. Tutto è una cosa sola. Quando desideri qualcosa, l’intero Universo cospira affinché tu possa realizzare quel desiderio” dice il Re di Salem a Santiago ne L’Alchimista di Paulo Coelho.
Sembra una frase fatta, adatta solo per i film o i libri.
Io invece ho la dimostrazione scientifica che questa frase è una verità assoluta.
Sin da bambino, quando desideravo fortemente una cosa, la cercavo con tutto me stesso. Mi immergevo completamente in ogni fonte disponibile. C’era una voce dentro di me, una voce senza tempo, che mi guidava passo passo e non mi permetteva di distrarmi.
Poi di colpo, come se un regista benevolo riconoscesse i miei sforzi genuini e volesse premiarli, quella cosa accadeva.
Ancora Coelho:
“È successa una cosa sorprendente,” disse. “Il mio amico ha comperato tutte le altre pecore. Ha detto che ha sempre sognato di fare il pastore, e che quello era un ottimo segnale.”
“Accade sempre così,” disse il vecchio. “È qualcosa che si chiama Principio Favorevole. Se tu giocassi a carte per la prima volta, quasi certamente vinceresti. È la cosiddetta Fortuna del Principiante.”
“Ma per quale motivo si verifica?”
“Perché la vita vuole che tu persegua la tua Leggenda Personale.”
In questo articolo vi racconto la mia Leggenda Personale.
È andata così:
L’inizio del viaggio
Non dimenticherò mai la prima volta che ho suonato la batteria. Avevo 5 anni. Ogni volta che andavo a casa di mia nonna, saltavo sulla sedia della cucina e le chiedevo:
«Nonna mi monti la batteria?»
Con la pazienza che solo le nonne hanno, lei prendeva tutte le pentole e le metteva sul tavolino. I cucchiaini erano le mie bacchette preferite. Il bollilatte un perfetto rullante. Passavo pomeriggi interi ad esplorare le possibilità sonore. I coperchi suonavano diversamente a seconda di dove li colpivi. Se alzavi il bollilatte dopo averlo colpito col cucchiaino il suono cambiava!
Poco dopo ricevetti una batteria giocattolo e la mia vita professionale è iniziata. I pomeriggi ora li passavo nel salotto di casa con la batteria e un registratore giocattolo. Suonavo concerti interi in cui facevo il direttore d’orchestra, il batterista, il cantante e il pubblico. È tutto registrato su musicassetta.
Sembra l’inizio della storia di un enfant prodige, invece poco dopo ho mollato le bacchette di plastica e mi sono completamente dimenticato della batteria.
Fino all’ultimo anno delle scuole superiori.
Un bisogno impellente di suonare aveva iniziato ad alzare la voce fino a costringermi a soddisfarlo. Fino ad allora non avevo mai toccato una vera batteria. Eppure ogni volta che ascoltavo un brano visualizzavo le mie mani muoversi esperte sul set.
Dovevo provare.
L’epifania
Un mio cugino lontano suonava in una band e mi ha invitato alle prove. Non ho staccato gli occhi dal batterista nemmeno per un momento.
Poi è successo.
La band prende una pausa e il batterista mi dice:
«Vuoi provare?»
Afferro le bacchette che mi porge senza esitare. Mi siedo dietro le pelli e la magia accade.
Una scarica di qualcosa simile all’elettricità. Ero come estraniato dalla realtà. Vedevo dall’esterno una sorta di tunnel luminoso che partiva dal bambino che suonava sulle pentole della nonna. Non ne potevo vedere la fine. Sapevo solo che quella sarebbe stata la strada da seguire.
Ho ubbidito.
I primi corsi di batteria
La scuola superiore offriva lezioni pomeridiane di batteria. Mi sono iscritto specificando che non avrei voluto prendere parte ai saggi di fine anno.
«Non preoccuparti, se non hai mai suonato la batteria probabilmente non sarai in grado di partecipare» mi disse l’insegnate di batteria.
