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Foto di ciottoli sul bordo di un fiume

La gestione del tempo migliora

Negli ultimi giorni la gestione della giornata sta migliorando parecchio. Stiamo provando a passare a 5 poppate da 150ml ognuno. In questo modo ci saranno più o meno 5 ore tra una sessione e l’altra.

Notiamo che mangiando di più è più sazio e riesce a stare più tranquillo e rilassato.

I cicli del sonno diventano sempre più chiari e quindi prevedibili. Ormai riconosciamo il pianto che li annuncia. Anche espressivamente, è molto chiaro che vorrebbe dormire ma non riesce a farlo senza l’aiuto di uno di noi. Accompagnarlo in queste fasi di transizione tra un ciclo di sonno e l’altro è molto importante. Leggi di più al link riportato qui sopra.

Abbiamo deciso di aggiornare i turni che avevamo stabilito per ottimizzare la poppata notturna. Avendo 5 ore tra le poppate, non ha più senso per chi fa il turno “serale” rimanere alzato ad aspettare.

Risultato: andremo entrambi a letto intorno alle 22. Anche prima se riusciamo. Dopo dieci settimane di sistematica privazione del sonno, siamo disposti a racimolare ogni quarto d’ora di riposo disponibile.

Il benessere che ne deriva ci permette di stare più rilassati durante il giorno. Di conseguenza riusciamo a goderci molto di più il tempo insieme, evitando momenti di nervosismo o di stanchezza.

Alexander diventa sempre più bello.

Ecco dovevo dirlo. Non c’entra niente, ma dovevo dirlo. Ne siamo sempre più innamorati.

Ci sentiamo sempre di più una famiglia.

Non voglio imbellettare niente di questa fase. In questo blog voglio proprio registrare la nostra evoluzione da Moreno e Carolien a mamma e papà.

Foto di ciottoli sul bordo di un fiume

La prima passeggiata padre e figlio

Stamattina dopo aver accudito Alexander sono andato in biblioteca per lavorare. Mi piace l’ambiente e hanno un caffè buonissimo.

Per unire l’utile al dilettevole, ho proposto a Carolien di pranzare insieme al ristorante dove andiamo sempre volentieri.

Io sarei andato prima con la bici, lei sarebbe venuta in macchina con Alexander alle 12:30.

È stata una mattinata molto produttiva, coronata dal pranzetto delizioso tutti e tre insieme. Ci hanno servito quasi subito. Ho mangiato velocemente mentre Carolien dava il biberon ad Alexander. Poi le ho dato il cambio.

«Hai dei giri da fare?» le ho chiesto dopo pranzo.
«Si, dovrei prendere delle cose per casa e per me»
«Sai che facciamo? Io mi prendo Alexander e la macchina. Goditi il pomeriggio senza pensieri e quando hai fatto torni con la mia bicicletta»

Quando penso al lavoro di squadra, penso a noi.

Ci siamo divisi e io mi sono diretto verso il parcheggio. A metà strada ho cambiato idea. “Ma perché andare direttamente a casa?”

Ho guardato Alexander nella carrozzina e ho sentito per la prima volta in vita mia la felicità e l’entusiasmo di fare qualcosa insieme a mio figlio. Si, semplicemente padre e figlio.

È chiaro che lui non si ricorderà di questa giornata. Perlomeno non attivamente. Questo blog diventa quindi ancora più importante, quando lo leggerà un giorno.

  Mi sono sentito il re del mondo, pieno di orgoglio. Io avevo mio figlio nella carrozzina e noi passeggiavamo insieme per la città.

Un giro nella libreria, poi per le stradine del centro. Ho camminato piano, godendomi ogni singolo passo. Ho apprezzato di nuovo l’importanza della lentezza.

Mi sono sorpreso più volte a fantasticare su come sarà fra qualche anno. Ci ho visti tutti e tre sulle bici da corsa, pronti per un giro. Tornare a casa dopo una bella nuotata. Accorgermi del suo corpo che cambia, diventando sempre più quello di un uomo. Vederlo addormentato in macchina, di ritorno da una bella vacanza.

Quindi provavo ad immaginarmi che voce avrà. Quali interessi avrà e quali passioni vorrà coltivare. Quali studi vorrà fare.

Lo guardo dormire spensierato nella carrozzina e lascio andare questi pensieri. Ripenso alla cassetta degli attrezzi di ieri.

Queste sono le piccole cose di cui tutti parlano. Quelle che non registriamo perché non sono appariscenti. Non fanno clamore. Sono le stesse che ti mancheranno quando ti renderai conto che il passato è passato e tu eri occupato a fare qualcos’altro.

Non voglio mai dovermi dire “Ma quando è passato tutto questo tempo?” guardando mio figlio cresciuto. No.

Io il Tempo me lo voglio vivere.

Foto di ciottoli sul bordo di un fiume

La cassetta degli attrezzi

Il peluche a forma di libro è entrato direttamente nella top 3 dei giochi preferiti di Alexander. Lo cerca spesso e con molto interesse. Lo abbiamo montato anche sul maxi-cosi, per i viaggi in macchina. Ci si tiene occupato molto volentieri.

Oggi lo abbiamo usato per il tummy time. Oltre ad allenare i muscoli del collo e della schiena, abbiamo provato anche a favorire il rotolarsi da un lato all’altro. La pediatra ci ha spiegato che nelle prime fasi questo succede grazie al peso della testa. Questa è molto pesante e i muscoli del collo non sono sufficientemente sviluppati per reggerla. È sufficiente spostare il baricentro e tutto il corpo seguirà ruotando dalla pancia alla schiena.

Come da consigli, ci siamo limitati a dieci minuti, quindici al massimo. Alexander trovava interessante soprattutto il ritrovarsi di colpo con un altra visuale.

L’aver cambiato il ciuccio del biberon lo fa mangiare più velocemente. Questo, unito alla quantità che oggi sembra essersi assestata sui 150ml, lo rende più stabile. Resiste senza troppi problemi 4 ore, dandoci tempo per riposarci o fare altre cose.

Piano piano stiamo formando un equilibrio che farà bene tanto a noi quanto a lui.

Stasera siamo usciti di nuovo tutti e quattro. Alexander era nel marsupio con Carolien e si guardava curioso intorno. Bellissimo vederlo così preso e attento nell’osservare.

Sono stato un paio di volte sull’orlo del sognare ad occhi aperti cosa diventerà. Chissà cosa gli piacerà, quale passioni svilupperà, quali talenti curerà.

Il mio compito sarà sempre e solo quello di accompagnarlo, mai e poi mai di dirigerlo.

I genitori tendono a credere che ciò che farebbe felici loro, farebbe felici anche i propri figli. Niente di più sbagliato.

Alexander è nostro figlio, ma è una persona indipendente, a sé stante. Il nostro compito sarà aiutarlo a riempire la cassetta degli attrezzi. Quando sarà il modo, lui saprà utilizzarla al meglio.

Foto di ciottoli sul bordo di un fiume

Dialoghi, turni di notte e biberon

Da quando abbiamo raggiunto i 120 ml a poppata, Alexander riesce a resistere quattro ore prima di avere di nuovo fame. La notte, diventano facilmente quattro e mezza o anche cinque. Questo ci concede più respiro e possibilità di fare altre cose. Tra le quali il dormire.

Il periodo delle sveglie continue sembra essere arrivato all’epilogo. Non è ancora terminato e non terminerà la settimana prossima. Ma questo cambio di rotta ci rassicura mentalmente e fisicamente.

Avendo le quattro ore fisse, possiamo anche fare un planning più efficace. Da ieri abbiamo stabilito che chi farà il “turno di notte” (la poppata delle 3) andrà a dormire prima dell’altro. Questo farà la poppata immediatamente precedente. In questo modo entrambi dormiremo più o meno le stesse ore. Certo, svegliarsi alle 3 e riaddormentarsi alle 4 non è l’ideale, eppure devo dire che la sensazione di stanchezza è molto più sostenibile.

D’altronde, lo sapevamo che con l’arrivo del primo figlio avremmo salutato il riposo notturno.

Qualche giorno fa Carolien ha letto che la durata ideale di una poppata dovrebbe essere intorno ai venti minuti. Se durava di più, probabilmente il ciuccio del biberon era troppo piccolo. O meglio, c’era pochi buchetti.

Alexander ci metteva un’ora a finire 90ml. Alla fine era molto stanco. Carolien ha smontato il ciuccio ed ha visto che effettivamente c’era un piccolo buchetto. L’ha cambiato con uno a tre buchetti. Ora le poppate duravano 15 minuti.

All’inizio arrivavano più crampi, perché ovviamente Alexander beveva con la forza che usava con il ciuccio più piccolo. Entrando più latte in meno tempo, stomaco ed intestìni avevano un bel da fare.