Il problema fu che dopo 3 lezioni lo stesso insegnante mi disse:
«Non mi aspettavo che apprendessi così velocemente. C’è una band che cerca un batterista. Impareresti molto suonando con loro».
Non credevo alle mie orecchie. Non avevo mai preso in considerazione un’evenienza del genere. Eppure non c’era traccia dell’ansia provata al momento dell’iscrizione.
«Mi piacerebbe molto. Quando provano?»
«Il martedì pomeriggio. Ti faccio una lista dei brani che stanno studiando»
Il repertorio era decisamente rock: Black dog dei Led Zeppelin, Sympathy for the Devil dei Rolling Stones, Have a cigar nella versione dei Foo Fighters, Knocking on Heaven’s door nella versione dei Guns’n’Roses.
In questo periodo ho imparato a giocare con l’arrangiamento dei brani. Ho preso confidenza con le varie parti che compongono un brano rock, capendo gli effetti e le potenzialità delle dinamiche.
L’8 maggio del 2003 feci il mio primo concerto. Dietro al palco con gli altri ragazzi dei gruppi che si sarebbero esibiti riuscivo a malapena a restare seduto per 5 minuti. L’emozione era alle stelle, ma quando iniziammo a suonare sparì di colpo. Ero nel Flow, quella zona in cui il tempo sembra fermarsi e tutto sembra andare avanti di vita propria.
Ero parte del Tutto e sapevo istintivamente che era giusto così.
La prima grande scelta: l’iscrizione al Saint Louis College of Music
Dopo le scuole superiori mi sono iscritto all’Università di Roma Tor Vergata, facoltà Scienze dei Beni Culturali, indirizzo archeologico. La storia e l’archeologia sono tutt’ora due mie grandissime passioni. Ho frequentato i primi due anni facendo tutti gli esami. Avevo una buona media. Eppure il fuoco della passione non bruciava come mi sarei aspettato.
Per perseguire la mia passione, avrei dovuto fare degli studi seri. Senza troppi dubbi la scelta è caduta sul Saint Louis College of Music di Roma. C’era solo un problema, cioè che essendo una scuola privata era nettamente fuori dalle mie possibilità economiche. Era comunque una mia scelta e volevo prendermi tutte le responsabilità che ne derivavano. Non avrei chiesto soldi ai miei per pagarla. Avevo un lavoro part-time in un albergo di lusso al centro di Roma, ma non guadagnavo abbastanza. Avrei dovuto trovare un altro lavoro.
Nei giorni liberi distribuivo volantini in diversi quadranti della città di Roma. Più o meno nello stesso periodo, due colleghi dell’albergo avevano messo su una ditta di pulizie e mi chiesero di andare a lavorare per loro. Avrei lavorato al mattino presto, con una certa libertà di organizzazione del lavoro, per pulire le vetrine di alcuni negozi del centro commerciale Parco Leonardo di Fiumicino. Per iniziare presto, sarei dovuto partire all’alba da casa.
Studiare al Saint Louis per me era una sorta di privilegio. Il peso dei secchi pieni di acqua e sapone con cui lavoravo la mattina prima delle lezioni mi hanno fatto assaporare ogni singolo minuto passato lì dentro. Per la prima volta nella mia vita mi trovavo in un luogo con persone che come me avevano sentito la chiamata della Musica e avevano avuto il coraggio di seguirla.
Al momento dell’iscrizione mi chiesero se volessi fare dei test d’ingresso per assestare il mio livello. Ho risposto che non avevo intenzione di farli. Approcciavo un percorso nuovo e volevo farlo dall’inizio per evitare di dover correre dietro a standard che non sapevo di dover mantenere.
Dai tanti professori che ho avuto non ho appreso solo le nozioni. Li ho osservati come uno scienziato osserva un elemento al microscopio. Ne ho assorbito l’essenza, riconoscendo in loro lo stesso fuoco che ardeva in me.