Dopo un paio di giorni si è sistemato tutto Alexander ora beve un po’ più lentamente, prendendo da solo le pause quando ne ha bisogno.

L’interazione con l’ambiente circostante si sviluppa sempre di più. Oggi pomeriggio gli abbiamo comprato un peluche a forma di libro. Ha colori accesi, materiali diversi ed emette diversi rumori quando lo tocca. È pensato apposta per stimolare la vista, l’udito e il tatto del bambino.

Gliel’abbiamo attaccato sulla carrozzina e lui ha iniziato subito ad esplorarlo con le sue mani.

Stasera, durante una passeggiata con Truus, Carolien ha filmato un bellissimo dialogo a colpi di “Oh”. Alexander guardava fisso la telecamera mentre ribatteva agli oh di Carolien con tempismo perfetto.

L’orsetto di ieri conferma anche oggi il primato come peluche preferito. Ha avuto un’accoglienza caldissima ad ogni giro di giochetto. Sono riuscito a filmarlo con il mio telefono.

Se vuoi vedere i video, li trovi sui miei social.

Foto di ciottoli sul bordo di un fiume

Nuove skills

Ieri non sono riuscito a scrivere. Ho provato a farlo la sera tardi, ma ero troppo stanco. Nonostante mi dispiacesse, ho chiuso il Mac senza rimorso e sono andato a letto.

Questo blog è nato per il piacere di scrivere e registrare avvenimenti e situazioni. Non voglio farlo diventare uno stress.

Sin da ieri il peluche preferito della palestrina rotante è l’orsetto. La lumaca gialla e rossa ha dovuto cedere il testimone. Il sorpasso dell’orsetto è stato netto. Era l’unico a catturare il sorriso di Alexander quando gli passava davanti. Gli altri due non erano più così interessanti.

Pensiamo che Alexander sia all’inizio di una nuova fase. Negli ultimi giorni lo vediamo scoprire sempre di più le sue mani. Sempre più frequentemente prova ad afferrare gli oggetti che ha nel campo visivo. Le gambe sono anche molto più mobili. Gli addominali stanno diventando più forti, per cui riesce a sollevare entrambe le gambe.

Le chiacchierate quando lo cambiamo diventano sempre più articolate. Sperimenta nuovi suoni e combinazioni di pressione sulle corde vocali, apertura della bocca e utilizzo della lingua.

Oggi l’abbiamo visto (e filmato!) per la prima volta mentre esercitava tutte queste nuove skills con l’orsetto della palestrina.

Il sole scende calmo per andare a riposare. I suoi raggi caldi si infiltrano tra le veneziane mezzo abbassate. Dalla cucina, mentre lavo il biberon, guardo mia moglie filmare Alexander senza distrarlo.

La stanchezza scompare. Gli occhi brillano, il cuore si apre.

Di nuovo quella sensazione di contentezza.

Foto di ciottoli sul bordo di un fiume

Blog da neopapà: i primi 30 giorni

Un blog da neopapà. Il mio blog da neopapà.

Scrivere è una costante nella mia vita. Da sempre. Tradurre in parole avvenimenti, sensazioni, emozioni e ricordi. Fissarli nel tempo e nello spazio. Nella mia mente e nel mio cuore.

Non ho scritto mai per gli altri, ma sempre per me stesso. Una sorta di bisogno atavico di lasciare il mio segno. Una prova del mio passaggio.

Da diversi anni tengo un diario personale. Una macchina del tempo perfettamente funzionante. Posso rileggere cosa ho fatto il 12 settembre del 2017. Cosa pensavo il 23 febbraio del 2021. Come mi sentivo il giorno della discussione della mia ultima laurea.

Poter rivivere il proprio passato così dettagliatamente è un privilegio. Ed io questo privilegio volevo donarlo anche a mio figlio Alexander.

Ci ho messo un po’ per convincermi. Ho vinto il perfezionismo e ho semplicemente iniziato a scrivere. Ho stabilito che ogni giorno sarei andato alla ricerca di un avvenimento, una riflessione, un ricordo o un’esperienza e ne avrei scritto. Senza pormi limiti o soprattutto aspettative. L’unica condizione era quella di dover trovare almeno 1 cosa di cui scrivere.

Con oggi ho scritto 30 giorni di seguito sul mio blog da neopapà.

I primi giorni è stata dura. Sembravo un giornalista a caccia dello scoop. Del pezzo sensazionale. Non sapevo bene dove guardare.