Doppio lavoro e studio
Diverse volte mi sono trovato a combinare due lavori. Di tanto in tanto venivo ancora chiamato dall’hotel. Avevo dato la disponibilità per i turni di notte. Partivo alle 22 dal mio paese per andare a Roma. Facevo il turno dalle 23:30 alle 7. Con l’esperienza ho imparato a gestire le mansioni da svolgere così da lasciarmi un paio d’ore per riposare. Poi andavo al centro commerciale e lavoravo ancora un paio d’ore fino alle 10. Poi di corsa in macchina per andare a lezione.
Le 11:30 di solito era l’orario critico. Mi arrivava sempre la stanchezza e mi trovavo a chiudere gli occhi senza neanche accorgermene. Spesso mi svegliavo e mi guardavo intorno per vedere se il professore o i miei compagni si fossero accorti di qualcosa. Nessuno mi ha mai detto niente, non so se per delicatezza o perché effettivamente non se ne siano mai accorti.
Ho studiato tanto e con disciplina. Ho imparato a gestire il tempo, i (pochi) soldi e le energie. Mi sembrava logico l’avere un obiettivo e mirare esclusivamente a raggiungerlo. Non c’erano distrazioni, non c’erano dubbi, non c’erano problemi. C’era solo la voglia di fare.
I primi quattro anni mi hanno visto alle prese con il pianoforte complementare, sezione ritmica, solfeggio cantato, parlato e ritmico, armonia classica, ear training e tanta, tanta musica nuova.
L’esperienza del triennio Jazz
Con un tempismo perfetto, quando avevo appena finito il triennio multistilistico il Saint Louis ottenne il riconoscimento del diploma equivalente ad una Laurea di primo livello. Scelsi l’indirizzo Jazz.
Iniziò un periodo fatto di musica nuova. La realtà cambiò con essa. La scoperta del Jazz mi insegnò una grande lezione: quando diciamo che non ci piace qualcosa, in realtà intendiamo dire che non la capiamo.
Ho studiato e suonato tanti stili diversi con tante persone diverse. Il telefono squillava sempre più spesso. Parallelamente allo studio del Jazz ero attivo anche nella scena pop. Ho suonato con molti artisti della scena pop italiana, girando tutto il Paese. Iniziai ad allentare il lavoro al centro commerciale, provando a dare più spazio ad entrate provenienti dalla musica. Ho iniziato lavorare come insegnante di batteria privatamente e in un paio di scuole di Roma.
Laurea e opportunità
Per la tesi decisi di approfondire la storia del tamburo, ricercando le origini del linguaggio Jazz. Collocare tutte le informazioni apprese in quegli anni in un contesto storico-culturale ha cementato ancora di più la mia passione per questo strumento.
Mi sono laureato con lode il 1 ottobre del 2015, il giorno del mio trentesimo compleanno.
Qualche settimana prima, senza nessuna aspettativa, spedii una richiesta di partecipazione ad un bando che offriva la possibilità di fare tirocinio come insegnante in un conservatorio dell’Unione Europea. Scelsi la Danimarca, ho sempre avuto un debole per i paesi nordici.
Il passo successivo: Master in Jazz
Dopo la laurea al Saint Louis College of Music mi sono iscritto al Master in Batteria Jazz al Conservatorio Licinio Refice di Frosinone. I corsi sono iniziati intorno alla metà di ottobre e sarebbero durati due anni.
La transizione al lavoro: insegnante al Saint Louis College of Music
Allo stesso tempo sono stato chiamato dal Saint Louis College of Music. Ho iniziato a lavorare come sostituto del mio primo insegnante, per poi avere i miei primi allievi. L’orgoglio che ho provato il mio primo giorno di lavoro ha ripagato in un attimo tutti i sacrifici fatti fino a quel momento.
Ero partito letteralmente da zero in quella scuola. Ho lavorato duramente per potermela permettere ed ho studiato tanto, senza risparmiarmi. Ora mi trovavo ad essere uno degli insegnanti. Se me l’avessero detto all’inizio del mio percorso, non ci avrei mai creduto.
Per la prima volta potevo mantenermi lavorando esclusivamente con la musica. Ho lasciato il lavoro al centro commerciale. Ripenso sempre con tanta gratitudine a quel periodo.
Ero felice, fiero di ciò che avevo raggiunto. Dopo tanti sacrifici iniziavo a trovare un po’ di stabilità.
Fino a quando ricevetti una email che cambiò le carte in tavola: la domanda per il tirocinio che avevo effettuato senza aspettative era stata accettata.
Verso nuovi orizzonti: l’esperienza in Danimarca
Da metà gennaio ero atteso al Det Jyske Musikkonservatorium di Aalborg.
Fu un periodo di grande indecisione. Ero appena stato assunto dal Saint Louis e già dovevo chiedere un permesso di 6 mesi. Temevo che sarei stato rimpiazzato, che avrei “perso il treno”. Non sapevo cosa fare.
Al contrario, la voce dentro di me continuava a spingere per accettare la borsa di studio e fare l’esperienza in Danimarca. Da qualche parte nel profondo, emerse la consapevolezza che continuare ad investire su me stesso era l’unica cosa giusta da fare, sempre e comunque.
“Se ti fermi ora, rimarrai uno dei tanti” pensavo. O meglio, sentivo.
Sono partito il 13 gennaio. Davanti a me avevo 6 mesi in cui avrei potuto insegnare batteria e analisi ritmica agli studenti del conservatorio. La struttura era impressionante, moderna sotto tutti i punti di vista. Ogni studente aveva un pass con cui poteva accedere al conservatorio 24 ore su 24 sette giorni su sette.
Ho proposto un programma basato sulla tecnica dei rudimenti e l’indipendenza jazz. Ho conosciuto tanti musicisti bravissimi e mi sono scontrato per la prima volta con un approccio didattico diverso dal nostro. L’accademismo e le nozioni qui lasciavano il posto allo sviluppo della creatività e dell’individualità. Mi rimase impressa una frase del mio team leader: “Se arriva il prossimo John Lennon dovrei non ammetterlo perché non passa l’esame di ear training?”
Ho sempre avuto un debole per le situazioni che mi lasciano spiazzato. È proprio lì, quando vedo tutte le “certezze” sgretolarsi che sento la forza della crescita e dello sviluppo. Così ho imparato ad averne sempre meno, di certezze. Il confine tra pilastro e zavorra è troppo labile.
Per la prima volta nella mia vita mi trovavo ad insegnare in una lingua diversa dalla mia. Padroneggiare l’astrazione a volte necessaria durante le spiegazioni ha portato il mio inglese ad un ottimo livello.
Ero immerso in una realtà culturale completamente diversa. Altri usi, altre abitudini. Il clima imponeva un altro stile di vita che ho abbracciato da subito.
Questa esperienza ha giocato un ruolo fondamentale nella mia formazione come musicista e come didatta.
Sono tornato in Italia il 19 maggio del 2016.
Incontri ed Erasmus: cambia tutto
Per via del tirocinio ho accumulato un ritardo negli esami del primo anno accademico. Era chiaro che la laurea magistrale sarebbe arrivata con un anno di ritardo.
Non tutte le lezioni sono state interessanti. C’è stata una materia che mi ha segnato, nonostante l’attrito iniziale: Analisi delle Forme Classiche. Non posso dire che le lezioni fossero all’avanguardia a livello di metodologia e coinvolgimento degli alunni. Dopo la reticenza iniziale, ho cercato di capire ciò che potevo imparare e la mia ricettività è cambiata.
Durante queste lezioni è stato piantato il seme che sarebbe sbocciato qualche anno dopo, portandomi ad innamorarmi della musica classica.
L’incontro che ha cambiato tutto
“La vita è quella cosa che succede mentre sei impegnato a fare altro” diceva Lennon.
Beh, mentre io ero impegnato a (ri)costruire la mia vita personale, lavorativa e musicale, c’è stato un evento che ha rappresentato un bivio decisivo nella mia vita: in una serie di coincidenze quasi magiche, il 19 ottobre del 2016 ho conosciuto mia moglie.