Poi ho iniziato a cambiare il modo di cercare. Per cercare bene, ho cambiato il modo di guardare alla mia vita.

Ho mollato il telefono e preso in mano i libri. Spento la tv e ascoltato musica. Aggiornato ogni giorno il mio diario (nel frattempo divenuto digitale, ne scriverò prima o poi). Ripreso la corsa, il nuoto e la bici.

Ed è lì che è successa la magia.

È stato come fare uno zoom in cui lo spazio-tempo cessa di strapazzarmi. Mi sentivo come un’astronauta in assenza di gravità. Un osservatore della mia stessa vita. Giornate che prima mi sembravano un susseguirsi di impegni, cose da fare, cose che la gente si aspettava da me, cose che io credevo che la gente si aspettasse da me, sono diventate vuote di cose e piene di…vita.

Tanta vita.

Quella vita che “succede mentre sei impegnato a fare altro”, come disse qualcuno. Quella vita che ho voluto fissare, per donarla un giorno a mio figlio. Perché lo sappiamo tutti che in fondo, quello che conta veramente, quello che rimane, è il l’amore condiviso nel tempo vissuto insieme.

Questo, nel mio piccolo, è il mio modo di donare il tempo a mio figlio.

Qui trovi tutti i post:

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FOMO e complicità

Stamattina è iniziata…più tardi del previsto. Ieri avevo stabilito con Carolien che sarei andato a nuotare alle 8. Poi sarei andato in biblioteca a lavorare ad un articolo, per tornare verso l’ora di pranzo. Avremmo mangiato e poi Carolien sarebbe andata a pattinare.

Sono sceso alle 03:45 con Alexander, per risalire dopo un’ora abbondante. Non riuscivo a prendere sonno, quindi mi sono messo a leggere. Verso le 05:30 mi sono riaddormentato. Sveglia alle 06:30. Colazione verso le 7. In macchina alle 07:45. Questo era il piano.

Chiudo gli occhi e li riapro dopo un secondo. Sono le 09:50.

Fortunatamente c’era un altro turno dalle 11 in piscina. Carolien mi ha spinto ad andare sia a nuotare che in biblioteca. “Domani sarò io tutto il pomeriggio fuori, quindi è più che giusto che tu sia più libero oggi. Posso andare giovedì a pattinare” mi ha detto. Sono stato molto felice di sentire questa complicità.

Sto lavorando ad un articolo sulla FOMO, Fear of missing out. Durante le ricerche preliminari, ho potuto evidenziare dinamiche che ritrovo anche nella mia esperienza. Come ad esempio la difficoltà a rimanere nel momento presente.

Da quando sono a casa con Carolien e Alexander, ho avuto modo di riflettere parecchio sul mio rapporto con i social e il telefono. Lasciare tutto ciò che avevo costruito in Italia e ricominciare letteralmente da zero in un Paese sconosciuto con una lingua sconosciuta non è stata esattamente una passeggiata.

Anzi.

Ho avuto momenti in cui sono stato male, ho sofferto. Ho temuto di aver fatto la scelta sbagliata. La solitudine era un rumore di fondo che intaccava le mie giornate. I social media mi sembravano l’unica maniera per rimanere in contatto con un mondo che conoscevo bene, ma che non frequentavo più.

Mai scelta fu più sbagliata. E dannosa.

Oggi ho modificato drasticamente il mio rapporto con i social ed il telefono e questo mi permette di essere più presente nel tempo che passiamo insieme. Succedono così tante cose ogni giorno! Cose che al momento ci sembrano insignificanti. Le stesse cose che rimpiangeremo tra 10, 20 o 30 anni. Cose che vorremmo aver vissuto diversamente.

Ecco, io ho deciso di prendere un’altra strada. Non voglio fare più quell’errore.

D’ora in avanti avrò paura di perdermi i momenti possibili con la mia famiglia. Questa sarà l’unica FOMO da cui non vorrò mai guarire.

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Il sonno del neonato

Per il ciclo “Le prime volte” presentiamo oggi: DORMIRE PER LA PRIMA VOLTA IN CAMERETTA DA SOLO.
Protagonista: Alexander Maugliani. Comprotagonisti: Moreno e Carolien.

 

Da quando siamo arrivati a casa, Alexander ha sempre dormito in una piccola culla accanto al nostro letto. Questo per facilitare l’allattamento che doveva esserci ogni due o tre ore.