La mattina del 19 ottobre ho ricevuto una chiamata da un mio amico. Mi chiedeva se fossi libero la sera per sostituire il batterista del trio che si era ammalato. Ho accettato e ad un certo punto della serata l’ho vista entrare ed ho capito subito che la mia vita stava per cambiare.
Abbiamo parlato tanto, ci siamo rivisti la mattina successiva per un caffè davanti al Colosseo prima che lei ripartisse.
Perché c’era un piccolo dettaglio: viveva nei Paesi Bassi.
Come proseguire?
Dopo il primo anno di relazione a distanza, ho iniziato a pensare ad un modo per poter stare più insieme. Avrei dovuto fare un anno da fuoricorso al conservatorio e di certo non saltavo di gioia all’idea.
È stato allora che ho avuto l’idea: perché non andare a studiare all’estero? Avrei potuto fare richiesta per la borsa di studio Erasmus e provare ad entrare in uno dei conservatori olandesi. In questo modo avrei potuto continuare (e concludere) gli studi, vivendo insieme con Carolien.
Ho fatto domanda al Codarts di Rotterdam e al Prins Claus di Groningen. Dopo qualche settimana ottenni risposta da Groningen. Ero stato accettato come studente Erasmus per il New York Jazz master.
New York Jazz Master e…proposta di matrimonio
Il concetto del New York Jazz master è che ogni settimana un musicista attivo della scena newyorkese sarebbe venuto a fare lezione come special guest. All’organico di base si aggiungeva ogni settimana una special Guest della scena musicale newyorkese.
Ho avuto due insegnanti di batteria, uno per semestre. Ho iniziato con Joost van Schaaik. Personalità molto forte. Innamorato del jazz e molto disciplinato sullo strumento. Come da tutti i miei veri insegnanti, da lui ho appreso tanto dall’osservarlo, oltre che dal praticare sullo strumento.
Studiare con lui è stato decisivo per la maturazione della mia tecnica. Ho potuto sviluppare un approccio più leggero, pensando ad ogni colpo come la preparazione del successivo.
Il secondo semestre ho studiato con Steve Altenberg. Definirlo batterista sarebbe riduttivo, viste le sue abilità sul piano. Con lui ho imparato ad ascoltare e creare con la batteria. Insieme abbiamo lavorato anche allo sviluppo di idee armoniche, per capire meglio come interagire al meglio una volta dietro le pelli.
Se in Danimarca vivevo in un contesto europeo, a Groningen ho vissuto in un contesto mondiale. Nella mia classe c’erano studenti dal Brasile, Cina, Corea del Sud, oltre che Spagna e Lituania.
Non esagero nel dire che questa esperienza di studio sia stata decisiva nel mio sviluppo stilistico e musicale. Ho seguito un corso di imprenditorialità dove ho imparato le basi del personal branding per vedermi come imprenditore a tutto tondo, anziché semplice “batterista”. Ho iniziato a puntare più su me come singolo, anziché ripiegare sempre e comunque sulla forza del gruppo.
La proposta di matrimonio
Nel frattempo la convivenza con Carolien andava sempre meglio. I mesi si susseguivano velocemente mentre io mi innamoravo sempre di più di lei e del Paese che mi ospitava.
Il 7 marzo, il giorno del suo compleanno, ho deciso di fare il passo. Al ritorno dal lavoro le ho fatto trovare il soggiorno pieno di palloncini colorati. Su alcuni di questi palloncini c’erano scritte delle lettere. Le ho chiesto quindi di cercarli e metterli insieme per vedere che frase formassero.
Wil jij met mij trouwen?
Ho ricontrollato la frase più e più volte prima di scriverne le lettere sui palloncini.
Mi vuoi sposare?
Lei continuava a dire: «Veramente? Sul serio?». Io non stavo più nella pelle, il cuore sembrava volermi uscire dal petto. Ci siamo abbracciati commossi e emozionati. Sapevamo che avevamo appena raggiunto un punto cruciale nelle nostre vite.