Negli ultimi giorni abbiamo iniziato a chiederci se non fosse il caso di iniziare a far dormire Alexander nella sua cameretta. Ieri sera ci siamo decisi. Dopo l’ultimo biberon, l’abbiamo messo nel suo lettino. La sua camera si trova di fronte alla nostra. Per tenere meglio la situazione  sotto controllo, abbiamo montato il babyphone sull’armadio, così da inquadrare bene il letto. È un modello molto comodo. Ha visione notturna e il microfono per parlare e ascoltare La telecamera può ruotare in orizzontale e verticale.

Inutile mentire: non è stato facilissimo. Lo schermo del babyphone era sul comodino di Carolien. Un paio di volte ci siamo ritrovati insieme a sbirciarne lo schermo per vedere cosa stesse facendo.

Lui non sembra aver sentito la differenza. Ha pianto un paio di volte, cosa che succedeva anche quando dormiva accanto a noi. Punto a sfavore è che ovviamente ora bisogna alzarsi e andare in un’altra stanza anche solo per rimettergli il ciuccio o riaccompagnarlo in una nuova fase del sonno.

A proposito di fasi del sonno. L’idea che il neonato debba dormire tante ore di filato è sbagliata. Certo, dopo mesi di privazione del sonno, suona bene come la Pastorale di Beethoven. Ma rimane sbagliata.

Il neonato dorme tra le 15 e le 20 ore al giorno. Il sonno per il neonato ha diverse funzioni:

– favorisce lo sviluppo cerebrale
– rafforza il sistema immunitario
– stimola la produzione dell’ormone della crescita
– rafforza i processi cognitivi, la memoria e l’apprendimento

Così come per noi adulti, il sonno è composto da diversi cicli. Per gli adulti durano tra i 90 e i 120 minuti. Per i neonati un ciclo dura 1 ora. Per di più, quando si sveglia il neonato ha difficoltà a riaddormentarsi da solo. Ha bisogno dell’adulto per essere rassicurato e potersi riaddormentare. Questo a che fare tra le altre cose con la permanenza dell’oggetto di Piaget.

Lasciare piangere un bambino che si è svegliato non è una buona idea. Philippa Perry in “Il libro che avresti voluto che i tuoi genitori avessero letto(se trovi il titolo lungo, prova ad immaginartelo in olandese…) sostiene che l’ignorare il pianto dei neonati può propiziare degli squilibri comportamentali in età più avanzata. Il bambino può sviluppare la tendenza a sentirsi ignorato, oppure a credere di dover fare molto rumore per ottenere attenzione. Nei casi peggiori può arrivare anche a credere di non essere abbastanza, o che le sue aspettative non meritano di essere soddisfatte.

È bene tenerne conto quindi. Un neonato non piange mai per fare dispetto o perché viziato. È difficile accettarlo con due ore e mezza di sonno, ma rimane la verità. È una fase che passerà, una fase fondamentale per lo sviluppo del bambino.

Abbiamo notato che Alexander la notte riesce a dormire anche quattro o cinque ore senza svegliarsi. Durante il giorno invece si sveglia effettivamente ogni ora.

È quasi ora di andare a letto. Si prospetta un’altra notte davanti allo schermo del babyfono?

La risposta alla prossima puntata!

Foto di ciottoli sul bordo di un fiume

Permanenza dell’oggetto e lumaca gialla e rossa

Il sostegno di plastica verde è montato al lato corto del box. All’estremità superiore è appesa un’elica da cui pendono 3 peluche. Tramite dei pulsanti si può accendere la musica, avviare la rotazione dell’elica e proiettare delle luci sul soffitto. Da quando l’abbiamo montato, Alexander non fa altro che guardare questo giocattolo, anche quando è spento.

Nel pomeriggio, dopo il biberon, l’ho messo nel box e ho avviato l’elica senza musica. La velocità di rotazione è perfetta, né troppo veloce né troppo lenta. I tre peluche sono un’orsetto marrone, un uccellino celeste e una lumaca gialla e rossa. Quest’ultima è la preferita di Alexander. Ogni volta che entra nel suo campo visivo si eccita e si muove tutto. Appena ne esce, è come se non esistesse più.

Questo ha a che fare con la permanenza dell’oggetto studiata da Piaget. Il bambino non ha ancora la capacità cognitiva di riconoscere che un oggetto (o persona) continui ad esistere anche se fuori dal campo visivo. È la stessa dinamica per cui piange quando lo mettiamo nel box o a letto e ci allontaniamo. Nella sua esperienza, noi non esistiamo più e lui è stato abbandonato.

Oggi per la prima volta Alexander ha seguito un giro completo della lumaca gialla e rossa. Dall’inizio alla fine. Io lo osservavo senza farmi vedere, per non distrarlo.

Nei giorni scorsi avevo già notato che quando ci allontanavamo iniziava a seguirci con lo sguardo.

Naturalmente essere testimone di questa (seppur piccola) pietra miliare è stato bellissimo. Ma non è la cosa che mi ha colpito di più. È stato un pensiero che è scaturito mentre guardavo il modo in cui Alexander fissava la lumaca.

In quei momenti non esisteva nient’altro. L’atto di guardare ciò che lui in quel preciso momento riteneva interessante prendeva tutta la sua attenzione. Non c’era spazio per distrazioni. Dubbi.

Attenzione. Questa è la parola che ha continuato a ronzarmi in testa. Ci è rimasta perché sono mesi che lotto contro me stesso per riconquistarla.

Negli ultimi tempi ho la netta impressione di essere rinchiuso in una gabbia. La cosa che mi fa arrabbiare ancora di più, è dover ammettere che mi ci sono rinchiuso da solo. E ora non ritrovo più la chiave. Troppi stimoli, troppe cose a cui credo di dover prestare attenzione. Non riesco più a distinguere lucidamente cosa sia importante e cosa sembri essere importante.

Mai come negli ultimi giorni sono impegnato a disintossicarmi. Ho deciso di diminuire l’uso del telefono al minimo. Noto con piacere che i social diventano sempre meno attraenti. Dopo qualche minuto mi annoio e chiudo l’app. Una piccola conquista in questa guerra.

Sto leggendo molto di più. Sia libri normali che audiolibri. Quando allatto Alexander apro l’app Kindle e leggo (anche e soprattutto di notte). Quando devo cullarlo per farlo addormentare ascoltiamo insieme un audiolibro.

Quando sono a casa, quando sono con mia moglie e mio figlio, voglio esserci veramente. Non solo fisicamente.

Puoi dire lo stesso di te?

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L’importanza delle pause

Uno dei momenti pivot nella mia carriera musicale accadde in un’aula del Saint Louis College of Music, a Roma. Durante una lezione di sezione ritmica l’insegnante di basso, uno dei miei idoli, disse una cosa molto semplice:

«Le pause sono molto più importanti delle note suonate. Se saprete suonare bene le pause, saprete suonare bene a tempo.»

Rimasi profondamente colpito dall’efficacia di questo consiglio. Non ci avevo mai pensato. Come tutte le cose geniali, suonano ovvie e logiche una volta condivise.

Le pause sono importanti. Non bisogna averne paura o identificarle come mancanza di audacia o coraggio. Al contrario, saper suonare le pause richiede una buona dose di maturità e autoconsapevolezza.

Sono un sostenitore dei transfer cognitivi. Un fanatico sostenitore a dirla tutta. Ogni volta che imparo qualcosa di nuovo, arricchisco il mio sistema e vado subito alla ricerca di nuove applicazioni in contesti diversi.

Oggi Carolien è andata con Alexander da sua sorella. Suo marito era fuori e lei era a casa con i figli. È partita prima di pranzo. Dopo averla aiutata a caricare la carrozzina in macchina, l’ho baciata e sono salito sulla mia bici da corsa. Avrei pranzato a Zutphen e fatto un giro lungo prima di rientrare a casa.

All’inizio mi sono sentito quasi in colpa nel vederli andare. Poi ho ripensato all’importanza delle pause. Quella parole ascoltate dieci o quindici anni fa in un aula di scuola. Ho ripensato alla prima volta a casa da soli con Alexander.

Oggi sarebbe stata una giornata per me.

Non bisogna aver paura di queste sensazioni. Rendersi conto dei propri limiti è il primo passo per la crescita personale e dei rapporti con chi ci sta vicino. Siamo sicuri che stando 24/7 insieme solo perché “è così che si fa”, creiamo buoni rapporti? Oppure cediamo sempre più spesso al nervosismo, minandoli o peggio ancora instaurando dinamiche che si dispiegheranno più in là negli anni?

No grazie, preferisco suonare una bella pausa, pregustandomi la bellezza delle note che suonerò quando Carolien e Alexander saranno di nuovo a casa.