Il trasferimento nei Paesi Bassi
Decidere di sposarci voleva dire continuare a vivere insieme. Dovevamo decidere se andare a vivere in Italia o rimanere nei Paesi Bassi. Ne abbiamo parlato spesso e nessuno dei due ha mai provato a convincere l’altro. Abbiamo analizzato insieme la situazione, cercando di capire quale sarebbe stata la soluzione più funzionale.
Rimanere nei nei Paesi Bassi si è rivelata la scelta più giusta da fare.
A volte ripenso a quei momenti e mi sorprendo della facilità con cui ho preso una decisione del genere. Trasferirsi vuol dire abbracciare un’altra realtà alla condizione imprescindibile di abbandonare quella di provenienza. Tradotto: luoghi, amici, affetti, genitori, lavori, odori, sapori, abitudini, colori, modi di dire, modi di parlare.
Ho dovuto lasciare tutto in Italia, portando con me solo il ricordo delle emozioni e il significato che hanno avuto nella mia vita fino a quel momento.
Eppure sentivo che quella era la scelta giusta da fare. Di nuovo quella voce interiore, quella saggezza che si fa sentire sempre molto chiaramente.
Sono tornato in Italia per discutere la tesi magistrale. Incantato dalle scoperte fatte durante lo studio olandese, ho fatto una ricerca sul Melodic Drumming. Dopo qualche giorno, sono tornato nei Paesi Bassi, per restarci.
Mentirei se dicessi che è stato facile. Dopo il primo periodo dove tutto è scoperta, si entra in una sorta di limbo in cui non si è parte della nuova realtà, ma neanche più parte della vecchia. Per un periodo di tempo indefinito è come essere apolidi.
Una nuova sfida: Laurea in olandese come insegnante di musica
Per velocizzare l’integrazione ho iniziato da subito a studiare l’olandese. Imparare la lingua è stato fondamentale per entrare velocemente nel mercato del lavoro.
Ho fatto altri lavori per raggiungere la stabilità economica necessaria per fare piani per il futuro. Volevo combinare la mia passione per la musica con quella dell’insegnamento.
È stato allora che ho deciso di intraprendere un altro percorso di studi. Davanti a me avevo altri due anni di studi (in olandese). La voce mi rassicurava che era la strada da prendere. Come sempre mi sono (af)fidato ciecamente.
Mentre lavoravo come aiuto-cuoco nel ristorante di una bellissima tenuta, mi sono iscritto al conservatorio ArtEZ di Enschede. Qui ho preso la mia terza laurea in olandese come insegnante di musica. Ho ritrovato la filosofia dell’approccio danese ed ho soprattutto scoperto l’utilizzo della tecnologia nell’insegnamento. Il mio progetto di laurea è stato il progettare un prototipo di app di realtà aumentata per facilitare l’insegnamento del pianoforte.
Questi due anni sono stati decisivi per l’apprendimento della lingua. Tutti i corsi erano in olandese, tutti i compagni parlavano olandese. È stato bellissimo riscoprirmi dietro nuovi suoni, nuove parole, nuovi modi di dire e quindi di fare.
Allo stesso tempo ho sbloccato le mie competenze didattiche e pedagogiche. Mi sono appassionato moltissimo all’insegnamento e ai diversi modi di imparare e insegnare.
Nuovi inizi: opportunità di carriera
Due mesi dopo la laurea mi sono imbattuto in un annuncio di lavoro del liceo dove avevo svolto il tirocinio pochi mesi prima, in piena pandemia.
Decido di candidarmi e scrivo una lettera di motivazione che allego al curriculum. Qualche giorno dopo vengo invitato per un colloquio.
Due settimane dopo ricevo una telefonata mentre ero al lavoro al ristorante. “Sono felice di comunicarti che sei stato assunto”, mi dice la team leader “puoi iniziare tra due settimane?”
Rientro nel ristorante con il cuore in gola. Entro in cucina e glielo dico al proprietario.
«Congratulazioni di cuore» mi dice, «quando dovresti iniziare?»
«Tra due settimane, ma non potrei visto che dovrei darti un preavviso di un mese per licenziarmi»
«Hai lavorato duramente per arrivare a questo risultato. Non sarò di certo io a crearti problemi. Puoi iniziare tranquillamente tra due settimane col nuovo lavoro. Noi qui ce la caveremo.»
Ricordo ancora le lacrime di gratitudine al sentire queste parole. Tutta la stanchezza, lo stress, le giornate lunghissime, il lavoro alla tesi sull’iPad durante le pause. Tutto ha avuto senso.
Ho iniziato 3 anni fa come insegnante di CKV (Formazione Artistica e Culturale). Quest’anno ho firmato un contratto a tempo indeterminato come insegnante di musica in un’altra sede della stessa scuola.
La nascita di MoreDrums: l’inizio della mia Scuola di Batteria
Un altro dei miei sogni ha visto la luce tre anni fa. Tramite la percussionista di un ensemble in cui suonavo, ho conosciuto un batterista che dava lezioni a Deventer, dove viviamo. Ci siamo conosciuti e ci siamo trovati subito.
Dopo quel giorno non l’ho più sentito per un po’ di tempo. Poi un giorno squilla il telefono e vedo il suo nome sullo schermo. Eravamo a metà giugno.
«Ho ricevuto un contratto a tempo indeterminato nella scuola in cui lavoro e non riuscirei più a mantenere le lezioni di batteria. Qualora fossi disponibile potrei dire ai miei allievi di fare una lezione di prova con te. Mi dispiacerebbe lasciarli senza un’alternativa. Che ne dici?»
«Wow, sono felicissimo per te! Mi sembra un’ottima idea» gli dico «mi piacerebbe moltissimo. Quando potrei iniziare?»
«L’anno scolastico inizia l’ultima settimana d’agosto» mi spiega, «pensi di farcela?»
Avrei dovuto aprire la partita IVA, fissare la sala in cui avrei dato le lezioni, mettere su un sito web con tutte le informazioni e preparare tutto il materiale didattico.
«Certo!» Non farmi spaventare dalla mole di lavoro è sempre stata una mia caratteristica.
Ad agosto 2021 ho aperto la mia scuola di batteria MoreDrums a Deventer. Grazie a una didattica su misura per ogni allievo e una solida pedagogia ho raggiunto in breve il massimo degli allievi possibili, dovendo ricorrere ad una lista d’attesa.
Conclusioni
Per natura gli scenari possibili nella vita di una persona sono infiniti. Ogni scelta fatta apre combinazioni fino ad allora inesistenti. Un po’ come in una partita di scacchi. Dopo sole 3 mosse, ci sono nove milioni di possibili partite da giocare.
Oltre a dare forma al nostro presente, gli effetti delle nostre scelte hanno un ruolo ancora più importante: definiscono la nostra biografia. Ogni bivio ne rappresenta un tratto e i valori che abbiamo seguito per scegliere la direzione da prendere raccontano chi siamo stati e quindi chi siamo diventati.
Scrivere questo articolo mi ha fatto mettere nero su bianco tutti i passi fondamentali del mio percorso.
La sensazione di seguire una strada, che durante gli anni passati era solo una percezione, si è rivelata in tutta la sua chiarezza. Ciò mi ha aiutato nei momenti di difficoltà, quando ero divorato dal dubbio di aver fatto le scelte sbagliate.
Se dieci anni fa mi avessero detto che mi sarei trasferito nei Paesi Bassi, con una bellissima moglie, uno splendido figlio, un contratto a tempo indeterminato in una bella scuola, una propria scuola di batteria in una bellissima città, avrei sorriso malinconico credendo che non sarebbe mai stato possibile.
Ma io lo volevo. E quindi l’ho fatto.
Ho seguito la mia Leggenda Personale.
E tu? Cosa è che desideri veramente? Qual è la tua leggenda personale? Per cosa vorrai essere ricordato?